I ragazzi d’Europa online
I giovani hanno bisogno di maggiore aiuto nel contrastare i rischi connessi all’essere online, questo il messaggio che arriva dai risultati di una recente indagine condotta su oltre 25.000 ragazzi tra i 9 e i 16 anni da un network di ricercatori di 25 paesi dell’Unione Europea.
L’immagine del giovane smanettone che vive in un mondo ipertecnologico con cui interagisce costantemente per pratiche legate a interessi, studio e hobby viene messo in crisi? Assolutamente no. Anche solo una lettura veloce dei dati sul livello di diffusione e uso delle tecnologie mette in evidenza quanto ? non solo in America ma anche in Europa e in Italia ? la presenza in rete diventi sempre più significativa, soprattutto se si fa riferimento alle nuove generazioni. I dati a disposizione confermano la centralità delle tecnologie nella vita dei giovani, che mostrano di saperle utilizzare per soddisfare bisogni concreti con attività che vanno dallo studio alla comunicazione, dal gioco online ai social network. In questo senso la questione tecnologica si traduce in questione sociale ed educativa: la rete, ambiente naturale di bambini e ragazzi che si avvicinano alle tecnologie in forma diretta e immersiva già dai primi anni di vita, se da una parte garantisce una disponibilità di informazione e una facilità di accesso mai conosciuta prima; dall’altra comporta una maggiore consapevolezza d’uso e livelli di filtro critico più sofisticati. Gli aspetti positivi e negativi dell’essere online vanno di pari passo, aumentano con il livello d’uso, variano in relazione al ruolo che il giovane assume nell’interazione con il mezzo e il balance tra gli uni e gli altri è regolato dalle competenze (per un approfondimento si veda Livingstone, Haddon, 2009).
Queste sono solo alcune delle suggestioni che emergono dal primo triennio di lavoro di Eu Kids online (2006-2009), periodo durante il quale il team di ricerca ha creato e analizzato un database delle indagini sul rapporto tra tecnologie e giovani. Il lavoro di studio effettuato ha permesso di sistematizzare la ricerca disponibile in Europa e individuare una serie di gap conoscitivi che la seconda fase del progetto (2009/2011) mira a colmare. L’obiettivo della ricerca presentata a inizio gennaio, infatti, è stato quello di costruire una base di dati empirici affidabile e comparabile a livello cross-nazionale che possa essere di aiuto alle istituzioni che promuovono la sicurezza online.
Dallo studio, emerge la distanza tra le pratiche dei giovani e quelle degli adulti e la difficoltà di questi ultimi nell’essere consapevoli dei rischi sperimentati dai propri bambini su Internet. Filtrare i contenuti del Web 2.0, bloccare i messaggi delle chat o controllare smarthphone e console per videogiochi ? nuovi strumenti di accesso alla rete per il 33% dei giovani in Europa ? è una questione sia tecnica che sociale. Gli strumenti a disposizione non sempre sono efficaci (si vedano per esempio i risultati del progetto “Benchmarking of parental control tools for the online protection of children”) e le conoscenze necessarie per farlo in autonomia sono elevate. Tuttavia uno dei dati più interessanti che emerge dalla ricerca è la capacità dei ragazzi di apprendere dalle esperienze potenzialmente pericolose: lo scarto tra la possibilità di venire in contatto con contenuti o contesti non raccomandabili e la percentuale di minori che hanno riportato danni psicologici è infatti elevata (39% contro 12%). In Italia è più bassa sia l’esposizione che l’incidenza del rischio. I giovani italiani tuttavia hanno meno competenze nell’uso di Internet rispetto ai coetanei europei e sono quelli che si sentono meno sicuri, probabilmente anche perché nel nostro paese è più alta la percentuale di coloro che navigano da soli (il 59% contro il 48% europeo).
Per approfondire:
• Eu Kids Online II
• Safer Internet Programme
Veronica Mobilio