Musica e autismo – di Mariagiulia Morlacchi
Nonostante se ne parli spesso come di una sindrome indifferenziata, ogni persona con autismo si distingue per la propria unicità, a causa della sintomatologia che si manifesta a livelli e gradi differenti; il comune denominatore è rappresentato da gravi deprivazioni a livello comunicativo che inducono una distorsione o addirittura una completa assenza di relazioni.
Così l’individuo può apparire al mondo, a seconda dei casi, come un diverso, uno stupido, uno strambo, un combinaguai, un teppista, un emarginato o semplicemente un presuntuoso egoista (John Elder Robison). La sua patologia non gli consente tendenzialmente di instaurare valide relazioni emotive e sociali e di inserirsi serenamente nell’ambiente familiare, scolastico, lavorativo (“Vivere è più o meno come un trapano costante” David Miedzianik).
L’autismo si connota quindi come un “universo parallelo”: il soggetto che ne è affetto vive da extraterrestre in un mondo non accogliente, che non lo comprende e nel quale lotta incessantemente per avere un’identità sociale (“I’m an anthropologist from Mars” Temple Grandin).
Quella di autismo è una diagnosi clinica, ma l’intervento è prevalentemente collocato in ambito educativo; quindi la scuola primaria ha un ruolo ed una responsabilità essenziali ai fini della reale inclusione sociale e dello sviluppo di strategie adattive da parte del soggetto disabile.
Infatti, posto che l’autismo si presenta come un disturbo dall’ampio spettro di condizioni e posta la sua connotazione di disturbo dello sviluppo, appare plausibile pensare che esso possa evolvere nel tempo: un bimbo diagnosticato come gravemente disabile al suo ingresso nella scuola primaria potrebbe, in età adolescenziale, aver sviluppato modalità adattive tali da essere maggiormente in grado di socializzare e di relazionarsi con gli altri.
La musica in questo senso rappresenta una risorsa formidabile per una scuola realmente inclusiva, perché permette di abbattere le barriere della comunicazione formale, di agevolare le dinamiche sociali e di superare le difficoltà di relazione attraverso la pratica musicale.
Nella prospettiva di una azione inclusiva intenzionale e potente, è possibile concretizzare un approccio positivo tra l’alunno con sindrome autistica e l’ambiente scolastico, utilizzando la musica come un insieme aggregante di elementi emotivi, mentali e fisici. Coinvolgendo il bambino in modo progressivo e mirato, è possibile indurre benefiche modificazioni dirette al conseguimento del benessere personale ed al successo scolastico.
Muovendo dalla triade identificativa dell’autismo (deficit di teoria della mente, deficit di coerenza centrale, deficit delle funzioni esecutive) è possibile sviluppare in ambito educativo percorsi di giochi musicali che, rispettando le difficoltà funzionali, valorizzando le potenzialità e sfruttando la sperimentazione attiva, conducano allo sviluppo di un canale privilegiato di comunicazione e ad un progressivo inserimento nel contesto scolastico.
Il primo step può essere quello di mettere il bambino con autismo nelle condizioni di stabilire una relazione con gli strumenti musicali e con la propria voce, agevolando la consapevolezza percettiva e motoria mediante produzione di suoni, di linee ritmiche o melodiche in assoluta autonomia. Creando attorno al soggetto un ambiente protetto, è possibile stimolarlo a muoversi in libertà, sperimentando ed esperendo spontaneamente in modalità euristica tutte le possibilità di produzione vocale e sonora. Il bambino può essere lasciato libero di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione (eventualmente contenendo la foga eccessiva o le tendenze distruttive). Egli può sperimentare a piacimento la produzione dei suoni, utilizzando lo strumento come meglio crede, creando una relazione spontanea con esso (attraverso la mani, ma non è escluso l’utilizzo dei piedi, della bocca…). Si può invitare il bambino a “sentire” lo strumento: seguirne il contorno con il dito, avvertirne la consistenza, sentirne l’odore, eseguire giochi di costruzione con gli strumenti. Quindi nel momento in cui il bambino abbia preso consapevolezza dei suoni prodotti si può tentare la produzione di sequenze (anche ricorsive) prima liberamente, poi per imitazione, poi su schema domanda/risposta.
Il secondo step può essere rappresentato dall’utilizzo della relazione stabilita con gli strumenti e con la voce per improvvisare, stimolando il bambino ad esprimersi attraverso performances vocali e strumentali improvvisate e libere da regole prestabilite. Gli atti performativi potranno comprendere qualsiasi forma di produzione acustica e di istantanea espressione di situazioni sonore: vocalizzi, gesti accompagnati da sonorità, corporeità cantata, body percussion…
In seguito, verificata l’accettazione della presenza dell’insegnante, si può sperimentare l’attività di suonare insieme sulla tastiera, con l’inserimento di un “pedale” basso ostinato, dando strutturazione organizzata alle improvvisazioni sonore del bambino. Successivamente potrebbero essergli rivolte richieste precise come, ad esempio, suonare solo sui tasti neri per creare insieme un bellissimo giro di blues.
Agendo progressivamente, dilatando i tempi e le occasioni, si può giungere al terzo step: l’inserimento del bambino nelle attività di pratica musicale della classe, affiancandolo dapprima ad un compagno disponibile ed accettato e poi inserendolo in un piccolo gruppo per suonare semplici sequenze ritmico-melodiche. Aumentando progressivamente gli stimoli si può pervenire infine a momenti ludici di produzione musicale collettiva, gioiosa e divertente.
Essenziale appare in questo senso il consolidamento di un gruppo-classe affiatato, solidale e collaborativo, che avvolga il bambino disabile in un abbraccio autentico di rispetto, cura ed aiuto che conduca tutti i soggetti interessati a farsi carico delle situazioni di fragilità e a gioire dei successi, sviluppando efficaci strategie di gestione delle dinamiche sociali.
La musica può rappresentare per il bambino con autismo la possibilità di apprendere un codice per esprimersi e comunicare liberamente attraverso il canto, la pratica musicale, ma anche il movimento, il colore, le forme. Può contribuire allo sviluppo di efficaci modalità di interazione, guidandolo nella gestione dei suoi rapporti con il mondo; può essere uno stimolo a crescere socialmente attraverso la sinergia e gli scambi tra il sé e gli altri.
La conseguente elaborazione personale di queste interazioni potrà portare (nel lungo periodo) il bambino a modulare i propri comportamenti rispetto alle esigenze del vivere insieme e a sviluppare strategie alternative di interazione, bypassando la limitatezza della sua funzione centrale. La condivisione con gli altri delle esperienze, il processo di conoscenza dell’ambiente e dei coetanei, lo sviluppo del linguaggio e delle capacità comunicative, la progressiva scoperta del sé, possono rappresentare le tappe fondamentali di un percorso di maturazione che, utilizzando la forza socializzante della musica, appaia finalizzato alla crescita personale grazie all’inserimento nel gruppo dei pari, affiatato e solidale.
Mariagiulia Morlacchi