ClanDESTINI (sessantaduesima e penultima puntata)

Se fosse stato un trasporto normale, il più grande porto dove Buruli avrebbe potuto far attraccare le sue tre chiatte era il porto Bukoba, sulla sponda occidentale del Lago Vittoria. Fu la prima cosa che ipotizzò l’Uomo Mascherato, ma era anche la prima cosa da escludere, dato il traffico di traghetti che c’era nel porto di Bukoba.
Sperò quindi che il Fratello maggiore della morte decidesse di sbarcare le armi in una zona a Nord della città, dove lui sarebbe potuto arrivare in anticipo; d’altro canto tutto dipendeva dal tipo di mezzi che aveva usato per trasportare le casse.
Se si era servito di battelli, allora avrebbe avuto bisogno di un’area portuale, ma se era riuscito a usare le chiatte poteva ormeggiarle con più facilità lungo una sponda nascosta del lago. Non c’era che affidarsi all’intuito e alla fortuna.
“Ma il nostro compito è aspettarlo in un luogo opportuno” gli obiettò Didier “nel caso lui stia arrivando da Nord, via terra”.
“Certo, però voglio essere pronto a tutto… è un’abitudine, sai, la leggenda lavora quasi da sola contro i suoi nemici, che sono i nemici di tutti”, fece una pausa “per questo cercheremo di posizionarci in un posto strategico che sia sulla sua strada se viene da terra e, nello stesso tempo, rappresenti una zona ideale per un suo eventuale sbarco”.
Didier scosse la testa “Se sta traversando il lago, un aereo da combattimento riuscirà ad affondarlo con facilità…” il ragazzino si bloccò a metà della frase, aveva visto, in lontananza, in mezzo alla boscaglia la sagoma di un lupo che si avvicinava a loro”Diavolo!”
La bestia correva a gran velocità, scansando agilmente ogni ostacolo del terreno impervio. Dopo un’ultima galoppata, spiccò un balzo e con le zampe anteriori finì sul possente torace dell’Uomo Mascherato. Anche Didier si strinse a loro in un grande abbraccio che durò a lungo.
“Questo significa che i Bandar con cui stava Diavolo non sono molto lontani, andiamo loro incontro cercando d’individuare, non lontano dalla costa, il posto con le caratteristiche migliori per affrontare Buruli”.
Dopo queste parole dell’Uomo Mascherato tutti ripresero il cammino.

Nel frattempo, dall’altra parte del lago, l’Harrier II, ultimato il rifornimento di carburante in volo, aveva iniziato a seguire la rotta indicata da Mister Clumper. Il pilota aveva scelto una velocità di crociera ridotta: stavolta non poteva avvalersi dei segnali del satellite, ma doveva affidarsi soltanto ai propri occhi.
La navigazione sul grande lago africano era costituita principalmente da traghetti, ma anche navi commerciali solcavano le sue acque.
La visibilità era buona e la luce ancora più che sufficiente, per quanto riguardava l’armamento gli era rimasta solo una bomba a caduta libera da 750 libre ma aveva ancora integra la dotazione di 4 missili aria superficie Maverick a guida termica. La parte più difficile dell’impresa era proprio l’individuazione del bersaglio, dato che, anche a velocità ridotta e a bassa quota, le imbarcazioni sul lago scomparivano presto dalla sua vista. Altri problemi non vedeva in questo supplemento di missione, l’Harrier II era nato come un aereo da attacco al suolo con l’unico neo di limitate capacità di autodifesa… ma chi l’avrebbe attaccato?
Avesse avuto un F-35 sarebbe stato più sicuro, dati gli avversari a terra, non certo se ci fossero stati altri aerei per un duello, dato che, secondo lui, l’F-35 era inferiore ai suoi concorrenti russi e forse perfino ai cinesi nel duello aereo.
Sospirò. Non aveva più l’illusione dei giovani piloti più interessati alla qualità del giocattolo che guidavano che al contesto generale.

“Abbiamo trovato una postazione ideale”. Gundar, il capo dei pigmei, stava indicando un tratto di terreno sopraelevato e fitto di cespugli non lontano dalla sponda del lago e dalla strada che la costeggiava. “Qui possiamo rimanere nascosti in attesa degli eventi”.
L’Uomo Mascherato approvò e la tribù dei Bandar si mise in marcia verso la collinetta.
“Staremo nascosti” disse Didier mentre carezzava Diavolo che gli si era avvicinato cordiale”, ma con scarse protezioni, ci sono pochi massi e rischiamo di essere falciati dalle mitragliatrici”.
“Non ci serve una postazione di difesa” replicò il capo dei pigmei “appena vedremo arrivare Buruli sulla strada lanceremo un primo attacco silenzioso, a sorpresa, e poi a raffica, attacchi più diretti e con le armi da fuoco”.
L’Uomo Mascherato aveva individuato il masso più alto e stava arrampicandosi fino in cima; anche per lui, come per il pilota, la parte più difficile dell’impresa consisteva nell’individuazione del bersaglio.
Si era piazzato su una sorta di alto monolite e, finalmente, aveva una notevole visuale della zona circostante: la strada asfaltata scendeva da Nord diretta a Bukoba e il traffico di mezzi pesanti era scarso. Anche sul vasto tratto di lago che si estendeva sotto i suoi occhi, scorgeva solo una nave mercantile e due traghetti diretti più a Sud, al porto di Bukoba.
Tirò fuori dalla custodia che aveva a tracolla un potente binocolo e scrutò lungamente tutta la costa e poi il lago. Niente, non c’era nulla che attirasse particolarmente la sua attenzione. Staccò gli occhi dal binocolo e guardò in basso: i suoi guerrieri stavano posizionandosi, nascosti tra i cespugli e i pochi massi. Didier con Diavolo al seguito discuteva con Gundar: erano alti uguali, ma la cosa più incredibile era che tutti e due, il ragazzino e l’uomo, avevano esperienze di battaglie cruente. Di attacchi, di corpo a corpo, e di crudeltà che segnano per la vita intera.
L’Uomo Mascherato non riusciva a distogliere il pensiero da quello che doveva essere stata la vita di Didier fino a quel momento, l’esperienza della scuola-ospedale in Italia l’aveva veramente introdotto in una dimensione diversa? E il ritorno in Ruanda non rischiava di precipitarlo insieme ai fantasmi del passato?

Scacciò quest’ultimo pensiero e riprese il binocolo.
In un punto alto sopra l’orizzonte delle acque del lago intravide un aereo. Cercò di metterlo a fuoco, ma era troppo lontano.
Si ricordò che a Bukoba c’era un piccolo aeroporto, ma quello non era un aereo da turismo… sì, poteva essere un aereo da combattimento.
Puntò il binocolo sulla vasta superficie del lago: era comparsa una novità rispetto a quello che aveva visto prima.
In lontananza vide tre enormi chiatte trainate da tre rimorchiatori, cercò d’individuare che cosa trasportavano e vide soltanto ammassi ordinati di casse di legno.
La lontananza non permetteva di scoprire nulla di più, così l’Uomo Mascherato prese il cellulare e digitò il numero del Generale.
“Sul lago ho avvistato tre mezzi di trasporto che potrebbero essere quelli che cerchiamo, dica al suo pilota di sorvolare a bassa quota tre chiatte di grandi dimensioni trainate dai rimorchiatori… certo non possiamo capire cosa trasportano, ma finora non ho trovato altro da segnalare”.
“Va bene, Clumper, anche lui non ha trovato nulla finora… Da terra non ci sono novità?”
“Sono in un punto d’osservazione strategico, ma non vedo ancora arrivare niente sulla strada da Nord. Ripeto, finora l’unica anomalia e quest’eccezionale trasporto di casse sul Vittoria”.
Il Generale annuì “Lo segnalo subito, dobbiamo accelerare il più possibile”. Poi decise di scoprire la carta, “Ho inviato un mio uomo in Somalia per incastrare Hansen, ma anche per interrogarlo… sospetto che sia stato una pedina di un gioco molto più grande”.
“Per me è più di un sospetto”.

Le tre chiatte viaggiavano in parallelo, il Fratello maggiore della morte era nella prima a destra, con l’interprete, suor Annunciazione e Kamal, un gruppetto di uomini armati e il suo luogotenente, nonché guardia del corpo. Quest’ultimo, un colosso di quasi due metri con bicipiti grandi come noci di cocco, aveva trovato strana l’interruzione delle comunicazioni con il convoglio “nessuno degli autisti si è fatto sentire” gli aveva detto “e quando io ho tentato di mettermi in contatto, i cellulari erano muti”.
“Non ti preoccupare, sarà la zona in cui viaggiano, ora abbiamo ben altro cui pensare”.
L’interprete afrikaner si avvicinò ai due “Ho lasciato legate solo le mani alla monaca e a questo Kamal, così sarà più facile sbarcarli. Vedo che non manca molto”.
“Sì, la costa laggiù ci consente di attraccare” confermò Buruli “manderemo via i rimorchiatori e stanotte faremo venire dei camion da Bukoba che ci porteranno con le armi direttamente in Ruanda”.
“Hai proprio pensato a tutto… ma se qualcuno cerca d’interessarsi da vicino a tutto questo?” chiese l’afrikaner allargando le braccia e indicando le casse.
“Non ci mancheranno certo le armi” sorrise Buruli “per far cessare la sua curiosità”.
Il luogotenente puntava un dito verso il cielo “Quell’aereo è la seconda volta che ci passa sopra. È da guerra!”
Tutti e tre rimasero a fissarlo, immobili.
“Nelle casse più lunghe abbiamo gli M20” disse Buruli “i Super Bazooka con le munizioni da 89 mm. e abbiamo anche una cassa di lanciarazzi”.
“Gli M20 sono armi anticarro, come facciamo a sparare a un aereo da combattimento” gli obiettò il luogotenente” se la linea di tiro deve essere perfettamente orizzontale?”
“Tu apri subito una cassa, prima che ci spari lui!”
L’uomo prese una spranga e aprì una cassa più lunga delle altre, scardinando il coperchio.
Buruli sollevò un Super Bazooka, tolse la carta oleata e sul fondo prese un grande proiettile a carica cava “Sbrigatevi, infilate questo razzo da 5 kg nel tubo e qualche problema riusciremo a darglielo a quel pilota”.
“La nostra gittata non raggiungerà mai l’aereo…”, provò a osservare ancora il colosso nero che non obbedì all’ordine.
Il pilota dell’Harrier II aveva notato il movimento intorno alle casse nella prima chiatta e non aveva avuto più dubbi: quelle tre imbarcazioni erano il suo bersaglio. Anche nelle altre due c’era movimento e dappertutto si vedevano uomini armati.
“Generale, comunichi pure a Mister Clumper che mi accingo ad affondare le tre chiatte da lui segnalate”.
“Aveva ragione lei, ci avevano ingannato con i camion, ma adesso finalmente siamo arrivati alla conclusione delle operazioni, e” aggiunse il Generale “le armi dirette in Ruanda finiranno sul fondo del Lago Vittoria”.
Il pilota chiuse la comunicazione e guardò l’ala destra dove erano agganciati i missili a guida termica aria-superficie, inquadrò la prima chiatta e premette il grilletto rosso.
Il missile si staccò dall’ala dell’Harrier II, viaggiò verso il lago e puntò sulla prima chiatta. L’uomo alla guida del rimorchiatore fece appena in tempo a sganciarsi che il missile raggiunse il bersaglio ed esplose.
Le altre due chiatte si allontanarono il più velocemente possibile prima di essere investite dalle successive esplosioni delle munizioni. Il pilota sorvolò in velocità la scena “Meno una!” esclamò a voce alta, poi effettuò una virata e tornò indietro.
Le altre due chiatte procedevano ormai separate verso la costa, quando il pilota premette ancora il grilletto rosso. “Va a trovare tua sorella minore, Buruli!”
Anche sulla seconda dopo l’impatto con il missile si succedettero una serie di esplosioni, fino a quando le acque del lago non inghiottirono tutto. Era rimasta solo la chiatta di Buruli trainata dal rimorchiatore, gli altri due mezzi si erano allontanati velocemente.
L’aereo da combattimento stava tornando indietro, dopo una lunga virata, per completare la missione. Si era molto abbassato di quota e puntava dritto sul trasporto delle armi rimasto.
L’interprete afrikaner si piazzò sulla spalla il potente bazooka, s’inginocchiò e puntò l’arma in direzione dell’aereo.
Il grosso luogotenente sporse il braccio in avanti e gridò”Nooo!”
Ma l’afrikaner premette ugualmente il grilletto. Dal tubo non uscì nulla, allora premette nuovamente il grilletto, con più forza, due, tre volte, finché il tubo non esplose violentemente.
La testa dell’interprete afrikaner si staccò di netto dalle spalle e rotolò fino ai piedi di suor Annunciazione e Kamal.
“L’avevo detto” urlò il luogotenente a Buruli “il Super Bazooka è un’arma anticarro, capace di perforare le corazze più spesse, ma che non può esser inclinata così tanto da annullarne la gittata!”
“Sta’ zitto cervellone. Non sarebbe successo se avessi trovato la cassa dei lanciarazzi… piuttosto dimmi se i missili che lancia l’aereo sono a guida termica?”
“Naturalmente” annuì l’altro.
“Bene, eccolo che torna”. Buruli gli indicò l’Harrier II che stava per lanciare il suo terzo missile, poi si caricò sulle spalle il bazooka e aspettò.
Nel momento in cui il Maverick si sganciò dall’ala, Buruli lanciò il proiettile parallelo alla superficie del lago.
Il pilota vide il suo missile prima dirigersi verso la chiatta e poi inseguire il grosso proiettile da 89 mm. Scomparvero tutti e due sotto di lui e dopo un attimo udì una fortissima esplosione.
Una tremenda onda d’urto investì, come un pugno sullo stomaco, l’aereo che debordò immediatamente verso la superficie dell’acqua.
Il pilota vide l’ala sinistra inclinarsi pericolosamente e toccare le onde. L’impatto fu sufficiente a scagliare la fusoliera nel lago. In pochi istanti l’Harrier II s’immerse nel lago Vittoria.

* * *

Dopo l’euforia sfrenata per lo scampato pericolo gli uomini di Buruli avevano ripreso il viaggio. Ora il rimorchiatore aveva posizionato la chiatta vicino alla sponda ed erano cominciate le operazioni di scarico.
Il sole era tramontato e sul lago Vittoria già calavano le prime ombre.
“Siamo almeno riusciti a salvare un terzo delle armi” il luogotenente di Buruli con le sue braccia possenti portava il carico di due uomini, “quando arriveranno i camion a prelevarle?”
Buruli non rispose.
A cinquanta metri dalla sponda del lago aveva fatto schierare una linea di uomini armati di mitra per proteggere le operazioni di scarico, ma indubbiamente era allo scoperto e questo non gli piaceva.
L’uomo a cui aveva affidato la monaca e il ragazzino li trascinò, con le mani ancora legate, davanti a lui.
“Rimani con loro per tutta la durata dell’operazione, poi quando arriveranno i camion, li porteremo con noi in Ruanda”.
L’altro fece cenno di sì con la testa… portò di scatto una mano al collo e cadde in terra.
Buruli gli si avvicinò, gli spostò la mano e vide un pezzetto di legno scuro conficcato nel collo dell’uomo “Un dardo avvelenato. Siamo attaccati!” urlò ai suoi”Sventagliate con i mitra davanti a voi e riparatevi dietro le casse”.
La linea di fuoco fu diretta verso la boscaglia, poi gli uomini di Buruli arretrarono e si nascosero dietro le casse delle armi.
Il Fratello maggiore della morte scrutò la situazione: erano costretti in difesa. I nemici forse avrebbero evitato un attacco frontale ma, ugualmente, li avevano costretti in difesa sulle sponde del lago. Nell’arretramento altri due uomini crollarono a terra con una mano sul collo.
“Laggiù,” indicò alcune casse al suo luogotenente”andiamo vicino agli esplosivi”.
“Se ci spareranno salteremo in aria!”
“Fai come ti dico, voglio prendere bombe a mano e granate e snidare questi maledetti. Tra poco sarà buio e per noi sarà peggio”.
Il giovane Kamal guardò ai suoi piedi l’uomo colpito dal dardo avvelenato: aveva infilato nella cintola un lungo coltello. Si chinò, lo sfilò dal fodero e avvicinò le mani legate alla lama. Per fortuna Buruli in quel momento non lo guardava, così riuscì a tagliare la corda. Poi si avvicinò a suor Annunciazione e ripeté l’operazione.
“Dobbiamo allontanarci” disse sottovoce alla suora, “mi è venuta un’idea, cerchiamo di raggiungere il rimorchiatore laggiù”.
Prima di voltarsi Kamal guardò nuovamente il cadavere dell’uomo e prese dalla fondina un grosso revolver.
“Meglio questo!” disse lasciando il coltello.

* * *

“Lo devo prendere vivo”, confermò l’Uomo Mascherato ai suoi, nascosti dietro le poche rocce”Buruli è l’anello principale di una grossa catena ai piedi e alle mani di questa regione e lo voglio portare di fronte al tribunale internazionale dell’Aja”. Disse queste ultime parole guardando Didier.
“Per quello che ti ho detto di aver sentito a casa sua?”
“Sì, un piano diabolico, il massacro e le atrocità messe in atto con quelle armi avrebbe, poi, giustificato un intervento umanitario con la definitiva conquista dell’economia dell’area da parte d’alcune multinazionali e di alcuni stati ‘volenterosi’. Per questo dovrà testimoniare ed essere giudicato per i suoi crimini”.
“Penseremo noi” assicurò Gundar, il capo dei Bandar “a eliminare tutti i suoi uomini, uno a uno se necessario”.
“Si sono piazzati dietro le casse, ma non vedo Buruli”. Didier aveva in mano la sua Glock, non aveva ancora sparato un solo colpo.
L’Uomo Mascherato lo guardò “Ti lascio la pistola per difesa e stammi pure vicino. Lo sai cosa voglio da te?”
“Che non uccida più nessuno!”
“Questa sarà la tua vittoria, insieme alla cattura di Buruli e adesso cerchiamo di trovarlo”. Poi esitò un istante “La tua vittoria sarà il tuo futuro, tanto diverso dal tuo passato!”
“Mi piacerebbe diventare un peacekeeper, se ci riuscirò… ma con la tua guida ne sarei… potrei esserne capace”.
“Lo sarai, promettilo a te stesso. Ha più valore questo intento fatto durante una battaglia…”.

L’imbarcazione era vicina alla riva, circondata dai giacinti d’acqua, e il marinaio aveva calato una corta scaletta verso di loro, così suor Annunciazione e Kamal erano riusciti a salire sul rimorchiatore, certi di non essere stati visti.
“Io non voglio rimetterci la pelle” disse il marinaio spaventato “sto aspettando il momento giusto per riprendere il largo, il momento in cui a nessuno venga in mente di sparare a un battello in movimento. Di solito porto cibo e medicine, collaboro con Urgently e altre ONG…”.
“E porterai via anche noi due”. Gli impose suor Annunciazione.
“Solo te, Nunzia!” Kamal si era avvicinato al bordo del rimorchiatore “Devi metterti in salvo e ritornare in Italia…”.
“Non ti lascio solo, nel cuore dell’Africa, in mezzo a una battaglia!”
“Tu mi hai portato fin qui e ora sono certo che Didier è vicino, per questo posso farti una promessa”.
La suora era sconvolta, guardava quel ragazzo determinato e le venivano le lacrime agli occhi “Che vuoi fare?”
“Ti riporterò Didier: torneremo tutti e due in Sicilia, ma ora non posso proteggere te e prendere il mio amico. Saresti d’impaccio, non ti offendere! A Nairobi ci sono le tue consorelle che ti aiuteranno a rientrare dove sei più utile, in Italia, nella tua scuola-ospedale”. Kamal guardò il marinaio “Deciditi a partire, tornate dall’altra parte del lago in Kenia”.
Si voltò e si gettò in acqua. Con poche, faticose bracciate raggiunse la chiatta, ci salì sopra e li salutò con la mano.
Ora doveva riordinare le idee: chi poteva aver attaccato Buruli con dardi avvelenati se non i pigmei agli ordini di Phantom? Non poteva essere altrimenti: lui era vicino e con lui trovare Didier sarebbe stato molto più facile.
Doveva infilarsi di nuovo nella battaglia senza farsi ammazzare da una delle due parti. Certamente doveva aspettare che si facesse più buio… poi vide la sua valigia, gettata da una parte.
Lo aprì, prese il binocolo e studiò la sponda e il suo retroterra. Buruli e il colosso nero che lo seguiva si erano nascosti dietro una pila di casse, ne avevano aperta una e avevano prelevato bombe a mano e granate: avevano deciso di giocare pesante!
Ma evidentemente aspettavano il momento propizio per aprirsi un varco.
Kamal rivolse il binocolo oltre la sponda, sulla boscaglia… sembrava che non ci fosse nessuno, i pigmei si erano nascosti bene. Lo puntò sui massi, sperando di poter individuare qualche presenza… finché, da dietro una roccia, non vide uscir fuori l’Uomo Mascherato e Didier.
I due raggiunsero Diavolo che li aspettava più avanti, dietro un cespuglio.
L’aveva trovato! Ora doveva fare in modo che loro trovassero lui.
Guardò la valigia aperta ma esitò un attimo.

Nella battaglia che infuriava sulla sponda del lago Vittoria, i colpi sparati al buio dagli uomini di Buruli avevano raggiunto alcuni pigmei. L’errore da parte loro fu rispondere al fuoco perché vedendo da quale parte della boscaglia provenivano gli spari, il Fratello maggiore della morte, distribuì ai suoi le granate e le bombe delle altre casse e cominciò un lancio nutrito.
Dopo circa due ore, i morti da entrambe le parti erano numerosi. Nel frattempo l’Uomo Mascherato e Didier, guidati da Diavolo, avevano fatto un lungo giro per arrivare dietro alle casse degli esplosivi, dove erano nascosti Buruli e il suo luogotenente.
La zona era buia e l’uomo, il ragazzo e il cane cercavano di confondersi con ogni asperità del terreno e con i cadaveri dei caduti, come tre ombre che si allungavano sul terreno.
L’ultimo tratto che li separava da Buruli e dal gigante nero era allo scoperto e sarebbero stati certamente avvistati.
“Fermati qui” disse l’Uomo Mascherato a Didier, io e Diavolo basteremo”.
“E poi non vuoi che spari… Come farai a prenderlo vivo?”
Phantom non rispose, si era già spinto avanti con il lupo al suo fianco.
Il luogotenente li avvistò per primo, si scagliò verso di loro con le possenti braccia protese in avanti, come un ariete. L’Uomo Mascherato non arretrò e fece partire un uppercut al mento del colosso che, a sua volta, centrò con un pugno il torace dell’avversario.
Diavolo puntò su Buruli che seguiva la scena con una bomba in una mano e una pistola nell’altra. Sparò contro il lupo che riuscì a schivare il proiettile saettando di lato.
Il Fratello maggiore della morte stava per esplodere un secondo colpo quando vide Didier venire avanti con la Glock in mano.
In quello stesso istante l’Uomo Mascherato assestò un diretto alla mascella dell’uomo, si sentì il rumore secco della mandibola rotta. Il luogotenente crollò a terra, sulla guancia, impresso, aveva il segno del teschio lasciato dall’anello di Phantom.
Buruli premette di nuovo il grilletto, inutilmente… la pistola si era inceppata. Allora strappò la spoletta con i denti e scagliò la bomba a mano verso Didier paralizzato dalla paura che quell’uomo ancora gli incuteva.
A terra il colosso nero aveva la mascella rotta e il sangue che gli usciva dalla bocca, stava perdendo i sensi dal dolore, ma fece a tempo a vedere lo scatto dell’Uomo Mascherato che si lanciava su Didier, scaraventandolo a terra.
L’esplosione avvenne accanto ai due corpi avvinghiati. Quando l’eco si placò il rosso del costume di Phantom era intriso di un’altra gradazione di rosso.
Sotto di lui Didier respirava ancora e sentì che il suo destino stava per compiersi: Buruli, con un ghigno sul volto, aveva raccolto il mitra di morto, era finalmente arrivato il momento che aspettava da tanto tempo. Dopo gli avrebbe tagliato la testa e l’avrebbe messa su una picca, come monito per gli altri soldati bambini.
Puntò l’arma, ma si udì un colpo isolato.
Sul viso del Fratello maggiore la lunga cicatrice si contrasse, poi piegò le ginocchia e cadde a terra… in mezzo agli occhi aveva un foro scuro e slabbrato.
Didier voltò la testa verso il lago e vide una strana figura con un revolver in mano che avanzava in mezzo ai giacinti d’acqua.
La figura si avvicinò, guardò Diavolo che sanguinava a una zampa e zoppicando si accostava a Phantom.
“Kamal!” urlò Didier “Mi hai salvato la vita… Tu e l’Uomo Mascherato mi avete salvato la vita”. Kamal si chinò sul corpo di Phantom, scosse la testa e accostò l’orecchio alle sue narici, poi gli toccò il collo. Alzò gli occhi su Didier. “È morto, è morto per noi…”.

Disteso con un profondo squarcio all’altezza delle spalle giaceva l’Uomo Mascherato, Diavolo lo girò e gli leccò ripetutamente il viso, poi si accucciò ai piedi di Kamal, poggiando il muso sulle zampe con l’aria più triste del mondo.
Didier non cessava di fissare la scena, era riuscito a mettersi piegato su un ginocchio, aveva di nuovo una brutta ferita a una gamba e a un piede.
Toccò con entrambe le mani e il corpo del suo eroe morto: un eroe di carta che sanguinava…
Guardò le sue mani e le carezzò, poi gli sfilò l’anello del teschio, lo porse a Gundar “Conservalo tu”.
Il capo dei Bandar ebbe uno slancio. “No, prendilo tu. Non c’è un figlio per continuare la leggenda dell’Ombra che cammina”.
Didier riuscì a rialzarsi su un piede solo “Lui non avrebbe voluto, a causa del mio passato, lo sentivo. Tu devi conservarlo con le sue cose”. Poi si rivolse a Kamal “Io manterrò una promessa che ho fatto a me stesso, anche senza la sua guida”.

***

La battaglia era finita, gli uomini di Buruli, alla morte del capo, si erano immediatamente arresi.
I Bandar sulla sponda del lago Vittoria avevano ammucchiato le casse con le armi. Quattro di loro avevano sollevato il corpo di Phantom e lo avevano posto in cima alle casse vuote, con le braccia sul petto. Serviva altra legna.
Gundar, come avevano fatto i suoi avi prima di lui, dispose per il necessario. Il compito di sepultor era stato assunto, infatti, con Turan, il primo capo dei Bandar nei confronti del primo Phantom che li aveva salvati dalla schiavitù dei Wasaka. Il rito era proseguito nei secoli.
Il capo dei Bandar non aveva lacrime negli occhi mentre parlava con Didier e Kamal “Assisterete al rito funerario perché siete anche voi, come la mia tribù, tra i pochi che conoscono il segreto dell’Uomo Mascherato: la sua immortalità fa solo parte della leggenda! Mio padre Buran aveva accompagnato nell’ultimo viaggio Kit, suo padre, ma c’era un figlio per continuare la leggenda, ora non c’è. La leggenda dell’Ombra che cammina tra gli uomini facendo del bene e combattendo il Male, finisce. Tra i Bandar c’è l’incarico di Sepultor che spetta al capo o allo sciamano, io ricopro entrambe le funzioni. E seppellisco ora l’uomo più buono del mondo che sacrifica tutto per gli altri: un eroe di carta, si dice, perché uomini così se ne trovano raramente. Fortunati i vecchi Phantom che avevano solo la fratellanza Singh, i Pirati, come nemici, ora ci sono forze molto più potenti e infide”.

Tacque, la pira era diventata imponente, con un gesto solenne prese una torcia e appiccò il fuoco.
Per tutta la notte, sulla sponda occidentale del lago Vittoria, si levarono alte le fiamme di quella storia, fino al sorgere del sole.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

TUTTE LE PUNTATE PRECEDENTI


L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

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