ClanDESTINI (quattordicesima puntata)
L’agrumeto si estendeva per pochi ettari fino a un fondale di cielo turchese ritagliato tutt’intorno al cono nero dell’Etna. Un angolo di paradiso in cui l’uomo si era limitato a potare le piante, costruire un casale… e un campo di bocce.
“Perché mi hai fatto venire qui, oggi? Quello che imbarila i suoi rifiuti tossici e li passa a noi, ce l’ho pure in antipatia. E il suo picciotto sembra Tarzàn in fresco di lana e cravatta.”
Il Ragioniere si tolse l’auricolare e lo mise in tasca “Muto che stanno arrivando, prima i parari mastica i paroli” gli ordinò “l’affare è ormai concluso da tempo con tutti, mancava solo questo di Verona, che come fatturato non è nemmeno tanto grosso ma non ha rispetto e ancora contratta .Ora ce lo mandano per l’ultima parola…”
“Così per far vedere che è importante è venuto con la guardia del corpo…”
“Si conoscono tutti ‘sti vastasi del nord… poi ci riempiono la nave… mica ammazzare lo possiamo!” disse il Ragioniere.
L’altro si toccò il lungo rilievo che faceva il giubbetto sotto l’ascella. “Va bene, lu sceccu unni voli u patroni” si rassegnò.
Di lì a poco i due uomini del nord uscirono dal casale e si avviarono verso i siciliani.
Il Ragioniere e don Calogero mentre li aspettavano tirarono fuori le birre dal frigo portatile e le stapparono.
“Non capisco perché mi hai fatto venire accà.” Calogero Valaci li osservò avvicinarsi pieno di disprezzo “guardali come escono dal casale soddisfatti, un buon affare hanno fatto!”
L’altro ammiccò “Minchia, si sono tolti un peso dallo stomaco… magari diverse tonnellate” poi guardò don Calogero “Ti devo dare una commissione: un ragazzino africano pericoloso assai. Da cancellare prima di subito, ecco la busta con la foto e i dettagli dell’operazione.”
L’altro si chinò per posare le bottiglie accanto ai bicchieri e raccogliere le bocce. Voleva nascondere la smorfia di annoiato disgusto che quegli incarichi gli procuravano. “Dove lo trovo?” chiese infilandosi la busta in tasca.
“A Montelusa, all’Ospedale… dove sta tuo figlio Totuccio.” il Ragioniere s’interruppe e si rivolse ai due che li avevano raggiunti “Che dite? Una partitina per digerire, le bocce uno sport completo sono.”
“Ghe ne saria tante da dire, visto che la vita la xe cossì varia. Tò, varda” si interruppe e guardò i siciliani “varda che posti che avete qui…” l’industriale fece ancora una pausa e si guardò intorno ammirato “Mi son de Legnago ma se stessi qui, farei come voi, non lavorerei mai!”
I siciliani lo guardarono in silenzio.
Tarzàn ridacchiò raccogliendo le bocce “Be’ una partita sola,” concesse “l’aereo del cavaliere deve rientrare. E poi loro sono certamente più allenati, siamo sfavoriti, non possiam vincere.”
La partita andò avanti per un po’ con cortesi apprezzamenti reciproci sui tiri andati a segno. Effettivamente i due siciliani però conducevano con parecchi punti di distacco.
“E come sai che sta all’Ospedale?” chiese a un certo punto don Calogero sottovoce.
“Me l’ha detto lui… è un clandestino, appena sbarcato, è stato subito individuato dalla polizia, ma era ferito e l’hanno ficcato in ospedale.”
“E la polizia non ha segreti per lui, vero?”
Il Ragioniere annuì e si rivolse ai veneti “Allora l’ultimo giro… però siamo troppo avanti, cambiamo le regole, non mi piace vincere facile, facciamo vincere chi accosta una boccia più vicino al boccino.”
“Lu le generoso” sorrise il cavaliere veronese “ma attento la generosità non paga mica.”
I siciliani si guardarono.
“Quello è il delitto” lo corresse Tarzàn sbottonandosi la giacca di fresco di lana ed esponendo con naturalezza l’automatica nella fondina. Si tirò su la manica destra.
“Paga, paga…” osservò melanconicamente don Calogero “poi c’è delitto e delitto.”
La giornata era adesso di una dolcezza struggente, l’aria profumata, il sole tiepido e le arance sanguigne sui rami sembravano note su uno spartito. Il Ragioniere s’era un po’ distratto, tranquillo di vincere la partita e ottenere quello che gli interessava. Comunque aveva piazzato l’ultima boccia verde a due dita dal boccino, un tiro da maestro. Agli uomini del nord non rimaneva che una possibilità.
Tarzàn fece finta di prendere la mira e spedì la boccia rossa in una corsa dritta e regolare. E fortunata. Arrivata davanti al boccino, gli si accostò, poi si appoggiò toccandolo teneramente.
Il Ragioniere guardò esterrefatto Valaci. Calogero fece una piccola smorfia, ficcò la mano sotto il giubbotto, estrasse un enorme revolver col tamburo e la canna di acciaio cromato ed esplose un solo colpo. Nell’agrumeto si udì il boato della Smith & Wesson 500 e la boccia vicino al boccino si disintegrò in un pulviscolo rosso.
“Non c’era altro da fare che bocciare” si scusò quasi col Ragioniere.
Gli altri lo guardavano con gli occhi di fuori.
“Una Smith & Wesson 500, il calibro più grosso e potente in commercio negli USA…”
“Nelle occasioni in cui siamo in difficoltà” spiegò il Ragioniere ai veneti impietriti “il mio braccio destro lancia la moneta, mentalmente fa testa o croce. Croce è uscita, fortuna per voi!”
I veneti risero con allegria forzata. Non ci furono più contrattazioni.
***
Suor Annunciazione entrò nella sua stanza e si sedette alla scrivania dove c’era il lavoro di sbobinatura delle storie di Didier e Kamal che aveva lasciato a metà.
Didier era a letto piuttosto provato per l’operazione alla gamba e le era sembrato simpatico occuparsi di lui e di Kamal per la storia dei fumetti da fare a scuola per ‘Banchi di nuvole’. Guardò gli appunti che aveva preso, accese il registratore, controllò che non ci fossero altre narrazioni e diede gli ultimi ritocchi al pezzo che i due clandestini le avevano fatto scrivere.
“L’Uomo Mascherato corre. Se corri conosci meglio un posto, a piedi si vede bene quello che sta intorno, si entra più lentamente dovunque e si esce sempre piano piano; senza il motore il posto dove vai lo rispetti, gli dai un po’ del tuo tempo e onori i suoi tempi. In Africa le auto sono poche, tutti camminano per andare da una parte all’altra. L’Uomo Mascherato ha il suo costume con gli stivali, Didier ha i pantaloni lunghi, Kamal i pantaloncini, e sbaglia. Prima hanno corso in piano, corrono sull’erba, poi prendono un sentiero che comincia a salire. Diavolo, non si capiva se un lupo o un cane, segue il padrone.”
Suor Annunciazione sorrise perché, da quel punto in poi Didier aveva cominciato a parlare in prima persona, decise di lasciare il racconto così come lo aveva buttato giù coi due ragazzi. Si pentì anzi di aver migliorato la narrazione eliminando errori e inesattezze.
“L’Uomo Mascherato mi precede e sta bene in Africa, come stava in Asia. Non parla e continua a salire. Io gli sto dietro e pure Kamal, è una bella fatica. Ci si chiude attorno la giungla, non è più possibile andare di corsa, la strada è interrotta dalle radici degli alberi, dalle liane, dai sassi. Schizziamo via l’acqua di piccoli rivoli. Le gambe di Kamal sono irritate, la pelle si irrita strusciando sulle piante.
E lui decide di mettersi i calzoni lunghi che aveva nel sacco sulle spalle.
Andiamo avanti in silenzio.
Ogni tanto incontriamo qualcuno che torna a casa dal villaggio, donne, un vecchio col bambino. Ha un bastone di legno per aiutarsi e porta un sacco pieno di manioca. Faccio vedere all’Uomo Mascherato la tana di una bestia scavata dentro un albero, a ogni bivio scelgo la strada giusta, conosco ogni angolo, siamo vicino a casa mia, stavo qui, prima che mi prendessero i soldati.
Dopo circa un’ora sbuchiamo fuori, siamo sotto le antenne dei ripetitori telefonici. Sembrano enormi. Finalmente c’è spazio sopra la testa si vede il cielo ed è pieno di nuvole. Ci sono i tamburi per avvisare o chiamare a raccolta la gente, i tronchi vuoti, e i bastoni di legno. Quello più grande tira fuori un suono profondo. L’altro meno, io cambio dove colpisco coi bastoni e riesco a fare suoni diversi, più acuti o più bassi.
L’Uomo Mascherato si siede sotto i pali dell’antenna e accetta l’acqua che gli dà Kamal, che è abituato al deserto del Sahara e non sta mai senz’acqua.
‘Ora vi dico perché sono venuto in Africa’ comincia ‘Mi hanno chiamato. Qui c’è bisogno di giustizia e allora sono venuto. C’è gente che inganna gli amici oltre a combattere i nemici! Gente cattiva e il più cattivo di tutti è il fratello maggiore della morte! Ma ora sono qui e non riuscirà nei suoi piani. Volete aiutarmi come mi aiutano Diavolo e i pigmei Bandar?’
E noi dicemmo di sì.
‘C’è un carico di armi che deve arrivare, il fratello maggiore della morte lo ha fatto venire dall’Italia, ma non gli serve solo per vincere, più di tutto gli serve per diventare ricco! Ci saranno nuove stragi e distruzioni, sarà versato sangue colpevole e sangue innocente, come sempre. Morti, tanti morti, uomini e donne, ancora tutsi e hutu.’
Io gli dico che hanno già provato ad ammazzarmi.
‘Ti do qualcosa io per difenderti.’ E L’Uomo Mascherato si toglie una delle sue pistole dalla fondina, è una Glock, e la metto nella tasca dei calzoni e sto subito più tranquillo.
L’Uomo Mascherato si sdraia un attimo e Kamal gli chiede ‘Non stai scomodo con questo costume addosso che dà caldo e non ti fa vedere neanche la faccia?’
L’Uomo Mascherato sorride e si toglie la mascherina nera e il cappuccio attillato ed ha la pelle color cuoio. ‘Tu non sei solo bianco’ gli dice Kamal ‘la tua pelle come quella di chi vive sempre all’aperto. Per questo non sopporti le ingiustizie, devi avere sangue degli schiavi dentro di te, come il Presidente Obama.’
E l’Uomo Mascherato lo guarda e gli dice ‘Ma le ingiustizie le odiano anche i bianchi, non ve ne siete accorti nella scuola in ospedale?’
Faccio di sì con la testa ed anche Kamal è d’accordo.
‘Finora sono scappato e basta. Se tu, adesso che sei in Africa, provi ad aiutare le cose nel mio paese io ti posso rivelare quello che so, conosco il posto dove sbarcheranno le armi! Dopo tu augurami buona fortuna per favore, augurami tempo per vivere, che sono troppo giovane per smettere di sperare e questo mi dispiace.’
‘Certo Didier ti auguro tempo per divertirti e tempo per ridere, tempo per crescere e per amare. Avrai tempo per fare e per pensare e anche il tempo che i più non hanno, tempo non solo per te stesso, ma anche per gli altri.’”
(continua)
(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
Le puntate precedenti
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
Calcerano e Fiori