Un nuovo patto formativo a vantaggio delle giovani generazioni

Il reperimento delle risorse e il soddisfacimento dei consumi sono oggi i problemi che si aprono davanti a noi, mentre la crisi economica fa temere disastri sociali e cresce la disoccupazione intellettuale e non.
Emergono nuovi e vecchi disorientamenti rispetto al vissuto individuale e collettivo.

L’uomo contemporaneo è vittima di una sovrabbondanza di stimoli sensoriali e di modelli “impossibili”.

Tutto questo è ancora più alienante per i bambini, per gli adolescenti e per i giovani che sono costretti a formare il proprio senso d’identità in condizioni problematiche e spesso drammatiche.

La personalità in via di sviluppo è come prigioniera della propria condizione sociologica.
L’offerta educativa della famiglia e della società spesso si riduce a riprodurre rapporti appiattiti e sterilizzati dall’uso dei mass media e delle nuove tecnologie informatiche e telematiche, e non propone vere relazioni vitali e conoscitive, arricchite dalla quotidianità degli scambi fra le relazioni, che dovrebbero essere vissute in un’atmosfera serena anche affettivamente.
La prima emergenza antropologica è dunque il recupero dell’infanzia e dell’adolescenza.

La scuola non sempre è chiamata a sviluppare consapevolezza rispetto a questa emergenza, né può riuscire da sola a far fronte alla complessità del problema, anche per carenza di strumenti e di sostegni adeguati.

È necessaria una nuova cultura della responsabilità formativa nella nostra società odierna, che in sintesi dovrebbe partire dalle seguenti riflessioni:

1. non si può evitare di affrontare i problemi legati a un sostegno più responsabile verso il soggetto umano in via di formazione, affinché possa muoversi verso un’identificazione più consapevole del proprio sé e del rapporto tra sé e il mondo;
2. non si possono appiattire e codificare in modo artificiale le relazioni interpersonali del bambino, dell’adolescente e del giovane;
3. bisogna che la famiglia, la scuola e la società rimettano al centro l’apprendimento e la padronanza dei processi educativi, piuttosto che i prodotti finiti;
4. la valorizzazione dei postulati democratici della scolarizzazione di massa non deve andare a svantaggio del consolidamento di personalità pienamente sviluppate, consapevoli e mature;
5. la “professionalizzazione” della scuola di secondo e terzo grado deve mantenere viva l’attenzione sulla formazione “umanistica” in senso proprio; cioè verso quelle discipline necessarie per lo sviluppo pieno del preadolescente, del giovane adolescente e del giovane adulto;
6. le difficoltà e i problemi sociali ed economici non devono trasformarsi in disimpegno educativo e sociale da parte del mondo degli adulti che deve, invece, recuperare solidarietà e responsabilità;
7. la video-cultura non va demonizzata ma demistificata e utilizzata a vantaggio della formazione di personalità mature, equilibrate e ben socializzate;
8. la famiglia, la scuola e la società, pur dovendo fare i conti con i paradigmi della postmodernità, devono ritenere prioritaria la costruzione di un nuovo progetto-uomo in senso pedagogico e antropologico.

In conclusione, la dimensione educativa è più che mai essenziale nell’odierna società avanzata.
Ne consegue la necessità di un progetto nazionale di rilancio del valore etico-sociale della partecipazione e del coinvolgimento responsabile di tutti i diversi soggetti che compongono la nostra società formativa.

Vanno proposti nuovi modelli per un interscambio positivo all’interno del sistema formativo scolastico e in rapporto al mondo extrascolastico.
Va individuato e condiviso un nuovo patto formativo a vantaggio delle giovani generazioni.

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Daniela Silvestri