A proposito della filosofia nei tecnici e nei professionali

Non vi è dubbio che un’ampia serie di tratti descritti dal profilo dello studente in uscita dalla scuola secondaria di II grado trovi il suo completamento coerente nella disponibilità, per lo studente, di un insieme di tecniche e strumenti culturali che insistono prioritariamente nel campo della filosofia e delle scienze umane. Si elencano per esempio (anche in riferimento alle precedentemente evidenziate clausole del Profilo):

  • l’analisi critica della terminologia del dibattito pubblico;
  • la sollecitazione all’esercizio del giudizio, in materie morali, estetiche e valoriali, e alla fondazione e condivisione del medesimo con altri, secondo profili di attenzione, ascolto, responsabilità;
  • lo stimolo a formulare pensiero coerente, logicamente sviluppato, fondato in evidenze empiriche, dotato di consequenzialità, intersoggettivamente controllabile;
  • la comprensione dei fattori di sviluppo e trasformazione della scienza, della religione, dei fatti culturali;
  • la proposta di percorsi per la costruzione e lo sviluppo del sé, consapevoli delle alternative, delle scelte, dei costi e delle opportunità;
  • la riflessione sulla specificità della condizione umana, a petto (in continuità o discontinuità) di quella animale e di quella macchinistico-meccanica, e sulla sua trasformazione storica nel contesto della variazione dei sistemi di semiosi disponibili (con tutte le implicazioni che l’attuale scenario della circolazione dei segni comporta). 

Chiunque riconosce dietro tali temi, genericamente descritti e certo non tali da esaurire l’apporto possibile della filosofia, un insieme di filiere della problematica storica delle filosofie che possono farsi assiali per suggerire approcci e spunti tematici e problematizzanti, ma anche e soprattutto per proporre agli studenti prospettive di interpretazione e di lettura della realtà. E non vi è dubbio che proprio l’approccio storico permette a chi insegna filosofia di non porsi mai nelle condizioni di un venditore di soluzioni prêt-à-porter, ma di delineare il proprio ruolo sempre nel senso del compagno critico dello studente, che lo sollecita ma non lo coarta.

Ora, se è vero che tali profili così intrinsecamente rimandano alla filosofia, ci si può chiedere perché tale disciplina non abbia trovato posto, se non in forma collaterale a aggiuntiva, in tre dei quattro filoni dell’istruzione post secondaria di primo grado, posto che appunto essa non si istituzionalizza né ai tecnici, né ai professionali, né in IeFP. Una prima buona risposta è che se tutti gli insegnamenti fossero condotti in modo integrato, se cioè tutti avessero come punto di riferimento la sollecitazione all’organizzazione razionale del dato, all’approccio problematizzante e all’interiorizzazione di procedure logico-argomentative, allora questo patrimonio di razionalità applicata potrebbe senz’altro passare nella disponibilità degli studenti di tutte le scuole (e di questo sono testimoni alcune sperimentazioni metodologiche focalizzate, come quella della didattica integrata di USR Lombardia1).

Una seconda risposta sta nella difficoltà di costruire quadri orari, nella filiera TVET (Technical and Vocational Education and Training) dove vi sia lo spazio adatto per un insegnamento ulteriore nel contesto dei monte-ore vigenti. È evidentemente  difficile è operare su questa criticità, tra richieste di altro segno (tornare a potenziare materie di indirizzo) e obiettivi problemi di gestione di un eventuale orario espanso.

Limitandoci a queste due criticità, per amore di brevità, dobbiamo pertanto cercare di capire come ottimizzare il ruolo della filosofia in tutti gli indirizzi delle diverse tipologie di scuola secondaria di secondo grado negli spazi attuali della legislazione in essere.

Evidente e centrale nei Licei, come loro caratteristica distintiva, la didattica della filosofia può assumere un ruolo centrale nella costruzione dei profili degli studenti in uscita, se riesce ad approcciarsi alle proprie tematiche mediante una rigorosa formulazione dei curricoli e una sillabazione (tema sul quale, del resto, convergono i suggerimenti, forieri di un dibattito quanto mai fruttuoso, che il Ministero ha voluto fornire con gli Orientamenti per l’apprendimento della Filosofia nella società della conoscenza già dal 2017).

Possibile ruolo dell’Educazione civica nella formazione di curricoli filosofici

Negli scenari degli altri indirizzi, gli strumenti principali, oltre alle scelte di identificare spazi aggiuntivi e all’impiego delle quote di autonomia e flessibilità, stanno al momento nelle risorse date dagli organici di potenziamento e dall’organizzazione del neocostituito insegnamento dell’Educazione civica.

La disponibilità di docenti di filosofia nel quadro dell’organico di potenziamento permette il loro impiego funzionale in contesti di double staffing, oltre che nell’erogazione di specifici corsi. L’insegnamento dell’Educazione civica porta con sé una quota rilevantissima di problematiche di estremo interesse filosofico (dal tema della verità, a quello della responsabilità, a quello del rispetto delle diversità individuali etc.) che senz’altro vanno proposte agli studenti nel quadro della normativa pubblica che le perimetra (di qui la centralità del docente di diritto ed economia dove presente), ma che sono più ampiamente lumeggiabili con l’apporto mirato del docente di filosofia. Ed è anche chiaro come l’approccio dialettico e critico possa influire positivamente sulle capacità di scrittura, laddove questa debba essere specchio della ponderazione e della considerazione puntuale e motivata di ragioni e fatti.

Dunque, la cardinalità e fruttuosità della presenza diffusa della filosofia non sembra discutibile, e che comunque sia la possibilità  degli studenti di tutti gli indirizzi a procedere con profitto nell’apprendimento della disciplina appare considerazione corroborata dai risultati frequentemente molto validi che studenti non liceali ottengono nelle competizioni disciplinari di settore.

Ai docenti compete proteggere la disciplina dalla sua possibile trasformazione in un insieme di ricette ready-made, da pratica filosofica di bassa lega, ridotta a sloganistica. Compete altresì proteggerla dal ridursi a informazione culturale slegata da ogni rapporto con la vita e l’esperienza, in orpello da ostentare a testimonianza di una ‘preparazione culturale’ che a nulla serve se non si riversa sulla vita. 

Ciò è tanto più facile, quanto più mediante una didattica attiva le domande e i problemi vengono fatti esprimere dai discenti e risultano sistematizzazioni e focalizzazioni razionali delle questioni della vita di tutti. Ciò richiede la guida e l’accompagnamento puntuale dei docenti nella fase d’aula e di valutazione, cioè lo specifico del mestiere con cui ogni insegnamento va condotto per sostenere al massimo l’apprendimento desiderato e possibile. Tale guida e tale accompagnamento sono forse necessari a un buon apprendimento della filosofia più che a quello di ogni altro tema disciplinare o culturale.

Franco Gallo Dirigente tecnico, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia