Percorsi di istruzione post secondaria in Italia. 

L’edizione 2022 di  Education at a glance, la pubblicazione dell’Ocse che ogni anno fornisce indicatori validi per una lettura comparativa dei sistemi educativi dei paesi aderenti, punta l’attenzione sulla educazione terziaria, l’educazione successiva al diploma. Era il 1996 quando la conferenza dell’Ocse dei ministri del Comitato dell’educazione, sviluppando il progetto Lifelong learning for All, apprendimento per tutti e tutte per tutta la vita, iniziava a delineare politiche educative capaci di portare tutta la popolazione a superare i livelli di istruzione secondaria verso quella terziaria, condizione necessaria per lo sviluppo delle diverse comunità e società e come diritto di cittadinanza. In quel momento l’attenzione era rivolta a tutta quella popolazione che, non più in età scolare, richiedeva interventi di educazione e formazione necessari per metterla in grado di rispondere ai nuovi bisogni di lavoro e di partecipazione sociale. Da qui l’avvio delle indagini comparative sulle competenze della popolazione adulta  Ials, All,  il primo ciclo di Piaac e l’avvio del secondo che, ritardato dal Covid-19, dovrebbe concludersi nel prossimo anno. Appare significativo che la cifra di Education at a glance di questo anno, verificando il graduale ritorno alla normalità dopo la pandemia, disegni il quadro di una situazione complessa, non solo per le fratture indotte dalla diffusione della malattia, ma per la necessità di valutare la capacità dei vari sistemi educativi di misurarsi sulle urgenze di oggi e delle difficili ed incerte sfide di un prossimo futuro. I quattro ambiti in cui si identificano gli indicatori su cui sono costruite le comparazioni sono, oltre agli esiti dei sistemi educativi e l’impatto degli apprendimenti sulle popolazioni e società di riferimento, l’accesso alla educazione (dalla infanzia all’età adulta), gli investimenti in educazione, i docenti, gli ambienti di apprendimento e l’organizzazione delle scuole.

 Quale la collocazione dell’Italia in questo contesto?  Si presentano qui, in estrema sintesi, alcuni dati relativi alla istruzione di livello terziario, lasciando a doverose e approfondite analisi i tanti  aspetti che il testo affronta:

I livelli  di istruzione nei paesi Ocse  tra il 2020 e il 2021 sono cresciuti in media di 21 punti percentuali, in Italia  il ritmo di crescita appare più lento. Nel 2021 in Italia la quota di persone tra i 25 e i 64 anni con un livello di istruzione terziaria ha raggiunto il 20 %, un valore pari a quasi la metà della media dei Paesi dell’Ocse (41%), il 43%  ha un livello di istruzione secondario superiore o post-secondario non terziario (un dato leggermente superiore alla media dell’Ocse 42%), mentre il restante 37% non ha conseguito il diploma. Questo dato colloca l’Italia tra i 12 Paesi Ocse in cui l’istruzione terziaria è meno diffusa rispetto all’istruzione secondaria superiore, anche se la popolazione 25-34 anni laureata è aumentata di 18 punti  dal 2000 (erano il 10 % nel 2000, il 21 % nel 2011, il 28% nel 2021). Il livello di istruzione secondaria superiore è spesso considerato una qualifica minima per la partecipazione al mercato del lavoro. E’ vero che la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni privi di un titolo di studio secondario superiore è diminuita nei paesi Ocse ( il 14% ) ma il dato italiano relativo ai giovani adulti, che ha  interrotto gli studi senza conseguire un diploma (23%), rimane molto  superiore alla media dell’Ocse. 

Un titolo di studio di livello  terziario presenta vantaggi in termini di occupazione e di salario. Nel 2021, il tasso di occupazione dei 25-34enni laureati in Italia era di 20 punti percentuali superiore a quello di coloro che avevano un titolo di studio inferiore al diploma e di 6 punti percentuali superiore rispetto a coloro che possedevano un titolo di studio secondario superiore o post-secondario non terziario ( il dato Ocse è   rispettivamente  di 26 punti per laureati e 8 punti per i non laureati ). In Italia l’ambito di studi universitari determina vantaggi diversi in relazione alla collocazione nel mercato del lavoro, infatti (dati 2021) i tassi di occupazione più elevati ( 89%) si trovano tra coloro che hanno un titolo di studio terziario in ambito sanitario e sociale, i più bassi tra coloro che hanno intrapreso un percorso di studi in discipline umanistico/ artistiche (69%)

 A titolo di studio più elevato corrisponde un più elevato livello salariale, questo divario in Italia  tuttavia è inferiore alla media Ocse, che è circa il doppio se si considerano tutti i lavoratori di età compresa tra i 25 e i 64 anni. La relazione tra retribuzioni e titoli di studio varia tuttavia all’interno dei vari paesi ed anche in Italia. Queste variazioni all’interno di uno stesso Paese non rispecchiano solo le differenze nelle opportunità di istruzione, ma sono dovute in larga misura alle condizioni economiche e ai processi di “migrazione” interni. 

La differenza tra la regione con la quota più alta di 25-64enni laureati (il Lazio, con il 26%) è la regione con la quota più bassa (la Sicilia, con il 15%) si attesta a 11 punti percentuali. 

Da notare è inoltre la differenza per quanto riguarda la regolarità degli studi. Solo il 53% degli iscritti alle lauree triennali consegue in Italia un titolo alla fine del triennio ( il 68% è la media Ocse ), mentre, se è vero che le tasse universitarie italiane sono in media più basse rispetto ai paesi Ocse, solo il 38%  degli studenti italiani riceve sussidi o altre provvidenze. Il 54% dei giovani tra i 18 e i 24 anni frequenta ancora, a tempo pieno o parziale, un corso di istruzione o formazione di livello secondario superiore o terziario, dato in linea con la media dell’Ocse), solo una piccola quota di questi studenti (il 3%  unisce al percorso di istruzione o formazione un qualche impegno di lavoro ( mentre il 17% è la media Ocse). 

In Italia tutti i percorsi secondari danno accesso all’università, le scelte delle matricole sono percorsi umanistico/artistiche, a differenza di quanto accade nella 

maggior parte dei Paesi dell’Ocse, in cui le discipline prescelte sono piuttosto, economia, gestione e giurisprudenza. Se è vero che in Italia l’88% dei 25-64enni con una qualifica terziaria ha una occupazione nel campo delle TIC, questi percorsi di studio appaiono poco appetibili ai  nostri studenti ( 2% delle matricole italiane, contro la media Ocse del 6%). Del resto l’indagine rileva che il tasso di occupazione della fascia di età 25-34 anni di chi è  in possesso di una qualifica ITS è relativamente alto, ma meno dell’1% di questa popolazione  possiede questa qualifica.

Qualche osservazione in conclusione sul lavoro nella scuola. In quasi tutti i paesi Ocse gli stipendi medi dei docenti sono più bassi di quelli degli occupati che hanno un titolo di studio di livello terziario, il dato riguarda anche l’Italia (gli insegnanti di scuola secondaria inferiore guadagnano in media il 27,4% in meno dei laureati), mentre , come del resto accade in quasi tutti i paesi Ocse, anche in Italia i dirigenti scolastici hanno stipendi più elevati della media  degli altri lavoratori con un’istruzione terziaria.

I docenti italiani hanno un orario medio di insegnamento di 945 ore annue (744 ore nella scuola primaria, 608 ore nella scuola secondaria di primo grado,  608 ore a livello di scuola secondaria di secondo grado). In Italia, la formazione iniziale degli insegnanti  dovrebbe durare   6 anni per la scuola secondaria inferiore, mentre è più breve, 5 anni per i futuri insegnanti della scuola primaria ( nei paesi Ocse la formazione iniziale degli insegnanti di scuola primaria e secondaria inferiore varia da 2,5 a 6,5 anni).

 

 EDUCATION AT A GLANCEUNOSGUARDOSULL’ISTRUZIONE2022

Roma, 3 ottobre 2022

Evento di lancio di Education at a Glance (EAG) –Uno Sguardo sull’Istruzione 2022

In collaborazione con Fondazione Agnelli e Save the ChildrenItalia

Giovanni Maria SEMERARO (OCSE), Analista, giovannimaria.semeraro@oecd.org

https://www.youtube.com/watch?v=0r5Krq3HfKA

Vittoria Gallina