Il nuovo esame di stato

La nuova prova scritta dei tecnici è il punto di arrivo di un’evoluzione durata molti anni. Tradizionalmente si chiedeva la soluzione di un problema tecnico mediante la scelta, il progetto, il dimensionamento di dispositivo specifico: un meccanismo, un amplificatore, una macchina elettrica, un componente architettonico. Fu con le sperimentazioni, negli anni ’80, che si cominciarono a proporre situazioni più complesse, con una maggiore  considerazione del contesto di utilizzazione delle soluzioni tecniche, chiedendo per esempio lo sviluppo di un progetto su un’ipotetica committenza. La prova su due discipline di indirizzo ha naturalmente aumentato la gamma delle possibili richieste e quindi la complessita, ma soprattutto ha reso più lunga e complicata l’enunciazione del problema.

Negli Indirizzi tecnologici ci sono stati due modelli di tema.  Nel primo prevale un approccio analitico: si presenta un sistema abbastanza complesso di cui si spiegano lo scopo e il funzionamento generale e si chiedono poi soluzioni specifiche per varie parti del sistema. Nell’indirizzo meccanico-meccatronico, per esempio, si parte da un complesso impianto per il recupero di toner esauriti; in quello Elettronico si parte da una vasca fisioterapica per il recupero di capacità motorie di cui vanno rese visibili e controllate automaticamente molte variabili.

Il secondo modello è quello di un progetto su committenza. E’ il caso dell’indirizzo informatico dove agli studenti viene proposta la richiesta del comune di una città d’arte di medie dimensioni che vuole realizzare un diffuso sistema di informazione turistica sui diversi punti di interesse. Lo studente deve ipotizzare le architetture e le soluzioni di principio, sviluppandone poi diverse parti: struttura telematica, software di gestione delle pagine web multimediali, applicazioni per i dispositivi di accesso ecc.

Diverso è il caso dell’indirizzo Sistemi Informativi Aziendali negli Istituti economici dove si accoppiano una disciplina economica, economia aziendale, e una tecnologica, l’informatica. L’approccio è analitico: dopo una presentazione della situazione aziendale si chiedono diverse specifiche soluzioni sia informatiche sia economico-aziendalistiche.

 

Ma come sono andate le cose in pratica?  Per rispondere a questa domanda è stata utile un’indagine in due scuole di Livorno: l’Istituto Tecnico “Galilei”, ricco di numerosi indirizzi tecnologici e dell’Istituto Tecnico “Vespucci” con i suoi indirizzi economici, dove si è discusso con i membri delle commissioni. Niente di quello che viene richiesto agli studenti è fuori dai contenuti e dalle competenze richieste per le varie discipline. Ma ci sono difficoltà. La prima, unanime, difficoltà denunciata è la comprensione e in qualche punto l’interpretazione dei lunghi e complessi testi preliminari e illustrativi. Qualcuno parla di “decifrazione”. Vale la pena ricordare, incidentalmente, che questa difficoltà non è solo un problema della tecnica, ma uno dei problemi generali di tutta la formazione dei giovani. La seconda è, in qualche caso, il numero eccessivo di richieste. Fra l’altro in qualche caso la non soluzione di una richiesta blocca le successive. Il caso limite è quello dell’indirizzo informatico per il quale, anche per la grande quantità di richieste, la prova è stata giudicata dalle commissioni difficilmente fattibile.

Il problema, in sostanza, non è la difficoltà delle domande, ma la complessità della situazione.

 

E ora qualche considerazione. Nonostante alcune difficoltà si tratta di un’esperienza interessante. E’ bene non rinunciare all’idea di porre i problemi tecnici in un contesto più largo, che dia loro significato. E’ in piena linea con i Profili culturali e professionali del curricolo. Però occorre esercitarsi per trovare formule un po’ più realistiche.

Si ha l’impressione che nella formulazione delle prove si sia voluto dare un messaggio forte. Anche più forte, in qualche caso, di quello dato con le prove simulate. E allora la domanda è: questo messaggio può influire sulla pratica didattica quotidiana? Può avere un effetto trazione?

Spesso in passato, per piccoli passi (per esempio dare enfasi a una nuova tecnologia) è avvenuto e ha funzionato. Ma qui si tratta di un problema strutturale. E quindi dovrebbero accadere diverse cose: proporre spesso prove complesse e interdisciplinari, abituare gli studenti all’esame di documenti tecnici e socio-tecnici di una certa complessità, raccordare le soluzioni tecniche al loro uso in diversi contesti. Una piccola rivoluzione culturale.

Il rischio è l’adozione di un doppio canale: la consueta didattica sequenziale monodisciplinare di tutti i giorni e la proposta di affrontare problemi complessi, come un abito da cerimonia da indossare una volta all’anno.

Un punto discusso con le commissioni è stato: questo tipo di prova corrisponde a quello che le imprese si possono aspettare da un diplomato? La risposta prevalente è che le singole richieste specifiche sono adeguate, ma il problema complessivo è non realistico. A proposito del tema di informatica e sistemi qualcuno ha detto che il soggetto adatto per affrontarlo, nella realtà, sarebbe un team di 3-4 esperti con un po’ di tempo a disposizione. Queste prove forniscono materia di riflessione sulla cultura tecnica, sulla professionalità e sul raccordo scuola-lavoro. Ma questo discorso dovrà essere affrontato in modo approfondito in un prossimo intervento.

Mario Fierli