Le scienze sociali e la riforma della scuola

La storia dell’introduzione  delle scienze umane e sociali nella scuola italiana è lunga e attraversa almeno gli ultimi quarant’anni della vita dell’istruzione nel nostro paese. Alcuni volumi e pubblicazione l’hanno raccontata e sono indispensabili per tenere presente il paesaggio nel quale ci muoviamo. Le scienze sociali sono state legate sempre ad un’idea di “riforma” del sapere, sostanzialmente intrecciate ad una rivendicazione di una scuola meno nozionistica e più critica in cui l’umano e la cultura umanistica fosse declinata meno nei termini di sapere appreso e trasmesso sulla base della tradizione e più colto nel suo divenire storico e sociale. Più che richiamare I suoi numi tutelari – da Marx a Weber, da Foucault a Morin – preferisco ricordare una serie di  libri, tutti  scritti non a caso a più voci, proprio a dimostrazione che il sapere delle scienze sociali e umane (dualismo non casuale ma che nascondeva già la dualità oppositiva tra la predominanza di una “astorica” definizione della natura umana e il suo non poter prescindere invece dalla dimensione sociale e politica) è il frutto di un’elaborazione comune e mai opera solitaria, anche quando fosse nascosta sotto la forma di una sintetica e “scorrevole narrazione” – un racconto – senza strappi e fratture. Quelle fratture epistemologiche che le scienze sociali metteranno in luce aprendo a quel processo di “decostruzione” del sapere che investe la cultura dell’ultimo secolo. La narrazione e il racconto di un “senso” dato una volta per tutte resterà solo negli indici dei nostri manuali scolastici,  sostanzialmente sempre gli stessi anche se hanno oramai tutti l’estensione multimediale e le pagine web.

Il volume di Einaudi Scienze sociali e riforma della scuola secondaria. Una proposta è del 1977.  Da Alessandro Cavalli a Stefano Rodotà, da Clotilde Pontecorvo a Paolo Sylos Labini,  il programma è chiaro: da un lato colmare il vuoto nella scuola italiana dato dall’assenza delle scienze sociali dall’altro rinnovare l’impianto dell’istruzione. “Qualsiasi introduzione delle scienze sociali in ordine sparso, non guidato da un progetto di rinnovamento dell’impianto culturale della nostra scuola secondaria, ripeterebbe gli errori forse irreparabili compiuti a livello universitario, e sarebbe condannata al fallimento. Ciò che oggi occorre è dare allo studente secondario una formazione economico-sociologico-giuridica coerente e,  al tempo stesso, articolata, che lo aiuti a comprendere i meccanismi sempre più complessi della società in cui vive. A comprenderli, in luogo di subirli passivamente”. In tal modo “le scienze sociali possono diventare un reagente contro i miti ideologici, un fattore di distacco critico e, in qualche misura, di dominio razionale nei confronti dei processi sociali” (p. VIII). I decenni seguenti sono stati il tentativo di tradurre negli ordinamenti scolastici e in “obiettivi specifici di apprendimento” questo sapere che, per sua natura plurale e poliedrico, andava oltre gli steccati disciplinari. Sono nati così i licei di scienze umane, con una curvatura sulla pedagogia in dialogo con le altre scienze sociali, e l’opzione economico sociale nella quale è confluita la sperimentazione dei licei di scienze sociali, con l’aggiunta del diritto e dell’economia. Che come abbiamo appena citato faceva parte del programma iniziale. Sia dunque chiaro che ciò che ora viene proposto dal ddl approvato in Consiglio dei Ministri sul cosiddetto “Liceo del made in Italy” non risulta discutibile per la presenza dell’economia –  considerata da tempo fondamentale negli ordinamenti, anche liceali e non solo tecnico-professionali,  della scuola italiana –  ma per l’illusione di creare una prospettiva di sviluppo di giovani dotati di competenze come la creatività, l’imprenditorialità, l’analisi dei bisogni del territorio e lo sviluppo di strategie della valorizzazione delle sue risorse con l’assenza totale delle scienze sociali.  Quando è la stessa economia che sconfina nella  psicologia, nella sociologia e nel diritto, basti citare i Nobel per l’economia da  Amartya Sen a Daniel Kahneman.  Risulta poi necessario ricordare come la  valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico non possa prescindere dagli strumenti dell’antropologia culturale.

La scuola di massa, la rivoluzione digitale e lo sfasamento tra “cultura scolastica” e mondo del lavoro hanno imposto la ricerca di un nuovo impianto culturale per l’istruzione. La didattica per competenze, la transdisciplinarità, l’inserimento in tutti I percorsi dello stage, dell’alternanza scuola – lavoro, del PCTO ( i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento). Le polemiche ideologiche tra scuola delle competenze e scuola delle conoscenze, scuola progressista e scuola conservatrice, fino all’opposizione tra scuole di serie A e di serie B, tra licealità e istruzione tecnica e professionale, sono vecchi mali del dibattito italiano che trovano sempre nuovi adepti in una scuola italiana senza più funzionamento dell’ascensore sociale e ancora classista. I dati reali che restano sono invece quelli della dispersione scolastica, del divario tra le regioni e i territori più o meno sviluppati (come ci ricordava Tullio De Mauro, l’Italia non è la Finlandia perché molte  scuole italiane sono collocate in contesti fortemente deprivati socialmente, economicamente e culturalmente), le modalità discutibili di reclutamento e la mancanza di avanzamento della carriera dei docenti.

Ma le scienze sociali hanno continuato il loro cammino nella trasformazione del sistema culturale della scuola italiana, capace di fronteggiare una povertà educativa dilagante che chiede ancora un cambiamento dei metodi e dell’organizzazione scolastica. Alcuni volumi hanno raccontato il cammino intrapreso e ci danno un programma per il futuro: C. Pontecorvo, L. Marchetti (a cura di), Nuovi saperi per la scuola. Le Scienze Sociali trent’anni dopo, Marsilio, 2007 e È tempo di cambiare. Nuove visioni dell’insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria, Valore Italiano Editore, Roma 2016. Ma anche testi frutto delle reti di scuole e per questo tanto più preziosi: Rete Passaggi, La società in classe. Dieci anni di buone pratiche di autonomia scolastica nei Licei delle Scienze sociali (2014) e Un Libro Bianco per il Liceo Economico Sociale, MIUR – Rete nazionale dei Licei economico-sociali (2018).

Luigi  Mantuano docente  nei licei studioso di argomenti  filosofico-teologici e delle scienze sociali esperto di  innovazione didattica nelle scienze sociali