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L’Arcivernice: pensieri inattuali sulla modernità – II Stagione La grande, vecchia Europa e l’austerità

Pubblicato il: 29/04/2017 16:38:20 -


Education2.0 ricorda Maurizio Matteuzzi, nostro storico collaboratore, scomparso in questi giorni, pubblicando l’ultima puntata dell’Arcivernice. Introduzione di Mario Fierli.
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Questa è l’ultima puntata dell’ Arcivernice di Matteuzzi. Maurizio Matteuzzi, professore dell’Università di Bologna, importante collaboratore di questa rivista, è improvvisamente scomparso. Studioso poliedrico è stato un logico, filosofo del linguaggio e della scienza, un teorico dei sistemi e dell’Intelligenza Artificiale) e della Scienza. Ma ha anche praticato le tecnologie dell’informazione, collaborato con diverse società informatiche e telematiche e fondando una delle prime reti civiche, la Iperbole di Bologna.

Maurizio Matteuzzi apparteneva a quel (purtroppo raro) gruppo di intellettuali che interpretano le rivoluzioni tecnologiche fuori sia dagli entusiasmi acritici sia dai pessimismi altrettanto acritici. La via giusta è quella da lui praticata: approfondimento epistemologico dei fondamenti concettuali delle tecnologie, esplorazione curiosa e creativa delle nuove culture che esse fanno crescere. Molto significativo, a questo proposito, è stato il legame con Hofstatter, l’autore di Goedel, Escher e Bach. Su

Education 2.0 ha pubblicato più di 100 dialoghi filosofici, reperibili nella rivista, dal titolo Arcivernice: una metafora tratta da un vecchio fumetto del Corriere dei Piccoli in cui una vernice magica spalmata sull’immagine di un personaggio antico, lo rendeva presente e rendeva possibile interrogarlo. Nei dialoghi di Matteuzzi è Ramon, un giovane studente spagnolo, che interroga i filosofi: Aristotele, Platone, Leibnitz, Kant e tanti altri. Qualcosa di simile alle “interviste impossibili”. Un bello strumento di divulgazione filosofica inspirato al principio per cui per mostrare se hai davvero capito un filosofo devi immaginare come avrebbe risposto a domande, anche attuali, che non gli erano mai state rivolte.

Linda Giannini (la collaboratrice che lo ha condotto alla nostra rivista) intervistandolo gli chiese: “Quali soluzioni proporresti per favorire la partecipazione dei giovani al loro processo di apprendimento e di partecipazione alla vita sociale?”. Matteuzzi rispose “Un minimo di infarinatura filosofica dovrebbe essere prevista in ogni scuola superiore. La sociologia, la politica, la morale non possono essere comprese senza possedere le basi delle teoresi che le hanno introdotte”

Mario Fierli

Vivere questo nuovo soggiorno italiano, dopo il tempo passato nella nativa Siviglia, induceva spesso Ramon a riflessioni sull’Europa. Da bambino aveva sognato gli “Stati Uniti d’Europa”, un grande Paese, coeso e potente come gli USA. Ma molti fatti recenti avevano creato in lui una forma di scetticismo; pensava che, quand’anche quell’amalgama, almeno polito, che aveva idealizzato, se si fosse mai compiuto, non sarebbe mai potuto realizzarsi entro l’arco della sua vita.

Ramon ripensava alla recente votazione per le elezioni europee. Pur avendo convinzioni precise, ma non vi diremo per chi aveva votato, egli sentiva tutto il peso della complessità del problema. Già interpretare le questioni locali di un territorio è opera assai difficile, di fronte al dilagare prepotente di opinioni che, seppure diametralmente opposte, si porgono con la pretesa della coerenza e della logicità; ma quando poi la tematica si sviluppa a livello di un intero continente, che infinita complessità essa assume! L’Europa: congerie di Stati, federazione, confederazione, magma di interessi contrastanti, espressione geografica forse… E ripensava a come si erano costituiti gli USA. Quel fenomeno era riproducibile? Anche là vi era un’accozzaglia di popoli diversi, europei provenienti dai luoghi più disparati. Ma si agiva su un terreno vergine, su un deserto privo di condizionamenti pregressi, su una terra senza storia. Quanta diversità dall’Europa, dove ogni pietra ha un passato, ogni pezzo di terra si porta il fardello di millenni di passato. Ecco il condizionamento originario, impossibile da ignorare, e, a tutt’oggi, da superare.

Le ultime elezioni erano state giocate, dal punto di vista economico, che non può poi non rigenerarsi in “politico”, sulla contrapposizione ‘rigore’ versus ‘investimento’. In una parola, austerità, sì/no. Questo ha diviso i Paesi, e determinato, in prevalenza, l’atteggiamento filoeuropeo o euroscettico delle persone, persino al di là di ogni ideologia.

Così meditava Ramon, quando, neanche a farlo apposta, si imbatté nell’immagine di Keynes. Quale occasione migliore per approfondire il discorso che interrogare il padre della macroeconomia, l’ideatore del concetto di “domanda aggregata”?

– Maestro, è giusto affrontare la crisi attuale con il rigore, ovvero con ciò che oggi chiamiamo “austerità”?

– L’austerità è in sé una crisi, non è una soluzione per la crisi. Costringe l’Europa ad oscillare tra recessione e un incremento anemico del GDP. Ha gonfiato la disoccupazione registrata in Europa.

È la causa dell’incremento del debito pubblico dell’Eurozona dal 70,2% nel 2008 al 90,6% nel 2012. E la deflazione minaccia la stabilità.

– Ecco, io farò ora un paragone, che potremmo intitolare: “circolo vizioso”. Aristotele spiega bene cos’è, nei primi capitoli dei Secondi Analitici. Se con A dimostro B, e con B dimostro C, e poi con C ritorno da capo, a dimostrare A, ebbene, non ho dimostrato niente, se non la banalità che A comporta A.

– Questa la base logica. La ricetta dell’austerity presenta una stretta analogia. Ma forse, più ancora che la logica, potrà venirci incontro l’aneddotica.

– Nella medicina tradizionale dei secoli scorsi si dava grande importanza al salasso. Il meccanismo era semplice: tu hai un malato che ha febbre alta; gli togli il sangue, e la febbre si abbassa. Peccato che la febbre fosse il modo di reagire dei tuoi anticorpi al malanno.

La febbre calava. Poi il malato stava persin peggio. E allora, nuovo salasso, ancor più drastico. Finché il malato moriva.

– In pratica, anziché rendersi conto che la cura era il vero male, si replicava, potenziandola, la cura mortale.

– Qui ti devo raccontare la morte di Cartesio, perché merita. Cartesio, nell’inverno tra il 1649 e il 1650, era a Stoccolma, al servizio di Cristina di Svezia. Appreso che egli era affetto da grave polmonite, la regina gli mandò i suoi medici, che tentarono di salassarlo.

Cartesio, uomo di scienza e di ragione, li minacciò con la spada, e li tenne lontani; finché, in preda a una febbre più forte, non fu vinto, e salassato. E così morì.

– Ecco, così funziona l’austerity: taglia, riduci alla fame; così spendi meno, la gente spende meno. E allora le aziende non vendono, e chiudono. E allora cosa fai? Tagli ancora, fai un altro salasso. E così via, finché l’economia non muore.

Ramon non era ferrato in economia. Ascoltava attento e rifletteva. Il punto di vista di Keynes gli era chiaro: la ricchezza di una nazione è la somma di ‘consumi’ e ‘investimenti’. Mantenere lo stesso livello di ricchezza, quando si è di fronte alla depressione dei consumi, si può fare di conseguenza soltanto incrementando gli investimenti. Il mercato da solo non tende affatto a realizzare la piena occupazione, e di conseguenza sono necessari interventi correttivi dello Stato. Provò a fare una domanda su quello che è oggi l’argomento del giorno:

– Maestro, come si risolve la crisi della Grecia? – Vedi Ramon, alla fine della seconda guerra mondiale, io mi trovai a capo della delegazione inglese nel negoziato con gli USA per un accordo finanziario che sanasse le partite aperte con lo sforzo bellico. Io capivo bene che un sistema di cambi fissi non può essere mantenuto a lungo, in presenza di economie con tassi di crescita incomparabili; a meno che chi ha una bilancia commerciale e finanziaria positiva non finanzi chi ce l’ha negativa. E, di fatto, la storia mi diede ragione, tanto che il sistema di cambi fissi saltò, alla metà degli anni settanta. Ora, la situazione di cui mi chiedi è simile, ma ancora più drastica: non si tratta di avere cambi fissi, ma addirittura di avere la stessa moneta…

– E quindi come andrà a finire?

Di John Maynard Keynes, primo barone di Tilton, si intravedevano ormai solo i baffi, gli ultimi a scomparire.

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Maurizio Matteuzzi

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