Buone pratiche didattiche nell’era digitale, a casa e a scuola

Se è vero che bambini e ragazzi utilizzano sempre più gli strumenti digitali, a casa e a scuola, dobbiamo prendere atto che siamo di fronte a un cambiamento epocale. Non per via dell’avanzamento tecnologico, che sostanzialmente era ed è prevedibile, bensì perché il cambiamento riguarda, secondo quanto affermano le recenti ricerche scientifiche, addirittura il funzionamento del cervello umano.

Già l’invenzione della scrittura provocò enormi cambiamenti nella struttura cerebrale degli esseri umani, che iniziarono a codificare e decodificare segni, mutando il modo di ragionare e di vedere la realtà.

I ricercatori, ora, ci informano che l’uso dei tablet (e dei dispostivi digitali in genere) sta producendo un ulteriore cambiamento. Alcuni, i più allarmisti, parlano già dei bambini definendoli dei “mutanti”.

In realtà, a leggere bene i risultati delle ricerche scientifiche, più che usare un linguaggio cinematografico da fantascienza, dovremmo concentrare la nostra attenzione sugli aspetti di questo cambiamento, per valorizzarne quelli positivi e neutralizzare i negativi.

Se gli aspetti sociali di questo fenomeno s’intrecciano con quelli biologici, neurologici e psicologici, la questione diventa davvero complicata e seria e, dunque, non possiamo più permetterci di rimanere disinformati né di soprassedere.

In particolare gli insegnanti, che hanno il compito di lavorare proprio con l’intelligenza e con le emozioni dei bambini, necessitano di nuovi strumenti e strategie didattiche. È chiaro che se il cervello del bambino subisce delle modifiche, se il suo modo di vedere la realtà cambia, se muta il suo modo di ragionare, i vecchi schemi d’insegnamento possono essere ancora validi, ma vanno necessariamente integrati e rivisitati.

Dunque ben venga il computer in laboratorio, la LIM in classe e il tablet sul banco, ma questi strumenti sono assolutamente inutili se non si tiene conto dei cambiamenti di base che avvengono a livello cerebrale nel bambino e nel ragazzo.

Un docente potrà essere un mago della lavagna luminosa e un coscienzioso insegnante, ma se non tiene presente che il bambino ha un nuovo modo di pensare, di ricordare e di sintetizzare i concetti, allora gli sarà impossibile entrare in sintonia con lui e non avverrà la comunicazione né lo scambio.

Come sta cambiando, dunque, il modo di vedere la realtà dei ragazzi?

Le più dettagliate e importanti risposte scientifiche ci arrivano dalla Francia e dalla Svizzera. Nel gennaio 2013 l’Accademia delle Scienze di Parigi, una delle società scientifiche più famose al mondo, ha pubblicato un comunicato dal titolo “Il bambino e gli schermi (digitali)”. Per diversi mesi i ricercatori si sono interrogati sulla costruzione delle funzioni cerebrali in seguito alle sollecitazioni sensoriali, emozionali e culturali che derivano dall’esposizione agli schermi digitali.

I ricercatori si sono posti queste domande:
• Quali sono i rischi di dipendenza o di regressione mentale ed emotiva in un bambino di fronte allo schermo digitale?
• Qual è il ruolo dei tablet interattivi nell’apprendimento e nella trasmissione dei saperi?
• Quale impatto ha l’uso di schermi digitali sulle relazioni adulto-bambino?
• Videogiochi e social network possono essere di beneficio per gli adolescenti?
• Come regolare l’accesso alle schermate senza vietarlo?

Per rispondere, hanno attinto ai dati forniti da varie discipline: neurobiologia, psicologia, scienze cognitive, psichiatria, medicina. Sembrerebbe che l’uso di schermi digitali produca effetti sia positivi sia negativi.

Tra gli effetti positivi c’è lo stimolo all’atteggiamento deduttivo. Vale a dire che il bambino impara a dedurre i concetti, dalle immagini, attraverso un ragionamento logico. Partendo da una premessa, giunge a conclusioni razionali, ovvero sviluppa la capacità di stabilire correlazioni e perfino di ipotizzare delle previsioni. Gli schermi digitali, dunque, risultano essere un buon allenamento per la logica. Ovviamente, nel ragionamento deduttivo, le leggi di riferimento da cui si parte sono basilari: basta che una sola di esse sia inverificata o inverificabile e tutto crolla.

Tra gli effetti negativi, invece, c’è una mortificazione del ragionamento di tipo induttivo, ovvero quello che poggia sulla capacità di osservare fatti e informazioni per formulare ipotesi. Basilari, per il ragionamento induttivo, sono l’osservazione, la capacità di ricerca e di esplorazione, nonché l’inventiva personale. Se il ragionamento induttivo non viene allenato, la mente del bambino acquisisce unicamente competenze razionali.

Le conclusioni a cui sono giunti gli studiosi, quindi, mostrano come l’uso degli schermi digitali tenda ad appiattire le funzioni cerebrali creative a favore di quelle strettamente razionali. Sintetizzando quanto scoperto, i ricercatori francesi hanno rivolto un invito a genitori e docenti per sottolineare la necessità di prendere coscienza della rivoluzione in atto e dello scontro tra la cultura tradizionale del libro e la nuova cultura digitale.

Il fenomeno della digitalizzazione di massa comporta dei benefici, ma anche dei rischi gravi e richiede l’elaborazione di nuove strategie didattiche.
Secondo l’Accademia delle Scienze francese, l’uso di internet e degli strumenti digitali ha ormai trasformato l’apprendimento, l’istruzione e la formazione culturale di bambini e ragazzi. È stato anche dimostrato che esiste un collegamento tra l’esposizione agli schermi digitali e i disturbi del sonno, della concentrazione, la scomparsa di forme di cultura e la comparsa di alcune patologie.

Ecco, dunque, alcune buone pratiche dell’educazione che i ricercatori suggeriscono, ritenendole fondamentali per fronteggiare il cambiamento.

Prima dei 2 anni:
– gli studi dimostrano che gli schermi non interattivi (televisore e lettori DVD) non producono alcun effetto positivo, ma possono avere effetti molto negativi;
– i tablet visivi e tattili possono essere utili per lo sviluppo senso-motorio dei bambini piccoli, anche se si corre il rischio di allontanarli dalle altre attività motorie necessarie per questa età.

Tra 2 e 6 anni:
– fino a 3 anni l’esposizione dei bambini alla televisione, senza la presenza di adulti che interagiscono con loro, è da evitare;
– a partire da 3 anni è utile proporre giochi simbolici sul genere del “facciamo finta che”, per far comprendere al bambino la differenza tra reale e virtuale;
– a partire dai 4 anni il computer e il tablet possono essere saltuariamente usati in famiglia come strumenti di acquisizione di conoscenze insieme al bambino o come svago.

Da 6 a 12 anni:
– la scuola primaria è il luogo ideale dove iniziare una educazione sistematica all’uso degli schermi digitali;
– è essenziale insegnare al bambino ad autoregolarsi davanti allo schermo;
– in famiglia la logica del controllo e della verifica dei genitori non è sufficiente. Quello che serve è un clima di fiducia tra genitori e figli.

Dopo i 12 anni (adolescenza):
– gli schermi digitale hanno un potere enorme sullo sviluppo della modalità ipotetico-deduttiva del cervello, ma un uso esclusivo ed eccessivo di internet può creare un pensiero “zapping”, ovvero troppo fluido e superficiale, e inoltre riduce la memoria e la capacità di sintesi personale e di interiorizzazione;
– la maturazione cerebrale non è ancora completa e dunque è fondamentale il controllo dei genitori sui tempi di esposizione agli schermi digitali;
– per quanto riguarda i videogiochi occorre distinguere tra quelli che impoveriscono il pensiero e quelli che invece possono essere d’aiuto per lo sviluppo;
– per quanto riguarda i social network, molti ragazzi li usano positivamente come spazio di sperimentazione e innovazione, per definire se stessi ed esplorare il mondo umano, ma le reti sociali possono essere utilizzate anche in modo problematico;
– la prevenzione deve consistere nell’incoraggiamento di pratiche creative e nell’informazione sui rischi dell’uso sbagliato ed eccessivo degli schermi.

Anche dalla vicina Svizzera arrivano suggerimenti su come gestire il fenomeno. “Giovani e media” è il programma nazionale di promozione dell’alfabetizzazione mediatica, all’interno del quale è stata elaborata, a febbraio 2013, una brochure dal titolo: “Suggerimenti per l’utilizzo dei media digitali in modo sicuro” destinata ai genitori e a tutti quelli che sono in contatto con i bambini. Autori della brochure sono un gruppo di ricercatori in Psicologia Mediatica dell’Università di Scienze Applicate di Zurigo (ZHAW).
La guida fornisce parametri di riferimento, per genitori e insegnanti, sulle competenze multimediali giovanili in modo da aiutarli a operare in maniera responsabile nel mondo digitale, preservando le opportunità di sviluppo e di apprendimento.

La brochure contiene 10 regole per accompagnare bambini e ragazzi nel mondo digitale:

1. Gestire piuttosto che vietare
2. Gli schermi hanno bisogno di buoni modelli
3. Gli schermi non sono babysitter
4. Televisione, computer e console di gioco non hanno nulla a che fare nella camera dei bambini
5. Attenzione ai dati privati sul web
6. Prestare attenzione alle raccomandazioni età
7. Stabilire insieme il tempo da trascorrere davanti allo schermo
8. Una discussione aperta è meglio di una logica e filtrata
9. Nessuno schermo prima di 3 anni
10. Nessuna console di gioco prima di 6 anni, niente internet prima di 9 anni, mai internet senza sorveglianza per gli adolescenti

A quanto pare, entrambe le ricerche concordano sulla necessità di regolamentare i tempi di utilizzo degli schermi digitali e insistono sulla necessità che siano gli adulti ad accompagnare bambini e ragazzi in questo percorso, di fronte al quale sono completamente indifesi.

Qualcuno mette in dubbio perfino che esistano i cosiddetti “nativi digitali”, perché nessun bambino nasce già con competenze digitali acquisite, bensì le fa proprie crescendo. La scuola, in particolare, dovrebbe farsi carico di questo compito.
Adesso più che mai, occorre una maggiore attenzione alle capacità creative del bambino. Sono queste ultime a dover essere sviluppate, ricorrendo a vecchie e nuove pratiche di gioco creativo in classe. Solo la creatività, mantenuta viva e pulsante, può contrastare gli effetti negativi e gravi dell’uso degli schermi digitali, valorizzando quelli positivi.

Dunque, largo a tutte le buone pratiche che stimolano la capacità creativa dei ragazzi e che nascono dall’inventiva del docente.
Senza la creatività, le macchine rischiano di appiattirci tutti. “Usiamole e divertiamoci ad usarle, ma non facciamoci usare”: questo potrebbe essere lo slogan della scuola, alla luce delle ultime ricerche scientifiche.

Per chi volesse consultare le ricerche, ecco i link ai siti delle associazioni di ricercatori:
http://www.academie-sciences.fr/
http://www.zhaw.ch

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Rosa Tiziana Bruno