Il gelo del prof.

Il recente episodio del rapporto “scandaloso” tra un professore del Liceo Massimo di Roma e una sua studentessa suggerisce l’opportunità di una riflessione sulla deontologia del docente, sul delicato rapporto tra fragilità giovanile e rigore etico di chi esercita una missione educativa, sulla complessità stessa degli equilibri emotivi e la crisi di certezze esistenziali del mondo adulto, anche alla luce della sincera – ma, certo, disarmante – ammissione procedurale dell’interessato dinanzi al GIP di un suo profondo coinvolgimento sentimentale.

Il fatto è che nella scuola (grazie anche a una certa fiction televisiva) è invalso il modello di professore che – nel nome di un processo formativo integrale, finalmente al passo con i tempi e non “meramente” culturale o didattico – si mostra sensibile alle esigenze/richieste/problematiche delle nuove generazioni, lontane, a quanto pare, dalla lirica di Montale e assai prossime a quella quotidianità che sui libri non è scritta né contemplata. Quasi che la vera letteratura non parli “di” e “alla” vita o non tocchi le corde profonde ed emotivamente recettive proprio dei giovanissimi, i quali non aspettano altro che un insegnante preparato faccia loro conoscere, capire, amare il Novecento al di là delle programmatiche indicazioni ministeriali.

La lirica del “Secolo breve” non è tossica, non ha controindicazioni, si assume liberamente e autonomamente se a svelarne il codice è, ad esempio, un Maestro come Elio Pecora, impegnato a proporre ai giovani, che affollano il teatro di Villa Torlonia, neanche fosse un lounge bar di tendenza, “Le ragioni della poesia” attraverso le voci di trentotto poeti contemporanei.

Un tale modello ha determinato (non tanto diversamente da quanto è accaduto nell’ambito della funzione genitoriale) demagogiche derive che hanno indotto molti educatori a recedere da quel necessario, professionale distacco che, sostenuto da passione motivata e convinta, produce autorevolezza, non certo autoritarismo. Non è assimilandosi e confondendosi con istanze, percezioni, ritmi mentali e schemi comportamentali degli studenti, assumendone punti di vista, prospettive, persino abitudini, che li si capisce meglio e si è loro realmente vicini. Se poi ciò interagisce con fasi di crisi ed incertezza di una personalità matura – assolutamente comprensibili ma che non possono né devono essere risolte da chi, con trent’anni di meno, l’aiuto lo attende in aula – possono verificarsi casi come quello citato, che incrinano i presupposti fondamentali dell’azione pedagogica.

Sono anzitutto gli alunni ad esigere che i docenti li ascoltino e li comprendano rispettando, con rigore e dignità, la propria funzione, con una chiara distinzione di ruoli, al di là di ogni gratuito giovanilismo. Gli studenti pretendono di essere accettati da un “prof.” che parli con entusiasmo e cognizione di causa il linguaggio della propria disciplina, pronti a mettere in gioco curiosità, creatività, ansia di risposte, coraggio e solo dopo a condividere con lui una reale, empatica contiguità affettiva che supera ogni barriera generazionale.

In una delle ultime interviste Eduardo De Filippo affermò che “il teatro è gelo”, intendendo sottolineare come il culmine della dedizione al proprio pubblico coincida, nell’attore, con l’annullamento sacrificale delle pulsioni individuali di “persona” per divenire solo “personaggio”, attraverso uno strenuo, meticoloso impegno.

A suo modo anche chi insegna, quando entra in una classe, deve rinunciare ad una parte di sé per (ri)vivere esclusivamente, attraverso i contenuti impartiti, nella figura del discente che ha di fronte; questi sarà pronto a ripagarlo se percepirà che tali contenuti sono sostanziati di esperienze vitali (non solo di nozioni).

Montale ha dedicato gran parte dei suoi versi ad un’immagine di angelicata donna salvifica, unica (forse) in grado di fuggire dalla “maglia rotta della rete che ci stringe” per contemplare, pur con “pupille offuscate”, almeno il barlume di una possibile Verità e finanche di redimere, nella sua accezione più alta, gli orrori della Storia. Montale è fra gli autori che i ragazzi prediligono e avvertono vicinissimo, particolarmente nell’attuale congiuntura sociale, in cui assistono – non sempre come semplici testimoni – alla piaga di un universo femminile offeso, sfregiato, violato. Miracoli delle Parole della Poesia che non si leggono sulla cronaca nera dei quotidiani ed intercettano, sublimandolo, il nostro complesso, distorto presente: i Millennials hanno necessità, certamente voglia di credervi.

Marco Camerini

Formatosi alla scuola storico-critica di Walter Binni, Marco Camerini affianca all’impegno di docente di Lingua e Letteratura italiana presso i Licei l’attività di critico letterario e saggista, con interessi rivolti particolarmente alla lirica novecentesca e al romanzo post-moderno. Fra le più recenti pubblicazioni, nel 2016 la II edizione di “Elementi di retorica e stilistica” (ed. Graphisoft, Roma) con la prefazione di E. Giachery e una nota di G.B. Squarotti.

 

image credits