Un balletto a prova di Bolle. La fisica del corpo e delle forme
Queste mie riflessioni si propongono una lettura estemporanea di “Notre-Dame de Paris” di Roland Petit al Teatro alla Scala di Milano, una produzione del Teatro Bol’šoj di Mosca. Sul palcoscenico insieme a Roberto Bolle c’era Natalia Osipova, prima ballerina del Teatro Mikhailovskij e dell’American Ballet Theatre, e i primi ballerini Mick Zeni (Frollo) e Eris Nezha (Phoebus). Io l’ho visto in TV. Esmeralda, Quasimodo, Frollo e Phoebus: quattro grandi personaggi dalle forti tinte drammatiche e passionali, impersonati da quattro grandi ballerini.
L’apprendimento informale (quasi inconscio) si sviluppa nello spettatore appassionato, per il complesso coinvolgimento emotivo e intellettuale dell’opera colossale, insuperabilmente interpretata, nella quale ballo, musica, coreografia e scenografia s’integrano in un insieme articolato di forme fisiche e mentali; e per la quale i principi di conservazione della fisica sono messi alla prova (ma allo stesso tempo si manifestano in tutto il loro potere) dallo squilibrio delle forme e dalla intensa psicologia dei protagonisti nelle figure scolpite dai loro corpi.
Sono rimasto molto intrigato dalle dichiarazioni di Roberto Bolle sulle difficoltà incontrate nella realizzazione dell’opera. Bolle, nella modestia che lo distingue, ha riconosciuto che, dopo molte figure classiche di principi, ora si era trovato dinanzi a un protagonista brutto, deforme, sgraziato e per questo deriso, ignorato, isolato, emarginato e rifiutato. Il celebre Quasimodo aveva una gobba, simbolo per eccellenza di tutte le sue disgrazie, e come realizzarla in un ballo? Ebbene, Bolle ha voluto creare delle posture, delle “definizioni del corpo” – invece che indossare un semplice costume – affinché si desse allo spettatore l’immediata percezione di quella celebre gobba e della storpia andatura che essa comportava: il braccio destro alzato a spigolo e la gamba sinistra leggermente flessa. La difficoltà, dice Bolle, è stata quella di conservare questo squilibrio del corpo nella costruzione di tutte quelle delicate armonie rappresentate dalla complessa coreografia. Di solito, la coreografia è fatta di posizioni del corpo ispirate a principi d’equilibrio e di simmetria geometrica che permettono la facile rappresentazione dell’armonia dei movimenti. Questa volta ogni elemento di forza e di debolezza, di gioia e di dolore, di speranza e di delusione doveva essere mostrato da una costante riproduzione di movimenti precisi ma, nel contempo, vincolati dalle nuove “definizioni del corpo”, graziate ma nel contempo sgraziate e frutto di quelle forze estreme e opposte alla radice della narrazione di Victor Hugo: amore-odio, bellezza-bruttezza, sano-malato, vero-falso, giusto-ingiusto. Nell’unico frangente in cui la celebre coppia (Quasimodo-Esmeralda), in una totale estraneazione dalla realtà, si proietta nella purezza del sentimento condiviso, spariscono le differenze e Quasimodo non è più costretto allo squilibrio con il quale il resto del mondo lo guarda.
Operazione possibile solamente grazie all’invenzione di Bolle. Un gioco in cui la fisica della conservazione dell’equilibrio e delle simmetrie si traduce nella conservazione degli squilibri e delle simmetrie infrante. La dinamica complessa del corpo in un complesso corpo di sentimenti, l’armonia delle emozioni nelle emozioni del corpo informe.
Tempo fa, Bolle disse a Vanity Fair: “La mia bellezza è frutto di tanto sudore e di una continua ricerca della perfezione”. Ebbene, questa perfezione è stata piegata e ancor più valorizzata nella costante e continua conservazione degli squilibri delle forme, in un’apoteosi di emozioni forti e passionali, che con un acuto grido dall’anima ha superato ogni bellezza e ogni bruttezza nella purezza dei più nobili sentimenti.
Complimenti Roberto! Invito tutti a fare questa travolgente esperienza.
*** Immagine in testata di Giuseppe Nicoloro/Flickr (licenza free to share)
Arturo Marcello Allega