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Donne e nuove tecnologie – di Mario Fierli

Pubblicato il: 01/11/2017 09:14:18 -


Iniziative per l’ADA-DAY e un’intervista a Linda Giannini.
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L’ADA-DAY è una ricorrenza annuale in onore di Ada Lovalace. Ada Lovelace, nata Byron, è l’esempio eccellente di una di quelle donne che, secoli prima del loro accesso alle carriere accademiche, esercitarono la scienza, spesso in dialogo e collaborazione con famosi scienziati, e con risultati straordinari. Ada, educata alla matematica, lavorò con Charles Babbage, matematico, tecnologo, economista, inventò nel primo Ottocento la Macchina Analitica, vera anticipazione del moderno Calcolatore Programmabile.

Ada Lovelace, in un famoso saggio, ne studiò e spiegò la struttura e il funzionamento e mostrò come si poteva scrivere un programma per risolvere un complesso problema matematico. Il suo contributo più originale furono forse le intuizioni epistemologiche sul ruolo che il calcolo automatico avrebbe assunto in rapporto alla matematica, alla nascita di un nuovo modo di essere di questa disciplina e, più in generale, alla possibilità di applicare tale calcolo ad altre attività dell’intelletto. Si sono tenute il 10 di Ottobre o in date vicine molte iniziative in tutto il mondo e alcune anche in Italia (Torino, Cassino, Cagliari, Livorno).

Al museo della scienza di Livorno si è tenuto l’incontro “Le donne protagoniste delle nuove tecnologie”m organizzato dalle due associazioni Caffè della Scienza di Livorno e La Nuova Limonaia di Pisa e introdotto dal sottoscritto. Hanno partecipato Linda Pagli, informatica dell’Università di Pisa, Monica Zoppè, biologa del CNR di Pisa, Anna Rossi, biologa della Nuova Limonaia, e Caterina Cassetti, docente di informatica a Livorno.

In questa occasione ho pensato di intervistare, su questo tema, Linda Giannini, membro del Comitato di Redazione di Education 2.0, Tecnovisionaria nella Conferenza Internazionale Women&Technologies 2009  grande esperta di tecnologie nell’educazione e particolarmente impegnata in esperienze con i bambini.

1 – Lo studio svolto nel 2009 sul rapporto fra donne e ICT, al quale tu e Carlo avete partecipato rivelò con chiarezza che le donne non hanno antipatia per le ICT, ma nella maggior parte dei casi non le vedono come  un ambito di lavoro e di carriera. Ci sono alcuni aspetti di quello studio che vorresti sottolineare?

R: Carlo Nati ed io abbiamo partecipato in qualità di National co-coordinator of the “Environment for Young Europeans website” of European schoolnet  WHITE PAPER Women and ICT Why are girls still not attracted to ICT studies and careers? (**) Vorrei sottolineare che dal rapporto (che ha coinvolto genitori, insegnanti, studentesse e studenti) emerse che l’interesse per l’informatica e l’uso quotidiano del PC non bastano se mancano modelli femminili a cui ispirarsi e persiste la convinzione che l’ICT sia “un mondo da uomini”. L’atteggiamento delle madri è essenziale per incoraggiare le figlie. Dalla ricerca sono emerse alcune peculiarità positive che distinguono il nostro Paese dagli altri interessati alla ricerca.

Le madri italiane, pur senza competenze informatiche, sono due volte più interessate degli uomini ad acquisirne, con un dato superiore alla media rispetto a quanto registrato negli altri Paesi: un entusiasmo che, anche nei dati generali della ricerca, si è rivelato la chiave per una immagine positiva dell’ICT fra madri e figlie. Non è la competenza in sé a fare la differenza, quanto l’atteggiamento positivo delle genitrici.

Inoltre analizzando la percezione del lavoro ICT fra studentesse e studenti è emerso che le generazioni più giovani hanno un livello di fiducia nell’attitudine per l’ICT delle ragazze più alto di quanto si sia riscontrato negli altri gruppi. Il 15% di essi ha dichiarato di ritenere che le donne farebbero meglio degli uomini un lavoro di system engineer.

 2 – Vorrei osservare questo problema all’origine, quando nasce nel rapporto fra i bambini, le ICT e la robotica, di cui tu sei protagonista e osservatrice. Quando è che si manifesta il minore interesse/impegno delle bambine?  E come si manifesta?

 R: Per quanto riguarda la primissima infanzia e, in particolare, la scuola dell’infanzia, Carlo Nati ed io presentammo a Prema (**) Barcellona in occasione del Workshop internazionale: Gender-Sensitivity and Pluralism in Mathematics Education,  alcune riflessioni che potrebbe essere interessante condividere qui.

L’organizzazione che bambine/i dai due anni e mezzo ai sei anni danno con i giochi e’ flessibile, mutevole nel tempo, variabile. In sezioni organizzate a mo di laboratorio (esempio gli odierni atelier creativi) chi è al computer, tablet, ipad senza alcun problema è interessato anche a giochi meno tecnologici come costruzioni, travestimenti, colori, pongo…. in quanto entrano i gioco curiosità, voglia ricercare,  sperimentare, creare, personalizzare, ….Per certo – se l’ambiente lo consente e non fornisce occasioni stereotipate, bambine/i non si organizzano per divisioni nette: i maschi da una parte e le femmine dall’altra.

Abbiamo spesso affrontato a scuola l’argomento arrivando insieme a questa conclusione: anche se il mercato – seguendo cliché – mette in commercio “oggetti” diversi per femmine e maschi, bambine e bambini, se lasciati liberi, giocano con tutto indifferentemente.

Quindi può capitare che Giorgia abbia i capelli corti e che Andrea li porti lunghi,  che la tuta e le scarpe da ginnastica come quelle di Luigi vengano tranquillamente indossate da Luisa.

 

Il gioco con le ICT così come quello “della cucina” sono richiestissimi indifferentemente da bambini e dalle bambine, così come i giochi con bambole e bambolotti.

 

Stessa cosa vale per i travestimenti o per i grembiulini “per la pittura”; se bambine e bambini vengono lasciati liberi di decidere quale indossare la loro scelta per lo più è svincolata da preconcetti e stereotipi.

Per quanto riguarda la primissima infanzia e, in particolare, la scuola dell’infanzia, Carlo Nati ed io presentammo a Prema (**) Barcellona in occasione del Workshop internazionale: Gender-Sensitivity and Pluralism in Mathematics Education,  alcune riflessioni che potrebbe essere interessante condividere qui.Per quanto riguarda la primissima infanzia e, in particolare, la scuola dell’infanzia, Carlo Nati ed io presentammo a Prema (**) Barcellona in occasione del Workshop internazionale: Gender-Sensitivity and Pluralism in Mathematics Education,  alcune riflessioni che potrebbe essere interessante condividere qui.er quanto riguarda la primissima infanzia e, in particolare, la scuola dell’infanzia, Carlo Nati ed io presentammo a Prema (**) Barcellona in occasione del Workshop internazionale: Gender-Sensitivity and Pluralism in Mathematics Education,  alcune riflessioni che potrebbe essere interessante condividere qui.

Però il peso degli stereotipi è sempre molto forte, specie negli adulti. Nella ricerca effettuata valutammo quattro tipici profili ICT (sales manager, software developer, system engineer, network consulting engineer – responsabile di vendita, sviluppatore di software, ingegnere di sistema, consulente di rete) ed emerse che genitori e insegnanti di entrambi i sessi ritenevano che per questi quattro profili fossero “più adatti agli uomini”.

Dunque, col crescere dell’età di alunne/i, capita sempre più spesso che alle olimpiadi dell’informatica partecipino in prevalenza ragazzi e che ad ingegneria si iscrivano più maschi che femmine.

 

3 – Sherry Turkel, la psicologa e sociologa dell’MIT che ha seguito fin dall’inizio l’esperienza di Papert sostenne nel libro Il secondo io che c’è qualcosa di profondo, a livello psicologico, che porta le bambine ad avere un diverso atteggiamento verso le tecnologie (meno interesse alle regole e più alla personalizzazione e alla comunicazione, al significato) rispetto ai bambini.

Recentemente poi, ha sostenuto che nel linguaggio delle tecnologie c’è qualcosa di “maschilista” che respinge le donne. Concordi con queste idee o pensi che pesi di più (o solo) il condizionamento sociale?

Concordo che gli oggetti tecnologici siano troppo spesso pensati per accentuare il divario di genere ma allo stesso tempo ho notato che la famiglia e la scuola possono creare ambienti ed occasioni stimolanti in grado di superare questo divario evitando così di accentuare separazioni nette. Per quanto la scuola dell’infanzia e, quindi, la fascia d’età che va dai due anni e mezzo ai sei anni, quando e se i condizionamenti sono meno evidenti, bambine e bambini non si pongono alcun problema nel condividere gli stessi giochi.

Inoltre – in alcuni casi – come per pensiero computazionale e robotica, se i condizionamenti di genere non sono forti,  si supera anche il divario d’età portando grandi e piccini a condividere ben volentieri le medesime esperienze.

Note:

(*) Documento elaborato da Carlo Nati e Linda Giannini sulla base di una ricerca della Comunità Europea. Il White Paper (in italiano) analizza il rapporto tra le donne e la tecnologia in Italia.

(**) PREMA project aims at the deepening of understanding of the socio-cultural and pedagogical factors that impede upon girls’ performance in mathematics which in turn affect women’s under-representation in areas of social and economic importance.

 

Mario Fierli

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