Il PCI e la scuola – Difficoltà, problemi e rapporti con il PCI nella nascita del Sindacato Scuola della CGIL

Molto si è scritto sulla grande incapacità del sindacalismo autonomo nella scuola di dare una qualsivoglia risposta alla drammatica situazione  di precariato e di assenza di diritti sindacali in cui, anche di fronte all’imponente scolarizzazione conseguente all’entrata in vigore della nuova scuola media, si era venuta a trovare una nuova generazione di insegnanti. Molto si è scritto (e  forse rimane da scrivere) sulla complessa vicenda rappresentata dalla contrastata nascita del Sindacato scuola della CGIL, sulla sua faticosa crescita e affermazione e sulle sue battaglie e conquiste sindacali.

In questa occasione non affronto tali problematiche se non per accenni sommari perché voglio concentrare la mia riflessione su un aspetto spesso ignorato o sottovalutato nella ricerca storica: perché la CGIL e i partiti storici della sinistra hanno impiegato 20 anni per comprendere la necessità di costruire un sindacato del personale della scuola?

La scelta di Di Vittorio

Mi ha sempre sorpreso il modo con cui il Partito Comunista ebbe a interpretare la scelta di Giuseppe Di Vittorio relativa alla necessità di non separare gli insegnanti comunisti dalle organizzazioni sindacali autonome degli insegnanti che si erano formate nel 1948 dopo scissione della CGIL.

La necessità di non indebolire sindacalmente i lavoratori di quel settore era senza dubbio affiancata da quella di non isolare quei pochi quadri sindacali che all’epoca facevano riferimento al PCI.  Ma se quella motivazione aveva avuto un’indubbia validità nel periodo in cui si verificò tale avvenimento sicuramente essa aveva perso di ogni significato nel periodo immediatamente successivo. Infatti, occorre ricordare che la scissione della CGIL avvenne nel luglio del 1948 in conseguenza della dissociazione espressa dai dirigenti democristiani di quel sindacato, dall’adesione allo sciopero generale a tempo indeterminato proclamato per protesta contro l’attentato commesso il 14 luglio contro Palmiro Togliatti.

La cornice politica in cui si collocavano sia l’attentato che la scissione sindacale era determinata dalla brusca interruzione dell’esperienza del governo di unità nazionale  causata dalle dimissioni del terzo governo De Gasperi e dalla conseguente esclusione dal successivo governo dei comunisti e dei socialisti. Vale la pena di ricordare che questa situazione si determinò dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana (1° gennaio 1948) che con l’art. 7 aveva accolto il Concordato con la chiesa stipulato in era fascista.

La nascita della CISL e della UIL nel 1950 fu preceduta da una fase di ulteriori aggregazioni e scissioni sindacali. Nel settore della scuola si creò il SINASCEL, un sindacato di maestri, mentre tutti i docenti della scuola secondaria superiore organizzati nel SNSM-CGIL restarono nello stesso sindacato che uscito dalla CGIL assumeva un connotato autonomo che mantenne fino alla sua successiva fusione avvenuta con il SASMI. Mentre i maestri comunisti e socialisti successivamente diedero vita al sindacato autonomo SNASE. L’unità della categoria, di cui si era preoccupato Di Vittorio, era dunque essenzialmente quella dei docenti di scuola secondaria superiore che nel periodo monarchico e fascista avevano espresso illustri personalità.

 

Per quasi 20 anni, da quel 1948, né il PCI né la CGIL, anche di fronte al proliferare di ogni tipo di sindacalismo autonomo micro-corporativo,  avevano preso in considerazione la necessità di favorire la realizzazione di un’organizzazione sindacale unitaria di tutti i lavoratori della scuola.

Una risposta ricavata dall’esperienza personale

Perché si è verificata una siffatta situazione? Posso tentare di dare una risposta a questo interrogativo partendo dalla mia esperienza personale e dal mio ingresso come docente nella scuola. Dopo un primo anno di supplenza nel 1964-65, il concorso di abilitazione all’insegnamento della matematica e il servizio militare, avevo iniziato il mio servizio di ruolo in una scuola di Pietralata a Roma. Con la legge n.1440/1957 fino alla legge n. 571/1970 l’esame di Stato per l’abilitazione era stato separato da quello per il Concorso ordinario. L’esame di abilitazione all’insegnamento, con prove scritte e orali molto simili a quelle del concorso ordinario, rappresentò per molti anni una delle principali cause della formazione del precariato. Ciò anche per la ridotta dotazione dei posti in organico.

Iscritto al SNSM (per la precisione, nella mozione 4, quella dei comunisti e dei socialisti) mi sono reso rapidamente conto della totale inadeguatezza di quella forma di organizzazione sindacale. Avevo alle spalle l’esperienza di quasi un decennio di militanza politica nelle sezioni cittadine del PCI e nella lotta politica all’Università di Roma, così come la partecipazione a tutte le manifestazioni antifasciste culminate nelle giornate del luglio ‘60.

Quella nel SNSM era un’esperienza che mi stava molto stretta. Ciò anche alla luce dei risultati che l’azione parlamentare del PCI aveva portato con la riforma della scuola media dell’obbligo. Una riforma dovuta in gran parte all’elaborazione culturale di grandi intellettuali comunisti, da Concetto Marchesi a Lucio Lombardo Radice e Mario Alighiero Manacorda, ma poi finita nelle mani di una concreta gestione moderata e conservatrice realizzata dall’associazionismo cattolico e del relativo sindacalismo autonomo[1] Un partito che realizzava grandi lotte nel Paese e contribuiva alla definizione di importanti riforme nel settore della scuola non aveva una presenza organizzata in grado di contribuire a una loro efficace realizzazione.

L’assenza di un’organizzazione sindacale della CGIL, non poteva per me essere più giustificata dalla difesa, indicata da Di Vittorio, dell’unità della categoria che dopo 20 anni non esisteva più nella realtà del nostro Paese. Di Vittorio aveva avuto ragione sicuramente nel 1948, ma era solo pigrizia mentale quella che impediva ai dirigenti del settore scuola del partito e dei maggiori responsabili della CGIL di prendere in considerazione la scelta di avviare la costruzione di un sindacato confederale e per questo mi impegnai nel dibattito interno del partito[2].

La nascita del sindacato scuola CGIL

Nel luglio 1967 il Comitato direttivo della CGIL deliberò (con l’opposizione della corrente socialista) la costituzione del Sindacato scuola e nel mese di dicembre si tenne ad Ariccia l’Assemblea nazionale costitutiva. Vi parteciparono i rappresentanti di 3.982 insegnanti, che divennero 102.688 nel 1975, mobilitati per l’occasione dalle Camere del lavoro, unitamente a quelli già aderenti alla Federstatali, su indicazione della Confederazione. È giusto ricordare che tale decisione fu fortemente incoraggiata dall’iniziativa della Federazione statali della CGIL che aveva convocato il 3 e 4 giugno 1967 un Convegno nazionale per avviare la creazione di un proprio settore scolastico.

Mi sono spesso domandato del perché di una siffatta inadeguatezza da parte del PCI che in molti settori aveva saputo operare con intelligenza ed efficacia. Ancora oggi, credo di dover collegare tale incapacità alla limitata presenza di insegnanti  nella sua base politica e nel suo tessuto sociale di riferimento. Ma nel 1967, con gli effetti determinati dalla riforma dell’obbligo e dal conseguente sviluppo della scolarizzazione che aveva portato a un forte aumento del corpo docente, fu un grave errore non aver compreso tempestivamente  la natura dello sviluppo impetuoso di un precariato docente che spesso si realizzava con trasferimenti di giovani insegnanti dal Sud del nostro Paese.

In realtà tale ritardo del PCI forse non era stato causato solo dalla sottovalutazione degli effetti della scolarizzazione o dalla difficoltà di comprendere le cause che avrebbero portato anche in Italia all’esplosione della rivolta studentesca, ma anche da una permanente reticenza a impegnarsi direttamente in settori e in materie che potevano portare a una grave conflitto con la Chiesa cattolica. Non si deve dimenticare che la dottrina cattolica rappresentava ancora il fine e il coronamento dell’istruzione primaria.

Forse si trattò della stessa sindrome che portò, con la modifica del Concordato, a sottovalutare la gravità della discriminazione conseguente alla mancata facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica o a ritardare l’impegno per realizzare la legge n. 62 del 2000 che ha regolato la parità scolastica. È sconfortante dover al riguardo constatare oggi che quella legge, che rappresentò un compromesso onorevole per tutti e una corretta attuazione del dettato costituzionale, non sia stata accettata dalle varie componenti del PD come un patrimonio comune.

 

Risultati delle elezioni delle RSU del settore scuola, 2018.

Scuola FLC CGIL CISL UIL GILDA   UNAMS SNALS CONFSAL    ANIEF USB PI COBAS
98% delle sedi 26,71 24,23 16,70        8,33 12,78     6,49 0,43      2,35

 

Sigle sindacali/scuola citate nell’articolo
SNUS  Sindacato Nazionale Unitario Scuole

SINASCEL Sindacato Nazionale Scuole Elementari

SNS Sindacato Nazionale Scuole

SASMI Sindacato  Autonomo Scuole Medie Italiane

SNASE Sindacato Nazionale Autonome Scuole Elementari
SNSM-CGIL Sindacato Nazionale Scuole Medie

Bibliografia

AAVV, Tutta colpa del 68- La nascita del sindacato scuola della CGIL, Ediesse, 2010

AAVV, Appunti sulla formazione del Sindacato scuola CGIL Editrice sindacale italiana, 1982

AAVV,Il Sindacato nella scuola,  Quaderni di Rassegna sindacale n.52/53,  gennaio 1975 O. Roman, La scuola privata non è la scuola pubblica ANICIA, 2014

AAVV, I sindacati autonomi: Particolarismo e strategie confederali negli anni Settanta De Donato, 1981

 

[1] Va ricordato che la Legge 1859 fu votata il 21 dicembre 1962 a maggioranza, dall’allora governo presieduto dall’on. Fanfani composto dai partiti DC, PRI PSDI e con l’appoggio esterno del PSI, con i voto contrario del PCI (e delle destre MSI e PLI). Il voto contrario del Pci, che aveva contribuito a costruire l’impianto formativo della legge di riforma della scuola media unica, presentando già nel 1958 un suo disegno di legge, fu motivata in parte, dalla permanenza nella legge di forti ambiguità come la presenza in seconda media di elementi di latino e in terza, come disciplina opzionale obbligatoria per chi intendeva iscriversi al liceo classico. Inoltre nell’impianto della legge erano evidenti alcune debolezze come le poche ore previste per la matematica e le scienze, nessuna di musica, un monte ore nazionale debole basato solo su 25 ore, la presenza delle classi differenziali. T, tutti questi limiti furono poi superati, ma solo 15 anni dopo, con le leggi n. 348 e n. 517 del 1977.

[2] Fu una scelta che mi obbligò solo a trascorrere con mia moglie nel luglio del 1967 una parte del mio viaggio di nozze presso la Scuola di partito Marabini di Bologna in un seminario convocato per discutere sull’argomento! Una scelta che mi impegnò  seriamente almeno nei successivi 20 anni alla costruzione del Sindacato scuola CGIL.

Osvaldo Roman docente cofondatore e dirigente del Sindacato scuola della CGIL, membro del CNPI, esperto di politiche scolastiche.