Riforma, in tempi brevi
Il ministro Tremonti, durante la Conferenza finale del G7 che si è tenuta nei primi giorni di ottobre a Istanbul ha dichiarato (Sole 24 ore 3 ottobre 2009) che “… sì è vero, l’Italia ha bisogno di riforme e la prima riforma da fare è il federalismo fiscale. Non esistono riforme più importanti per lo sviluppo economico e civile del nostro Paese. Stiamo lavorando a questo, sarà decisivo per il suo futuro”.
In parallelo il presidente Napolitano, durante la recente visita in Basilicata, ha sottolineato che “… proprio la novità del federalismo fiscale, per conquistare i maggiori consensi che le mancano e superare preoccupazioni e diffidenze che lo circondano, deve saldarsi con una chiara riaffermazione del patto nazionale unitario… Le celebrazioni del 150° dell’Unità italiana dovrebbero favorire il diffondersi di un clima nuovo, al Nord come al Sud”.
Auguriamoci che Parlamento, Governo, Regioni e Autonomie territoriali, anche a seguito delle autorevoli esortazioni, avviino una stagione politica nuova, utilizzando anche l’occasione della celebrazione dell’Unità dell’Italia.
L’attuazione del federalismo istituzionale, prioritario rispetto all’attuazione del federalismo fiscale, richiede in primo luogo uno sforzo straordinario di riorganizzazione amministrativa nella quale lo Stato è chiamato a passare, in molteplici settori (art. 117, comma 2 e 3 della Costituzione), da gestore diretto di funzioni e servizi a soggetto regolatore della produzione decentrata di beni e servizi.
Il federalismo fiscale. L’attuazione del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, di cui il federalismo fiscale rappresenta un aspetto significativo e strategico, con la legge 5 maggio 2009, n. 42, attuativa dell’articolo 119 della Costituzione, segna il punto d’avvio di una fase di attuazione, dopo otto anni dall’approvazione.
Uno dei punti cruciali della riforma è il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei costi standard e dei fabbisogni nell’attribuzione delle risorse agli enti territoriali. Il calcolo di tali indicatori presenta notevoli difficoltà tecniche che sono acuite dalla mancanza di bilanci armonizzati tra i vari livelli di governo e dalle forti disparità territoriali nei livelli e nella qualità della spesa pubblica. La legge n. 42/2009 disegna, negli articoli 7-10, un nuovo sistema di relazioni finanziarie tra Stato, Regioni ed Enti territoriali. Il punto di partenza è la soppressione dei trasferimenti statali con l’eccezione dei fondi perequativi alle Regioni e agli Enti locali e l’indicazione delle fonti di entrata per gli stessi enti.
L’articolo 8 classifica le competenze legislative regionali e stabilisce distinte modalità e quantità di finanziamento di tali competenze. La legge delega dispone che, per le funzioni fondamentali, riconducibili al vincolo dell’articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, va assicurato a tutte le Regioni, attraverso l’apporto del fondo perequativo, il finanziamento integrale, sulla base del fabbisogno rapportato ai costi standard.
La legge sul federalismo, all’articolo 8, fa esplicito riferimento all’istruzione, infatti, al comma 2 prevede che “nelle forme in cui le singole regioni daranno seguito all’Intesa Stato–Regione sull’istruzione, al relativo finanziamento si provvede secondo quanto previsto dal presente articolo per le spese riconducibili al comma 1, lettera a), numero 1”. Il comma 3 dello stesso articolo stabilisce che: “nelle spese di cui al comma 1, lettera a), numero 1, sono comprese… per quanto riguarda l’istruzione le spese per lo svolgimento delle funzioni amministrative attribuite alle regioni dalle leggi vigenti”.
Tali previsioni vanno a saldarsi con il principio contenuto nell’articolo 7, comma 1, lettera a) secondo cui le Regioni dispongono di tributi e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali per il finanziamento di spese derivanti dall’esercizio delle funzioni che la “Costituzione attribuisce alla loro competenza residuale e concorrente nonché le spese relative a materie di competenza esclusiva statale, in relazione alle quali le Regioni esercitano competenze amministrative”.
Il federalismo fiscale garantisce per il settore istruzione la copertura integrale del fabbisogno finanziario alle spese connesse allo “svolgimento delle funzioni amministrative attribuite alle Regioni dalle norme vigenti” e a quelle che derivano dalle nuove funzioni attribuite a Regioni ed Enti locali.
Il riordino istituzionale e la riforma dell’istruzione secondaria superiore. Il riordino ordinamentale, didattico e organizzativo, che sta interessando il sistema educativo, s’intreccia con la definizione degli assetti istituzionali definiti dalla riforma del Titolo V. È infatti richiesta la parallela riorganizzazione dei diversi livelli di governo istituzionale per creare le condizioni per incisive politiche di concertazione Stato, Regioni ed Autonomie locali e di quantificazione delle risorse finanziarie.
Il percorso avviato con l’Accordo Quadro di attuazione per il settore istruzione del Titolo V, definito in sede tecnica presso la Conferenza Unificata, dopo un lungo percorso di approfondimento, segna l’inizio di una fase di definizione dei nuovi assetti di competenze dei diversi soggetti istituzionali per fare chiarezza sui contenuti, sulle finalità, sui tempi, sulle modalità di attuazione della riorganizzazione istituzionale.
L’intero processo dovrà riguardare la definizione dei provvedimenti attuativi dell’Accordo riferiti in primo luogo alla delimitazione puntuale degli ambiti e degli oggetti del trasferimento, a partire da una ricognizione delle competenze statali, dalla definizione della tematica che riguarda la gestione del personale della scuola, del bilancio statale della pubblica istruzione, dell’allocazione delle risorse sul territorio e per materia.
Alfonso Rubinacci