“Se fossi il ministro raddoppierei lo stipendio agli insegnanti”

Claudio Cremaschi ha fatto l’insegnante, il sindacalista nella CGIL e il dirigente scolastico nella secondaria superiore in provincia di Bergamo. Forte di questa esperienza ha scritto un bel libro dal titolo e dal sottotitolo molto significativi: “Malascuola: se fossi il Ministro dell’Istruzione raddoppierei lo stipendio agli insegnanti (e altri rimedi meno piacevoli)”, Piemme, € 17,50. Attenzione, però! Se si vuole avere un’idea precisa del contenuto del testo, il sottotitolo va letto tutto, incluso ciò che è tra parentesi. L’autore infatti immagina di essere Ministro dell’Istruzione e ci presenta la “sua” riforma, dove i “rimedi meno piacevoli” sono così definiti in riferimento alle categorie della scuola (ce n’è per tutti: insegnanti, dirigenti, bidelli, ITP, ministri e ministeriali), ma sarebbero invece rimedi piacevolissimi per gli studenti e le loro famiglie e per il sistema nazionale di istruzione e formazione.

Non su tutto concordo, ovviamente, ma per la prima volta mi sono trovato di fronte ad una narrazione di una scuola possibile fatta peraltro utilizzando un registro informale, per lo più senza ricorrere al lessico e al gergo degli “addetti ai lavori”. Scelta rischiosa, quella di usare un linguaggio comprensibile a tutti, perché poteva prestarsi ad essere superficiali o scadere in giudizi sommari, come purtroppo capita spesso ai quotidiani, alla radio e alla televisione.

A mio avviso la scommessa è perfettamente riuscita, in particolare grazie a due scelte che rappresentano anche la chiave del potenziale successo di questo volume: 1) lo sforzo di inquadrare in un disegno organico tutta l’impalcatura, visto che non si può procedere per compartimenti stagni, ma bisogna avere chiaro il quadro generale se si vogliono evitare errori ed improvvisazioni; 2) la capacità di riassumerci sempre i dati di partenza: si richiamano spesso i “numeri”, in particolare riferendosi a dati OCSE e al più importante lascito dell’ultimo governo in tema di istruzione, il Quaderno bianco sulla scuola.

Ho diviso questa riflessione in due parti. Nella prima ho riassunto alcuni rilievi critici, mentre nella seconda ho cercato di sintetizzare le ottime proposte di Cremaschi. Comincio quindi dai “rilievi”.

1. Il testo è stato chiuso in primavera e non è stato rivisto alla luce di alcuni dei provvedimenti emanati dal Governo prima dell’estate (penso in particolare alla riforma della secondaria superiore) o all’evoluzione del dibattito parlamentare (penso alla pubblicizzazione dell’ultima versione del Ddl Aprea); ciò ha evitato all’autore di entrare nella polemica politica spicciola e questo ha preservato la “coerenza” del testo, ma per il lettore questo rappresenta comunque un limite.

2. Il testo a mio avviso non riconosce a sufficienza i (pochi, ma sostanziali) meriti di alcuni ministri di Viale Trastevere. Quasi nessuna delle cose che Cremaschi propone, ad esempio, sarebbe possibile senza l’autonomia scolastica, voluta da Berlinguer. In realtà, come vedremo, l’importanza dell’autonomia e la necessità di darle piena attuazione viene sottolineata, ma senza mai attribuire la paternità della riforma a chi ha introdotto una novità così importante.

3. Trovo che sia lasciata troppo ai margini tutta la questione della formazione professione e che sia sbagliato lasciare ai corsi regionali solo gli ultimi due anni dell’obbligo (dai 15 ai 17 anni, nella proposta).

4. Non condivido il mantenimento – nel ciclo di base – della distinzione tra Primaria e Secondaria di primo grado. Ovviamente non mi dilungo in questa sede nelle motivazioni di questa mia affermazione, ma mi limito a dire che quel “salto” rappresenta a mio avviso uno dei punti più problematici dell’intero sistema e una delle cause principali di alcuni pessimi risultati dell’Italia nelle rilevazioni OCSE-PISA.

5. Cremaschi, infine, non affronta se non marginalmente (e senza fare proposte) la questione del reclutamento. Non è a mio avviso la più importante delle riforme da fare, ma – nello scrivere un libro così – a mio avviso non si può sottovalutare questo aspetto e non prendere atto dei limiti del sistema delle graduatorie per reclutare il personale docente. Come vedremo, Cremaschi riconosce l’inadeguatezza del concorso, ma non si spinge a fare proposte alternative.

Ma veniamo alla piattaforma proposta in Malascuola. Le proposte sono tutte fatte discendere da una premessa: risparmiare si può. Anzi da due premesse: risparmiare si può e si deve, ma a patto che i risparmi siano interamente reinvestiti “per il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del sistema scolastico e formativo”. Già, ma per fare cosa? Nel testo vengono elencati alcuni obiettivi precisi. Un primo nucleo di proposte attiene a quella che nel dibattito pubblico oggi è definita valorizzazione della professionalità docente. Formula che viene spesso interpretata dai diversi soggetti con sfumature differenti. Il volume prova ad uscire dall’ambiguità proponendo:
• formazione iniziale e in servizio: Cremaschi non si sofferma molto, ma qua e là si trovano alcune “perle di saggezza”, che mi fanno ipotizzare un approccio alla questione assai condivisibile; come quando dice che “occorre selezionare le persone più preparate, formarle, stimolarle, valorizzarle, verificarne i risultati, premiare le performance migliori” al fine di avere “non il maggior numero di insegnanti, ma i migliori insegnanti possibili”, oppure quando sottolinea come oggi si usano strumenti di selezione “rozzi e inefficaci” quali il concorso, “quasi esclusivamente basato su competenze disciplinari e non sufficiente a decidere se il vincitore sarà, oppure no, un valido insegnante”;
• progressione economica dei docenti, con esplicito riferimento al raggiungimento dei livelli europei (il sottotitolo del libro parla di “raddoppiare lo stipendio ai docenti”), non automatica, ma subordinata alla valutazione;
• valutazione, affidata a un mix di attori analogo: dirigente, comitato di valutazione e “griglia di elementi il più possibile oggettivi, concordata per contratto, basata anche su elementi di valutazione espressi dagli utenti”;
• carriera docente con tre livelli: junior, esperto e poi una carriera o nello staff del dirigente scolastico o come docente master; i passaggi da un livello all’altro avvengono in parte su selezione interna alla scuola, in parte su selezione esterna (il passaggio a docente master è immaginato per concorso);

Le altre proposte riguardano il sistema nel suo complesso:
• ampliare il servizio scolastico: generalizzare la scuola dell’infanzia e il tempo pieno nella primaria; obbligo a 17 anni e ultimo anno (non obbligatorio) dedicato alla preparazione agli studi universitari (4/5 materie propedeutiche all’indirizzo scelto) o alla formazione professionale; piano per l’educazione permanente;
• dare piena attuazione dell’autonomia delle scuole e valutare il loro operato mediante un sistema nazionale di valutazione;
• realizzare un piano pluriennale di edilizia scolastica: messa in sicurezza delle scuole e adeguamento di quelle esistenti e di quelle nuove alle esigenze “contemporanee”; Cremaschi parla di scuole degne di un paese civile (aule spaziose e “a norma”; scuole con tanto verde intorno, dotate di mense, spazi di aggregazione, laboratori moderni, aule di musica, biblioteche; aule con PC e Internet; uffici per gli insegnanti perchè si possano fermare a scuola);
• riformare il calendario scolastico: settimana corta, 200 giorni di lezione dal 1° settembre al 30 giugno, utilizzo del personale docente e non docente nei mesi estivi per “attività integrative, ricreative, di orientamento, di recupero, di stage”;
• aggredire il fenomeno dell’abbandono e dell’insuccesso scolastico; è doveroso ricordare a questo proposito che – oggi, negli anni Duemila! – in Italia il 20% di chi si iscrive in prima superiore abbandona la scuola, ovvero uno su cinque: una vera emergenza nazionale di cui quasi nessuno parla! Certamente non ne parlano i media, convinti che il segno della scuola di oggi sia il lassismo e il permissivismo e che non si faccia selezione: la selezione purtroppo si fa eccome! certo, spesso non in base al merito, ma al censo; ma di questo ai i cantori dei bei tempi andati evidentemente poco importa.

E per fare tutto questo basta un decimo di punto di PIL all’anno per cinque anni! Mi si dirà che il problema è tutto nella premessa – “risparmiare si deve” – perché così molti insegnanti perderebbero il posto. Per rispondere a questa domanda ci viene incontro sempre Cremaschi, che in una intervista del 14 settembre a Fahreneit, la trasmissione di Radio Tre dedicata ai libri, invita a tenere distinto il problema del precariato (che va affrontato dal punto di vista “sociale”) dalla necessaria riforma della scuola e a tenere conto del fatto che nei prossimi anni andrà in pensione molto personale, che potrà essere sostituito dagli attuali precari.

Su questo secondo punto in parte dissento perché sottostima il problema della mancanza di turn-over dovuto al blocco delle assunzioni e di come questo impedirà per molti anni a giovani docenti di essere avviati all’insegnamento, ma è un dettaglio che nulla toglie al senso della sfida che viene proposta innanzi tutto al sistema politico: cambiare punto di vista e immaginare non più cosa serve agli “adulti” che vivono la scuola (siano essi commessi o ministri), ma agli studenti e di conseguenza al futuro del nostro paese.

Si sentono spesso ministri, politici, giornalisti e “cultori della materia”, affermare a proposito di un articolo, di un libro o di un bel discorso del “barackobama” di turno: “questo testo andrebbe letto in tutte le scuole”. Nel mio piccolo, mi sento di affermare che Malascuola andrebbe letto da tutti i ministri, politici, giornalisti e “cultori della materia” che vogliono occuparsi di scuola.

Marco Campione