Osservatorio su norme e leggi della scuola/5
Nel mese di dicembre di ogni anno l’attenzione del Parlamento è rivolta principalmente all’approvazione della Legge Finanziaria dell’anno successivo al fine di evitare l’esercizio provvisorio del Bilancio dello Stato. Una rincorsa che impegna Governo e Assemblee della Camera e del Senato senza tregua e che si conclude prima della sospensione dei lavori per le festività natalizie con l’emanazione di un provvedimento legislativo, quasi sempre composto da un numero molto elevato di disposizioni, e, per la maggior parte, di difficile comprensione sia per la varietà delle materie trattate sia per la tecnica legislativa usata (piena di riferimenti normativi).
Anche quest’anno l’iter si è concluso alla vigilia di Natale con l’emanazione della legge 23 dicembre 2009, n. 191 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010) e della legge 23 dicembre 2009, n. 192 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2010 e Bilancio pluriennale per il triennio 2010.2012.
La legge finanziaria 2010, apparentemente breve perché di due soli articoli, consta per l’esattezza dell’articolo 1 di quattro commi e dell’articolo 2 di 253 commi. Sono però poche le norme che direttamente o indirettamente riguardano l’istruzione. Si indicano quelle più significative: l’art. 2, comma 148, che consente ai giovani con meno di venticinque anni, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, di svolgere prestazioni di lavoro accessorio, cioè attività lavorative meramente occasionali, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università; l’art.2, comma 239, che prevede uno stanziamento di 300 milioni di euro per la messa in sicurezza e l’adeguamento antisismico delle scuole; l’art.2, comma 250, che ha aggiunto risorse finanziarie di consistente entità (provenienti dall’attuazione dello scudo fiscale) al fondo costituito con l’art. 7 quinquies, comma 1 del decreto legge 5/2009 convertito con modificazioni nella legge 33/2009, per il perseguimento di alcune finalità elencate nell’allegato 1 della legge. Tra queste finalità si rilevano, perché inerenti il settore dell’istruzione, gli interventi per la gratuità parziale dei libri di testo scolastici (mediante contributi agli enti locali a carico del Ministero degli interni), l’incremento della dotazione finanziaria del fondo per il finanziamento ordinario delle università, il rifinanziamento di alcune leggi per il sostegno finanziario delle scuole non statali. Si tratta, invero, di consentire il ripristino di somme che sono state ridotte notevolmente nel Bilancio di previsione 2010.
Dal quadro generale riassuntivo del bilancio di competenza, allegato alla suindicata legge 192/2009, risulta che la previsione della spesa corrente per istruzione, università e ricerca, per l’anno finanziario 2010 ammonta a euro 52.936.823.000, di cui 44.153.539.000 per il funzionamento.
Nel documento relativo alla spesa delle amministrazioni pubbliche negli anni 1990-2008, pubblicato il 21 gennaio 2010, l’ISTAT precisa che la spesa per l’istruzione in Italia ammonta a “poco meno del 10 per cento” della spesa totale ed è “abbastanza vicina alla quota media degli altri paesi dell’EU 16 (10,4 per cento)”.
La legge finanziaria del prossimo anno sarà probabilmente molto diversa da quella del 2010, perché sarà adottata secondo le nuove disposizioni contenute nella legge 31 dicembre 2009, n. 196 – Legge di contabilità e finanza, che ha riformato l’intera materia dei conti pubblici. Essa si articola in 10 titoli e 52 articoli e disciplina i seguenti aspetti: l’armonizzazione dei sistemi contabili; le misure per la trasparenza e la controllabilità della spesa; la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica; il monitoraggio dei conti pubblici; la copertura finanziaria delle leggi; le modalità di impostazione e redazione del bilancio dello Stato; la tesoreria degli enti pubblici e la programmazione dei flussi di cassa; il controllo di ragioneria e la valutazione della spesa; la redazione di un testo unico sulla materia. In particolare, la legge prevede per la predisposizione del Bilancio annuale dello Stato il passaggio da una redazione in termini di competenza e di cassa a una redazione in termini di sola cassa.
Sul tema specifico del finanziamento della spesa destinata all’istruzione si segnala la nota prot. n. 0009537 del 14 dicembre 2009 con la quale il Ministero dell’istruzione, università e ricerca – Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio – fornisce le “Indicazioni riepilogative per il Programma annuale delle istituzioni scolastiche per l’anno 2010”.
La nota ha provocato forti reazioni e preoccupazioni nel mondo della scuola perché riduce notevolmente le dotazioni finanziarie provenienti dallo Stato e induce ad aumentare la richiesta di contributi da parte delle famiglie per far fronte alle inderogabili esigenze di funzionamento. In sostanza si evince la volontà di modificare la logica del finanziamento alle scuole per passare dall’assegnazione di una dotazione finanziaria ordinaria correlata alle necessità della scuola, da sempre vigente e sancita dal citato D.I. 44/2001 e più di recente dal D.M. n. 21 del 1° marzo 2007 che ha istituito il capitolo unico all’assegnazione di un semplice contributo finanziario alle scuole.
Con la legge 21 dicembre 2009, n. 190 è stato convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 novembre 2009, n. 134 recante disposizioni correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici. Dalla stessa rubrica della legge di conversione si comprende che si tratta di un provvedimento legislativo adottato per riparare a un grave errore contenuto in una precedente norma di legge. La questione è nota agli interessati, ma è opportuno raccontarla per informare i lettori del modo, a volte superficiale, di legiferare.
Dopo l’espletamento della procedura concorsuale per dirigente scolastico indetta nel novembre del 2004 e il conferimento delle relative nomine ai vincitori, vi è stato un notevole contenzioso giudiziario innanzi agli organi della Giustizia Amministrativa, che si è concluso con l’annullamento giurisdizionale della procedura stessa. Al fine di salvare le nomine già conferite, il Parlamento ha inserito nel decreto legge 134/2009 in corso di conversione, all’art.1, la seguente norma: comma 4 quinquiesdecies “L’annullamento di atti delle procedure concorsuali ordinarie e riservate a posti di dirigente scolastico indette antecedentemente all’emanazione del regolamento di cui al D.P.R. 10 luglio 2008, n. 140, non incide sulle posizioni giuridiche acquisite dai candidati dei predetti concorsi che in quanto vincitori o idonei siano stati assunti in servizio”. In breve, il legislatore ha annullato tutti gli effetti derivanti dalla sentenza e ha vanificato il contenzioso giudiziario, ponendo in essere in tal modo un palese conflitto di attribuzione tra il potere legislativo e il potere giudiziario. Appena tre giorni dopo l’emanazione della riportata norma (24 novembre 2009), il Governo, accortosi della gravità dell’atto, ha rimediato emanando il decreto legge 27 novembre 2009, n. 134, che ha abrogato la norma in questione (art. 1 comma 4 quinquiesdecies) e ha dichiarato nulli gli effetti eventualmente prodotti dalla norma stessa nei tre giorni di vigenza. La legge di conversione ha però previsto che il personale in servizio continua a esercitare le funzioni di dirigente scolastico in via transitoria, fino all’avvenuta rinnovazione e al completamento della procedura concorsuale annullata.
Nel mese di gennaio non si sono registrati atti di produzione legislativa nel settore dell’istruzione. L’attenzione dell’opinione pubblica e delle scuole è stata polarizzata da un atto di amministrazione attiva particolarmente importante per le istituzioni scolastiche, e precisamente la circolare ministeriale n.2 dell’8 gennaio 2010, emanata dalla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, contenente “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana”.
La circolare intende affrontare il tema della presenza nelle scuole di “alunni di diversa provenienza sociale, culturale, etnica e con differenti capacità ed esperienze di apprendimento”. L’analisi del fenomeno è accompagnata dall’indicazione delle gravi conseguenze che ne derivano, e cioè il fatto di costituire “una delle più rilevanti cause di criticità da cui conseguono insuccessi scolastici, abbandoni, ritardi nei percorsi di studio”. Un fenomeno certamente non nuovo nella scuola italiana ma che negli ultimi anni sta assumendo una dimensione rilevante.
All’analisi della situazione con la denuncia delle gravi conseguenze che vi si connettono, seguono precise indicazioni prescrittive, che difficilmente possono considerarsi suggerimenti, per fronteggiare il fenomeno nell’intero territorio nazionale.
In merito si precisa nel preambolo della circolare che tale situazione “impone il superamento di modelli e tecniche educative e formative tradizionali e l’adozione di metodologie, strumenti e contributi professionali adeguati alle nuove e diverse esigenze”. È però agli interventi di programmazione e alle misure gestionali e organizzative in grado di orientare i flussi delle iscrizioni tra le varie istituzioni scolastiche e l’equilibrata ripartizione degli alunni tra le diverse classi, che la circolare affida il compito di far fronte alla situazione ponendo a tal fine alcuni presupposti e requisiti indispensabili.
In sostanza, il Ministero ritiene di poter fronteggiare un fenomeno così complesso e variegato nelle diverse realtà locali, impartendo dal centro una serie di prescrizioni di natura amministrativa per tutto il territorio nazionale, anche in aperta violazione di competenze delle istituzioni scolastiche, da esse esercitate da sempre in forza di legge e adesso rafforzate dall’autonomia scolastica.
Al punto 2 della circolare sono indicati “alcuni punti fermi” da intendere quali “criteri di carattere organizzativo sia dell’offerta formativa territoriale sia della gestione interna della singola istituzione scolastica”. L’eventuale deroga di essi è rimessa alle determinazioni del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale.
Si tratta di indicazioni che innanzitutto mortificano le istituzioni scolastiche che in questi anni hanno operato in maniera positiva per realizzare un effettivo inserimento degli alunni in questione nelle nostre scuole.
Si tratta di indicazioni che innanzitutto mortificano le istituzioni scolastiche che in questi anni hanno operato in maniera positiva per realizzare un effettivo inserimento degli alunni in questione nelle nostre scuole.
Senza voler entrare nella valutazione sulla idoneità della soluzione proposta, e cioè se il divieto di superare il 30% di presenze di alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti possa essere il rimedio per contrastare la situazione di crisi denunciata, viene spontaneo chiedersi se una circolare ministeriale possa introdurre una innovazione di tale portata sull’organizzazione della vita delle scuole nell’attuale quadro normativo.
Nella circolare si forniscono ai soggetti responsabili suggerimenti sul modo come pervenire all’obiettivo del 30%, ma ciò non fa venire meno il carattere vincolante dei “punti fermi”, che condizionano e violano la competenza dell’organo istituzionalmente competente per legge.
L’attuale quadro normativo sulla materia attribuisce al consiglio di istituto la competenza a dettare “i criteri generali relativi alla formazione delle classi” (art. 10, comma 4, del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 Testo unico sull’istruzione), e al collegio dei docenti di formulare proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi, con l’obbligo di evitare comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri (art. 45 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 Regolamento di attuazione sulla disciplina dell’immigrazione).
È di tutta evidenza che la circolare ministeriale non può apportare modifiche così rilevanti a siffatto assetto normativo. Una maggiore attenzione anche agli aspetti giuridici delle soluzioni che si propongono avrebbe consigliato di modificare il quadro normativo prima di dare suggerimenti in contrasto con le norme vigenti.
Per quanto riguarda i Regolamenti relativi alla riforma dei licei, dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale il Consiglio di Stato – sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 21 dicembre 2009 ha formulato i pareri sui tre provvedimenti: 4596/2009 (licei); 4597/2009 (istruzione tecnica); 4599/2009 (istruzione professionale).
Le Commissioni istruzione del Parlamento si sono pronunciate nei giorni successivi, e precisamente la Commissione istruzione della Camera il giorno 20 gennaio (licei, tecnici, professionali) e la Commissione istruzione del Senato il giorno 27 gennaio (licei, tecnici, professionali).
Nella seduta del 4 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato i Regolamenti per il riordino dei licei, dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale. Per conoscere i testi dei Regolamenti occorre attendere la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica, che avverrà dopo la registrazione della Corte dei conti.
Giovanni Trainito