Dal convegno “La regionalizzazione dei sistemi di istruzione e formazione”
Che lo si voglia riconoscere o meno, è ormai innegabile, a meno di clamorose inversioni di rotta nel prossimo futuro, che a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 molte Regioni abbiano progressivamente assunto un ruolo di governo dei sistemi di istruzione e formazione decisivo. Questo peraltro in linea con quanto è già accaduto o sta accadendo in molti altri sistemi europei. Quello della regionalizzazione della governance dei sistemi scolastici e formativi, e per certi versi anche dei sistemi universitari e della ricerca, è un fenomeno da esplorare con sempre maggiore attenzione per cercare non solo di comprendere a fondo i cambiamenti che attraversano tali sistemi, ma anche di riconoscere le implicazioni di tali cambiamenti rispetto a una serie di temi sensibili come l’equità, l’integrazione, l’inclusione sociale, lo sviluppo socio-economico.
Il campo dell’education è certamente uno dei settori in cui è piu’evidente lo scontro tra retoriche riconducibili a contrapposte tradizioni di pensiero che offrono immagini molto diverse dei processi di governo dei sistemi educativi, della natura dei servizi che essi offrono, del ruolo dello Stato e delle sue articolazioni in tale offerta, del rapporto tra pubblico e privato, dei valori che devono orientare in questo ambito l’azione delle istituzioni pubbliche. E così, in seno alla transizione verso assetti post-welfaristi, nelle diverse articolazioni della governance multi-livello si può assistere allo scontro tra politiche di ispirazione neoliberale, tentativi di riprodurre modelli di regolazione centralizzati di orientamento welfarista e sforzi di individuare terze vie tra Stato e mercato.
In questo scenario sembra di poter affermare che le politiche messe in campo dalla Regione Campania in materia di istruzione e formazione, di governance dell’università e di sostegno e promozione alla ricerca scientifica si qualificano nel complesso in maniera significativa come tentativo di conciliare prospettive di Terza Via con l’apertura di spazi democratici. E ciò sembra ancor più degno di nota se si considera che l’amministrazione regionale si è mossa in uno scenario nazionale che in questi anni si è caratterizzato per profonda incertezza e ha visto numerose oscillazioni tra orientamenti diversi, a causa dell’alternarsi di governi di segno opposto.
I punti qualificanti di questo tentativo possono essere definiti come segue e attorno a essi si strutturerà questo intervento:
1. un ruolo forte svolto nelle sedi della negoziazione di livello nazionale in difesa di un’interpretazione solidale ma estensiva dei processi di decentramento del governo dell’istruzione, della formazione e dell’università;
2. un forte orientamento al tema dell’equità e del diritto allo studio;
3. la presa in carico delle responsabilità di governo del sistema, in materia di programmazione e non solo;
4. la messa in campo di politiche di abilitazione degli attori e di capacity building.
Questi aspetti saranno trattati in maniera distinta, cercando di portare laddove possibile degli esempi concreti che evidenzino la logica che ha mosso l’amministrazione regionale campana, i pregi della sua azione, i problemi e le contraddizioni irrisolte.
Cortese e Serpieri