Educazione all’integrazione: una proposta concreta

Spesso si presentano nella nostra biblioteca del Centro Documentazione Handicap di Bologna studenti/esse e insegnanti di tutti gli ordini di studi con la speranza di trovare, per una volta, non l’ennesimo libro che teorizzi o affronti ad un livello “distaccato” qualche tema relativo alla disabilità, ma materiale “vivo”, sperimentato sul terreno, quindi per lo più prodotto da altri docenti o figure cha a vario titolo operano nel mondo del sociale; materiale dal quale possano trarre spunti per elaborare a loro volta progetti e programmi relativi all’incontro con la persona disabile, al rapporto con la stessa o tecniche e suggerimenti per un insegnamento più mirato e attento alle specifiche esigenze di uno studente. Per quanto la nostra sia una biblioteca molto attrezzata, in proporzione questo tipo di materiale è fortemente minoritario. Sarebbe auspicabile che, in qualche modo, queste esperienze educative venissero condivise quanto più possibile, anche rivolgendosi ai C.D.H. che esistono in tante parti d’Italia come luoghi privilegiati per la loro catalogazione e conservazione. Segnalo che, in questa direzione, lavora egregiamente il “Laboratorio di documentazione e formazione” di Bologna. Comunque, anche per le ragioni esposte sopra oltre che per quelle intrinseche, pongo all’attenzione dei lettori di Education 2.0 il resoconto di un progetto svolto quest’anno per la prima volta, ma con l’idea di replicarlo e arricchirlo in futuro, presso una scuola del vicentino. La relazione è scritta da Federica Pasin, insegnante referente per questo progetto, sviluppato concretamente con altri insegnanti di diverse materie.

Chissà che non possa fungere da incentivo per la condivisione e la resa pubblica di altri progetti.

Claudio Imprudente

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I FONDAMENTI TEORICI E LE FASI DEL PROGETTO

Il concetto di integrazione implica la relazione tra un Sé e un Altro su un terreno che permetta loro di incontrarsi anziché di scontrarsi. In un processo di integrazione, quindi, la visione di un Sé isolato dagli altri che conosce se stesso nel momento in cui pensa viene superata da un’immagine di un Sé che diventa tale nella relazione con l’Altro, come suggerito da pensatori quali Buber e Levinas. Prima di arrivare a un’integrazione intersoggettiva però, è necessario, per ciascun Sé, raggiungere quello che Jung definisce lo stadio di maturità, ovvero la fase in cui le tensioni esistenti tra Ego e Altro a livello intrasoggettivo vengono non solo accettate, ma comprese nella loro complessità. Il raggiungimento dello stadio di maturità implica la riduzione della tensione antitetico-contrastiva tra i due elementi a favore di un’armonizzazione-integrazione degli opposti.

È a partire da questa riflessione che si è ipotizzato un intervento mirato di educazione all’integrazione da sviluppare nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado di Cogollo del Cengio (VI). In questo percorso, che ha coinvolto 54 studenti, tra i quali 3 alunni con verbale di accertamento e 4 con diagnosi di DSA, si possono individuare due momenti. Innanzitutto, lo spunto per l’azione formativa è stato offerto dall’adesione della scuola al Progetto Kairós del Lions Clubs International che si prefigge di migliorare l’integrazione scolastica e, quindi, sociale delle persone con disabilità; i Lions hanno fornito gratuitamente un manuale operativo con risorse da applicare nella didattica finalizzata alla sensibilizzazione nei confronti della disabilità. A partire dal manuale operativo è stata progettata un’attività ludico-riflessiva, dal nome “Non sento, ma ascolto”, che permettesse ai ragazzi di fare esperienza concreta della disabilità-diversità e di operare delle riflessioni sulle proprie emozioni a riguardo.

Il gioco favorisce l’interiorizzazione e permette ai ragazzi di far incontrare il proprio Sé con l’Altro a livello intrapersonale o, come direbbero i teorici post-coloniali, di sintetizzare (in senso hegeliano) mondi diversi in un unico corpo. Solo se avviene prima a livello intrapersonale, l’integrazione può realmente avvenire a livello interpersonale. L’intervento formativo ha riguardato una forma di disabilità sensoriale (il deficit uditivo) non presente nelle tre classi. Dall’analisi dei dati contenuti nei questionari finali emerge la propensione a distinguere tra se stessi – fortunati e “loro” – disabili, diversi e quindi sfortunati. Inoltre, si nota la tendenza a sottolineare l’importanza della presenza di “altri” che aiutino la persona disabile-diversa. In entrambi i casi spesso manca la consapevolezza del fatto che la diversità è la normalità della vita e che quegli “altri” chiamati ad aiutare chi è in difficoltà siamo tutti noi. È per favorire l’acquisizione di questa consapevolezza che nasce il secondo momento del progetto che ha previsto la compilazione di un questionario chiamato “Abilità – Disabilità” finalizzato alla riflessione sulla propria percezione di competenza e sul ruolo non solo di successi e insuccessi ma anche dei commenti di chi ci circonda nell’influenzarla. I questionari, raccolti in due fascicoli, sono stati appesi in aula come promemoria per l’intero gruppo classe. In un secondo momento si è riflettuto sul potenziale positivo che ogni persona può offrire alle persone che incontra e, a questo proposito, sono stati allestiti dei cartelloni. Ciascun alunno si è autorappresentato con un’immagine che i compagni hanno arricchito con le qualità che gli riconoscono. Nonostante le linee guida comuni, ogni docente ha sviluppato un intervento formativo originale, sulla base non solo della propria personalità, ma anche degli stimoli offerti dalla disciplina curricolare insegnata.

IL PROGETTO NEL SUO CONTESTO E I SUOI PUNTI DI FORZA

Il progetto si inserisce in un percorso da sviluppare nei tre anni di scuola secondaria di primo grado. I primi due anni prevedono attività ludico-riflessive svolte da insegnanti curricolari di qualunque materia per sottolineare come qualsiasi docente abbia una funzione non solo didattica ma anche e soprattutto educativa e formativa nei confronti dei propri alunni e come qualsiasi disciplina possa diventare strumento di riflessione per la vita reale e soprattutto per l’acquisizione di competenze come quella di un agire integrante. Il percorso si dovrebbe concludere al terzo anno con l’insegnante di Lettere, poiché il tema della disabilità, e della diversità in generale, fa parte della programmazione di Antologia. Le attività svolte nei primi due anni di scuola sono propedeutiche alla riflessione finale che avverrà all’ultimo anno attraverso la lettura di testi o la visione di film. Quest’ultima fase ha funzione metacognitiva e favorirà, a partire dalle esperienze precedenti, l’acquisizione di una migliore comprensione e consapevolezza in merito alla complessa tematica della diversità. La finalità ultima dell’intervento è quella di dare un carattere di normalità alla disabilità-diversità, quindi, tutto il percorso avverrà nelle normali ore di lezione, cercando costanti connessioni con la programmazione didattico-formativa o con la struttura epistemologica della disciplina interessata e, in terza, l’intervento sarà all’interno dell’ordinaria programmazione di classe. L’aderenza alla programmazione didattica vuole sottolineare come vita scolastica ed extra-scolastica siano interconnesse, nonostante molto spesso gli studenti le percepiscano come parallele e, quindi, senza punti di contatto. L’intero percorso è da considerarsi un progetto aperto, ovvero da strutturare di volta in volta a seconda dei bisogni delle classi in cui si sviluppa e sulla base delle competenze umane e disciplinari dei docenti che prendono parte all’attività. Di conseguenza, nonostante il Piano di Lavoro preveda gli stessi interventi e gli stessi obiettivi, ogni classe seguirà un proprio percorso in modo del tutto originale. La scelta di un progetto aperto permette anche di sfruttare quelli che possono essere percepiti come ostacoli in modo proficuo e produttivo. Quest’anno per esempio, durante lo svolgimento della seconda parte del progetto previsto per le classi prime, l’improvvisa richiesta di partecipare a un progetto per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia ha creato dei problemi a due delle tre classi interessate. In una classe, l’insegnante di riferimento ha deciso di apportare delle modifiche al proprio piano di intervento in modo tale da inglobare il progetto per i 150 anni dell’Unità d’Italia all’interno del Progetto di educazione all’integrazione. Il lavoro per i 150 anni dell’Unità d’Italia è diventato un’ulteriore occasione per riflettere sulla diversità e sul suo essere condicio sine qua non di un arricchimento umano e sociale. Si è riflettuto sul fatto che l’unità della nazione italiana affonda le proprie radici proprio sull’integrazione delle diversità (dall’incontro tra persone provenienti da diverse regioni a quello tra gli italiani “di vecchia generazione” e i cosiddetti “nuovi italiani” che vengono da altri stati o continenti). Inoltre, per poter realizzare il prodotto finale, l’insegnante è riuscito a coinvolgere altri docenti che hanno cooperato assieme per la realizzazione del cartellone. Nell’altra classe in cui è stato avvertito il problema, purtroppo, per limiti di tempo si è dovuto rinunciare alla seconda fase del progetto.

Tuttavia, l’anno prossimo l’attività sarà recuperata e permetterà di capire se, crescendo, i ragazzi eliminino eventuali atteggiamenti di leggerezza verificatisi occasionalmente quest’anno nelle altre due classi durante la seconda fase del progetto.

Per approfondire:
• Per la relazione completa dell’intervento e per visionare eventuali schede operative si rimanda alla pagina dell’istituto comprensivo statale di Cogollo del Cengio sul sito del Lions Clubs International.

Federica Pasin