I “se” della sicurezza
Il 10 febbraio è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’Intesa Istituzionale relativa agli indirizzi per “prevenire e fronteggiare le eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici”. Dalla lettura del documento emergono alcune problematiche:
1. alcuni edifici scolastici sono a rischio statico per problemi strutturali e una parte di essi lo sono in misura maggiore, perché localizzati all’interno di aree dove il rischio sismico è più elevato. Spesso le strutture non sono state progettate per resistere alle sollecitazioni orizzontali provocate dai terremoti;
2. alcuni edifici scolastici presentano una significativa vulnerabilità di carattere non strutturale che può comportare, in potenza, conseguenti situazioni di pericolo.
Appare evidente che, al di là dell’entità dei finanziamenti previsti per queste due categorie di interventi, un ruolo cruciale sarà svolto dalla capacità di raccogliere informazioni tecniche su tutti gli edifici scolastici presenti sul territorio nazionale.
A questo proposito, già nel lontano 1996, era stata pianificata l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dell’Edilizia Scolastica. Proprio tra le prime battute del documento di intesa, reso pubblico nello scorso mese di gennaio, viene sottolineata l’esigenza di portare a conclusione il censimento tecnico-strutturale delle scuole italiane previsto dall’articolo 7 della Legge n° 23.
Da un lato, l’intesa istituzionale prevede di completare (finalmente) un sistema informativo nazionale relativo agli edifici, dall’altro, per raffinare ulteriormente le notizie sulle strutture, vengono istituite “squadre tecniche” incaricate di eseguire sopralluoghi nelle istituzioni scolastiche statali del rispettivo territorio, per individuare situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di impianti ed elementi di carattere non strutturale.
La logica dell’intervento previsto è la seguente: solo se avremo raccolto le informazioni necessarie, potremo pianificare gli interventi, sia dal punto di vista economico, che temporale. E gli interventi saranno di due tipi. Potremmo definire “ordinari”, gli interventi edilizi tesi a rimuovere situazioni di pericolo derivanti da vulnerabilità degli impianti o vizi di elementi non strutturali. La categoria degli interventi “straordinari” comprenderebbe, invece, le opere di progetto che avranno l’obiettivo di adeguare, alla normativa strutturale ed antisismica vigente, gli edifici che non garantiscono un’adeguata resistenza congiunta ai carichi verticali e a quelli orizzontali prodotti da un sisma.
La presenza delle squadre di intervento locale garantirà il monitoraggio capillare delle problematiche “ordinarie” alla cui soluzione si dovrà dar seguito in un lasso di tempo molto breve. Le informazioni sugli interventi periodici saranno riportate all’interno del sistema informativo nazionale, mentre per quanto concerne le opere di adeguamento delle strutture, si dovrà fare riferimento a finanziamenti mirati. In definitiva, l’Amministrazione avrà una reale conoscenza della situazione degli edifici scolastici presenti sul proprio territorio e, quindi, potrà pianificare razionalmente gli interventi strutturali ritenuti più urgenti.
Mi sembra un’impostazione assolutamente condivisibile, ma… la differenza che passa, in termini di efficacia, tra un provvedimento legislativo ottimo e uno pessimo, non sta nei suoi propositi, ma nel periodo di tempo che passa dalla data della sua pubblicazione a quello della sua attuazione operativa. La domanda che si pone qualunque lettore oggettivo è la seguente: come è possibile che dopo 13 anni non sia stata completata l’Anagrafe Nazionale degli edifici scolastici?
Appare evidente che il nocciolo della questione sia da individuare proprio nella conoscenza tecnico-strutturale delle strutture scolastiche. Ciò sta a significare che gli Enti coinvolti in queste operazioni di controllo, principalmente Comuni e Province, dovrebbero aver già iniziato a verificare le strutture scolastiche, per controllarne le caratteristiche statiche alla luce di una normativa tecnica che nel corso degli ultimi anni ha notevolmente modificato i parametri di rischio. Molte scuole sono ospitate in edifici datati, a volte addirittura antichi e caratterizzati da strutture in muratura portante.
Periodicamente, sui giornali si discute a proposito dell’istituzione di un “fascicolo del fabbricato”, bene, benissimo, ma se cominciassimo a dare il buon esempio e si partisse dagli edifici pubblici?
Per concludere, alla luce del ragionamento proposto, le “ottime intenzioni” condurranno a effetti positivi se, e solo se, la variabile tempo verrà tenuta strettamente sotto controllo, ovvero:
• se verrà portata, immediatamente, a compimento la campagna di digitalizzazione e di condivisione delle informazioni sui fabbricati destinati ad uso scolastico;
• se i termini previsti dall’Intesa Istituzionale verranno rispettati: sono già trascorsi i 40 giorni entro i quali avrebbero dovuto essere costituite le squadre di intervento locale.
• se le informazioni primarie verranno integrate da quelle relative ai rischi non strutturali, raccolte dalle squadre di intervento locale;
• se l’ordinaria manutenzione verrà effettuata tempestivamente, in modo che il piccolo problema non possa amplificarsi e trasformarsi in un problema di ordine superiore;
• se i responsabili di Istituto (del servizio di protezione e prevenzione) verranno formati adeguatamente ed altrettanto adeguatamente ricompensati a livello economico;
• se verranno incluse, nel piano generale, anche le strutture scolastiche condotte in locazione e di proprietà privata. (In effetti, dalla comparazione delle norme non appare del tutto evidente se l’inidoneità statica del fabbricato possa condurre, o meno, alla risoluzione immediata del contratto di affitto).
Foto di Laura Macrì.
Carlo Nati