Novità sulla formazione degli insegnanti nell’UE?
Gli investimenti nella formazione e nel perfezionamento continuo del corpo docente sono molto limitati in tutta l’Unione europea. La formazione continua per gli insegnanti è obbligatoria soltanto in undici Stati membri, senza che peraltro gli insegnanti siano esplicitamente tenuti a seguire questo tipo di formazione in tutti questi Paesi. Laddove esiste la possibilità di seguire una formazione, in genere questa non supera le 20 ore all’anno. In nessuno Stato membro la formazione minima obbligatoria supera i cinque giorni all’anno e nella maggior parte dei Paesi sono obbligatori soltanto tre giorni di formazione all’anno. Peraltro, il fatto che la formazione continua possa essere obbligatoria non indica assolutamente quale sia il reale tasso di partecipazione. Per quanto riguarda i nuovi insegnanti, soltanto la metà dei Paesi europei offre loro un qualche tipo di sostegno a livello sistematico nel corso del primo anno di insegnamento. Soltanto in un terzo dei Paesi esistono contesti specifici per aiutare gli insegnanti che hanno difficoltà nello svolgimento del loro lavoro.
Va notato che la maggior parte degli insegnanti, sia nel ciclo elementare, sia nel ciclo superiore, sono donne. Nel 2002, praticamente in tutti i Paesi europei, oltre il 70% degli insegnanti del ciclo elementare erano donne. La percentuale di donne insegnanti nel ciclo inferiore dell’istruzione secondaria non è così elevata come nell’istruzione elementare, mentre la percentuale delle donne nel ciclo superiore della scuola secondaria è meno evidente, tuttavia esse superano gli uomini in quasi tutti i Paesi.
La disponibilità di insegnanti dipende da un certo numero di fattori, fra cui la retribuzione. Vi sono notevoli differenze tra i Paesi per quanto riguarda gli stipendi degli insegnanti rispetto agli stipendi medi e al prodotto interno lordo (PIL). Nel Lussemburgo e in Germania gli stipendi degli insegnanti sono elevati rispetto al reddito medio nazionale. Gli stipendi massimi più elevati rispetto al PIL pro capite si registrano in Portogallo, Cipro, Grecia, Lussemburgo e Spagna. Lo scarto a livello salariale con altre professioni del settore pubblico e privato incide negativamente sulla permanenza degli insegnanti nel posto di lavoro e a sua volta è influenzato dalle condizioni generali del mercato del lavoro. Quando la domanda è elevata, un numero maggiore di titolari di diplomi che abilitano all’insegnamento scelgono un lavoro al di fuori della professione docente. Gli insegnanti che ricevono una retribuzione più elevata rispetto ad altre professioni sono meno portati ad abbandonare la professione. Si può ritenere che, non solo nel Regno Unito dove è stata condotta una ricerca apposita, gli stipendi degli insegnanti, rispetto a quelli di altre professioni accessibili a titolari di diplomi d’insegnamento, sono ritenuti un fattore determinante nella decisione di intraprendere la carriera e rimanere nell’ambito della professione.
In contrasto con quanto si verifica in altre professioni, l’insegnamento ha un’elevata percentuale di lavoratori più anziani. La percentuale di insegnanti di età compresa tra i 45 e i 64 anni è di oltre il 40% in molti Paesi, mentre in altri Paesi fino al 30% degli insegnanti ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni. Questi aspetti hanno chiare implicazioni a livello delle esigenze di formazione professionale. Occorre rendere l’insegnamento una scelta attraente, in modo da attirare i migliori candidati e spingere altri ad avviarsi alla carriera di insegnante. Contrariamente all’attuale prassi in molti Stati membri, sarà sempre più necessario persuadere gli insegnanti con esperienza a rimanere nella professione, invece di optare per un pensionamento anticipato, il che potrebbe comportare ulteriori esigenze a livello di perfezionamento professionale e sostegno.
Mario Reguzzoni