Carlo Verdone si allea con gli storici
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In margine alla rovente polemica sulla “espulsione” della Storia dalla maturità 2019.
Nella prova dell’Esame di Stato 2019 non ci sarà il tema di indirizzo storico: così ha deciso la commissione che ha lavorato alla riforma conclusivi delle prove. Il professor Luca Serianni, presidente della commissione, accademico e noto storico della lingua, ha spiegato che la storia, comunque, sarà presente nelle tracce dei saggi e dei temi. Gli storici, con le loro associazioni, però non concordano, anzi vedono in ciò un restringimento del ruolo dell’insegnamento della storia nella secondaria superiore, e hanno scritto al Ministro Marco Bussetti affinché si rimedi “a tale errore” (Fulvio Cammarano – presidente della Società per lo studio della storia contemporanea); per altri noti storici è addirittura “segno di incuria”(Simona Colarizzi – professore ordinario all’Università di Roma La Sapienza, si Il Corriere della Sera). Abbiamo chiesto a Carlo Verdone, che con il suo cinema ha raccontato, a suo modo, una piccola ma significativa “storia” dei tipi italiani degli anni Ottanta, cosa ne pensi.
Qual è stato da studente, poi da adulto, il suo rapporto con la materia “storia”?
Essendo un curioso per natura, sono stato sempre attratto dal passato, antico o più recente, necessario per capire il presente. Al liceo la studiavo con piacere. Del resto, sono cresciuto in una famiglia con una madre, Rossana Schiavina, professoressa di italiano, latino e storia e con un padre, Mario Verdone, primo docente universitario, in Italia, a essere abilitato, era il 1965, ad insegnare Storia e critica del film. Il ruolo della storia nella formazione è insostituibile; da anni è entrata in tutte le altre discipline. Infatti ci sono insegnamenti come, che so, storia della medicina, storia della tecnica, storia della musica, storia dell’arte, ecc., consolidati da decenni. E credo altresì ad un ruolo centrale per la Storia generale, quella dei grandi fatti sociali, politici, economici e culturali, insopprimibile nei curricula. Per esempio, se alcuni politici, italiani e stranieri, senza distinzione, conoscessero bene la storia della diplomazia, motore dei grandi fatti storici, dei cambiamenti, dell’evoluzione democratica, si risparmierebbero certe figure barbine in consessi internazionali.
Sappiamo che lei si è laureato in Storia del cinema con una tesi sul muto italiano, dopo aver rimediato la nota bocciatura all’esame della stessa materia da suo padre …
Appunto, avendo preparato con superficialità quell’appello, e, dunque, non conoscendo alcuni importanti autori internazionali della storia del cinema, meritavo la bocciatura. Poi mi sono messo sotto … Un giorno il premio Nobel Gabriel García Marquez mi confessò che quando era studente al Centro Sperimentale di Cinematografia marinava tutte le lezioni pratiche, in quanto, pur essendo nel corso di sceneggiatura, aveva deciso che avrebbe fatto lo scrittore. Così, andava in giro per Roma perché “la città era un libro di storia a portata di mano”. E, poi, aggiunse qualcosa che mi fece davvero piacere: “seguivo solo le lezioni di tuo padre, Mario, che sapeva farci viaggiare sia nella storia dei grandi avvenimenti con Ejzenštejn, Dreyer e Rossellini che nelle piccole storie quotidiane di De Sica e Visconti”.
Alcuni storici suggeriscono di aumentare le ore di storia nel curriculo, del momento che sono rimaste quelle degli anni Cinquanta, ma la Storia non “finisce” più con la Seconda guerra mondiale.
Certo, gli avvenimenti storici, ormai globali, sono sempre più molteplici e fitti, quindi gli argomenti del programma aumentano esponenzialmente. Sarebbe utile aumentare le ore di storia, ma poi andrebbe fatto anche per la biologia, la matematica, la filosofia, la letteratura italiana (non dimentichiamo che siamo un popolo di viaggiatori e scrittori)… Da diversi anni vengo invitato nelle scuole e parlo con presidi, docenti e ragazzi. Il desiderio di conoscere da parte dei giovani è immenso, ma la giornata scolastica in Italia termina alle 13.30-14.00. In Europa e in America si rimane a scuola sino alle 16.30. Gli studenti di altri Paesi svolgono più attività: studio, sport e produzioni artistiche. Una vera riforma della scuola guarderebbe al modello europeo e a quello d’oltreoceano.
Torniamo al suo cinema. Ma è vero che nei licei e nelle università (soprattutto in USA) i suoi film vengono utilizzati per capire come erano l’Italia e gli italiani degli anni Settanta e Ottanta?
Così mi dicono. Mi fa piacere che i miei personaggi contribuiscano a tratteggiare, in piccola parte, la storia del nostro costume; molti ragazzi italiani di oggi, che non hanno vissuto quegli anni, mi ringraziano per aver fissato sulla pellicola quei “tipi”. Mi rendo conto che pur nella piena finzione, i giovani di oggi sanno cogliere il lato documentario e quindi storico di quei personaggi.
Eusebio Ciccotti