Scuola Plurale a Prato

Nei  giorni 2-3 febbraio si è svolta a Prato la terza edizione di Scuola Plurale, un incontro nazionale organizzato dal Comune di insegnanti, amministratori locali, associazioni ed enti del terzo settore, studiosi ed esponenti del mondo dell’immigrazione sulle esperienze più interessanti di integrazione degli studenti con background migratorio. Attraversato, quest’anno, da qualche inquietudine in più che in altre edizioni. Non tanto perché agli Orientamenti interculturali  varati nel 2022 dal ministero dell’istruzione non sono seguite politiche coerenti ( era successo anche in passato con altri governi ),  ma per un netto peggioramento del clima culturale e politico sui temi dell’immigrazione che insidia anche il meglio di ciò che si sta facendo nella scuola italiana. Cui si aggiungono interrogativi sul possibile avvento  dell’autonomia regionale differenziata. Quale spazio resterà  all’iniziativa autonoma  in campo educativo degli Enti Locali già immiserita dalla svolta regionalistica delle politiche di decentramento degli anni Novanta e dai tagli successivi di risorse e personale ? Che cosa succederà se e dove anche l’istruzione dovesse essere conferita alle Regioni che, a differenza dei Comuni, hanno potestà legislativa?

Il patto educativo territoriale costruito a Prato si basa sul ruolo centrale del Comune, sostenuto anche finanziariamente  dalla Regione ( al suo esordio, anni fa, c’era anche la Provincia, poi venuta meno per via della successiva decapitazione politica dell’Ente ). Un ruolo, sancito da un accordo formale con tutte le scuole del territorio e che viene via via aggiornato, di regolazione dei flussi di iscrizione nelle diverse scuole e delle pratiche di accoglienza, e  di realizzazione condivisa di un’ampia gamma di azioni. Dai laboratori  per l’apprendimento dell’italiano anche come lingua per lo studio attivati ordinariamente in orari curricolari ed extracurricolari durante tutto l’anno scolastico ed anche nei mesi estivi  alla mediazione linguistica e culturale con le famiglie e con le comunità di appartenenza. Dalle attività di socializzazione e di educazione alla cittadinanza all’integrazione fin dallo Zerosei tra scuola, servizi educativi, sociali, psicologici, sanitari, culturali, orientativi.  Sebbene le alleanze tra scuola e territorio promosse in altri contesti da altri soggetti pubblici e del privato sociale (tra cui quelle, di breve durata,  per accedere a fondi FAMI, progetti PON e quant’altro ) siano numerose e talora anche ben costruite, l’esperienza del Comune e delle scuole di Prato presenta caratteristiche originali che promettono risultati migliori. A fare la differenza non è solo l’ampia gamma e l’organicità  delle attività. E’ in primo luogo il suo profilo sistemico che garantisce  continuità, omogeneità di pratiche, coordinamento in verticale tra i diversi ordini di scuola, equilibrio tra azioni ordinarie e azioni sperimentali, monitoraggio e verifica dei risultati, professionalità degli interventi. Il tutto tramite una società  convenzionata  che fornisce  le figure specialistiche di cui le scuole non sono  dotate, gli  educatori, gli esperti di italiano lingua 2, i mediatori, i coordinatori, e anche l’organizzazione e la gestione dei servizi formativi mirati  per il personale scolastico.  Tutt’altra storia dai rischi di disomogeneità, discontinuità, non sedimentazione, approssimazione educativa e didattica  dell’arcipelago dei progetti – il “progettificio”-   condizionati dalla logica e dai tempi dei bandi, da finanziamenti dedicati al superamento di una “povertà educativa” che solitamente disconosce lo specifico dell’immigrazione, da un associazionismo non sempre ben preparato. Un Comune attento può, in forza dei suoi servizi e degli accordi interistituzionali o di altro tipo con le risorse della città, fare molto con la scuola e per la scuola. Se, come a Prato, si dota anche di un team di funzionari interni molto motivati e competenti, può mettere in campo quella continuità tecnico-amministrativa di cui la scuola, povera di risorse organizzative e di figure specialistiche, ha un enorme bisogno per dare il meglio di sé.

L’originalità dell’esperienza di Prato, implementata negli anni senza discontinuità anche nell’alternarsi di sindaci di colore politico diverso, non è nata a caso. Il tasso di studenti con background migratorio nel territorio provinciale (29% ) è il più alto in Italia. La gran parte appartiene a una comunità, quella cinese, molto coesa e per ragioni culturali ed economiche non sempre propensa a una facile integrazione. La stabilità dell’insediamento non garantisce, per i ragazzi nati in Italia, la possibilità di un’integrazione linguistico-culturale che cominci fin dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia a causa dell’inveterata abitudine a mandare i piccoli in Cina dai nonni per poi richiamarli da adolescenti, quando l’inserimento scolastico è sempre più problematico. A tutto ciò si aggiunge, ed è stato il fattore forse più potente, l’importanza economica della comunità cinese negli assetti produttivi ed economici dell’intera area pratese, e dunque l’inconsistenza – ben più evidente che altrove –  di ogni interpretazione di tipo emergenziale dell’immigrazione straniera. A Prato, la seconda città toscana per popolazione, la prima per presenza di aziende industriali ed artigiane, non si può proprio pensare che aziende e lavoratori stranieri siano  una presenza effimera, un fenomeno comprimibile, un’invasione da respingere. L’ integrazione, prima di tutto scolastica, è necessaria. E’un vantaggio per tutti, un ingrediente essenziale dello sviluppo economico e civile. Che non si può delegare solo agli istituti scolastici, ma su cui occorre investire come comunità cittadina, sapendo che la scuola che occorre non deve essere solo “inclusiva” ma  “ plurale”, capace di dare valore alla risorsa di tanti giovani, del bilinguismo, della multiculturalità. Di qui un investimento politico ed economico importante della città. Di qui azioni e attività distanti dai luoghi comuni della “povertà educativa”. La scuola costa ma quanto costerebbe l’ignoranza ?  

Neppure Prato è però un paradiso dell’integrazione scolastica. Al suo modello mancano ancora pezzi importanti, per esempio sul versante  dell’educazione e istruzione degli adulti, e su quello del rapporto tra scuola e formazione per il lavoro ( in tutta l’area non ci sono, tra  l’altro, centri di formazione professionale regionale ). Ci sono ancora, per cinesi ed altri con background migratorio, più insuccessi e più abbandoni che tra gli italiani. Azioni che possono essere migliorate. Sperimentazioni da verificare o implementare. Di qui i convegni, i seminari di studio,  i rapporti con altre realtà da cui imparare. Un buon programma.

www.scuolaplurale.comune.prato.it

Fiorella Farinelli Politica e saggista,  docente esperta di  istruzione e formazione, componente dell’Osservatorio nazionale per l’Integrazione degli alunni stranieri