Il progetto iTEC: oltre la sperimentazione
Se è vero che le numerose iniziative susseguitesi negli ultimi anni, volte a promuovere l’introduzione nella scuola di metodologie e tecnologie innovative, stanno portando in molti casi a risultati importanti, è altrettanto vero che la dif?coltà più grande appare quella di portare a sistema queste esperienze.
A fronte di pratiche tradizionali universalmente condivise e consolidate nel corso dei secoli, l’innovazione didattica nella scuola ha visto troppo spesso l’ammassarsi l’una accanto all’altra di pratiche tra di loro scollegate, spesso destinate a rimanere con?nate entro i contesti locali in cui nascono e (ma non sempre) si diffondono.
Il problema si manifesta particolarmente quando si tratta di valutare e comparare le ricadute didattiche di esperienze così eterogenee rispetto a speci?ci obiettivi di apprendimento.
Se la “vecchia scuola” può contare su protocolli di valutazione consolidati e condivisi, quella “nuova” è ancora alla ricerca di piattaforme comuni attorno alle quali far emergere, consolidare, sistematizzare le sue migliori pratiche. In questo contesto si inserisce iTEC (Innovative Technologies for an Engaging Classroom), un progetto europeo di ricerca e sperimentazione su larga scala volto a pre?gurare le potenzialità della “future classroom”.
Avviato nel Settembre 2010, iTEC coinvolge decisori politici, ricercatori, aziende fornitrici di tecnologia, esperti di innovazioni tecnologiche per la didattica e docenti innovatori, per progettare e creare scenari di insegnamento e apprendimento trasferibili nella “classe di domani”, tenendo conto delle problematiche concrete e dei processi di riforma in atto.
Grazie al coinvolgimento di 27 partner di progetto, 14 Ministeri dell’Istruzione e un ?nanziamento della Commissione Europea di 9.45 milioni di euro, iTEC mira a sviluppare un modello per descrivere come l’uso delle tecnologie per l’innovazione delle attività di insegnamento e apprendimento possa andare oltre le sperimentazioni su piccola scala ed essere integrato nelle scuole di tutta Europa.
Il progetto prevede la sperimentazione di una serie di pratiche innovative in oltre 1.000 classi di 12 paesi – 100 in Italia – e si tratta della più vasta sperimentazione internazionale mai realizzata.
Il cambiamento che si propone iTEC è basato sulla pratica didattica e sul fatto che processi di riforma ef?caci debbano essere considerati nel reale contesto del cambiamento stesso.
Il progetto non esamina solo come le nuove tecnologie possono essere integrate nella didattica, ma anche i processi di cambiamento richiesti per innovare le pratiche di insegnamento e di apprendimento, per poi trasferirle su larga scala.
Af?nché la tecnologia possa potenziare ef?cacemente queste pratiche, è necessario considerare altri fattori chiave come una visione di riferimento, le competenze in gioco, le potenzialità e l’usabilità della tecnologia: questi i principi fondamentali del progetto.
iTEC si sviluppa in 5 cicli di sperimentazione che si sovrappongono, ciascuno della durata di 18 mesi.
Le sperimentazioni coinvolgono prevalentemente studenti dei primi due anni di scuola secondaria, con una attenzione particolare all’area matematico/scienti?ca/tecnologica.
Attenzione viene riservata anche alla scuola primaria (sebbene con un numero minore di scuole coinvolte), con riferimento particolare all’uso di tecnologie espressamente progettate per la didattica (in alcuni casi sviluppate nel contesto del progetto stesso).
I due cicli sperimentali già compiuti hanno visto la partecipazione di 54 docenti italiani per un totale circa 40 scuole, da noi supportati in qualità di coordinatori pedagogici nazionali del progetto.
I docenti coinvolti si sono confrontati con una metodologia progettuale condivisa da tutti i paesi partecipanti e basata sul concetto di “Learning Story”.
Le Learning Stories sono esempi narrativi di come determinati “pacchetti” di attività educative proposte da iTEC (le cosiddette Learning Activities) possano “lavorare insieme” quando inseriti in un contesto-classe reale.
Il docente, nello scrivere la sua personale Learning Story – e soprattutto nello sperimentarla poi in classe – cala nella sua realtà (disciplinare, ma anche territoriale) queste attività, contribuendo quindi a valutare, raf?nare, migliorare un particolare scenario educativo.
Il tutto in una dimensione non solitaria, ma inserita nel contesto di una community internazionale di docenti intenta a sperimentare quelle stesse attività.
Da una prima analisi delle sperimentazioni ?n qui svolte emerge innanzitutto la validità della metodologia della Learning Story come supporto alla progettazione didattica: l’equilibrio tra vincoli da rispettare (le Learning Activities, uguali per tutti i docenti) e margini di personalizzazione (la Learning Story che ciascun docente ri-scrive declinandola nella propria materia e nella propria realtà scolastica e territoriale) ha permesso ai docenti di esprimere le proprie speci?cità seppure in un contesto sperimentale comune e condiviso.
Gli scenari educativi sperimentati sono risultati:
– da un lato suf?cientemente “s?danti” per i docenti, che hanno dovuto mettersi in gioco per superare problemi organizzativi, metodologici, tecnologici, talvolta anche logistici;
– dall’altro suf?cientemente ?essibili da non dipendere dalla disponibilità di una particolare tecnologia o tipologia di organizzazione scolastica, a tutto vantaggio della replicabilità in contesti più ampi delle pratiche educative sperimentate.
Ma ciò che forse più conta per i docenti coinvolti è l’essersi sentiti parte integrante di una comunità di innovatori con i quali confrontarsi, condividere idee, avanzare proposte attorno a una pratica innovativa comune.
Riteniamo questo un valore particolarmente importante in un contesto, quello scolastico, dove ancora troppo spesso il docente innovatore si ritrova a giocare il ruolo di “mosca bianca”.
Andrea Benassi e Laura Parigi