Appunti di cultura della sicurezza
Sicurezza sui luoghi di lavoro è argomento che vive un rapporto contraddittorio e scomodo con il sistema-scuola. Si avrà modo di toccare i mille aspetti dolenti del problema. Ora, però, si propone una lettura di un aspetto particolare dettato dai fatti quotidiani. È la stessa norma (art. 11 comma 1 lettera c) del D.Lgs. 81/2008*) che invita la scuola (quasi come un nuovo e specifico adempimento) a leggere cosa c’è intorno al “problema sicurezza” nell’usuale momento didattico, non solo quando è chiamata all’attuazione dei vari obblighi previsti dalla legge.
Già da tempo era stata annunciata una iniziativa governativa per la modifica dell’art. 41 della Costituzione** al fine di promuovere il dinamismo economico dell’imprenditorialità come uno dei mezzi per uscire dalla crisi. Non è la prima volta che norme, come quelle connesse con la sicurezza sul lavoro, sono oggetto di queste “attenzioni abrogative/modificative”. Per esempio, tanto per citare le più recenti, a giugno scorso, durante il G20 in Corea, il ministro Tremonti ribadiva la necessità di queste modifiche in favore della libertà di impresa oppure alla fine di agosto 2010 quando lo stesso ministro diceva “robe come la 626 (ma il D.lgs 626/94 non è stato soppiantato dal D.lgs. 81/2008? n.d.a.) sono un lusso che non possiamo permetterci. Sono l’Unione europea e l’Italia che si devono adeguare al mondo” poi “corretto” dal suo portavoce a seguito delle fitte proteste e dalla tragica sequenza di incidenti mortali registrati a cavallo dei mesi di agosto e settembre (emblematico quello di Capua dell’11 settembre dove 3 operai sono morti per il mancato rispetto di uno degli obblighi connessi alla valutazione dei rischi interferenziali la cui disciplina è stata innovata proprio con l’art. 26 del D.lgs. 81/2008).
Veniamo alla proposta di riflessione. A chi, come me, piace leggere il testo costituzionale attraverso il filo conduttore della centralità del lavoro (e della sua tutela) assunto come valore fondante della nostra democrazia, l’art 41 presenta una duplice importanza. La prima: l’art. 41 sta alla tutela dell’essere produttori/lavoratori protagonisti della realizzazione della ricchezza nazionale come l’art. 21 (sulla libera manifestazione del pensiero) sta alla tutela dell’essere cittadini e l’art. 34 (sulla scuola) sta alla tutela del diritto di “elevamento” di ogni individuo. La seconda: l’art. 41 nel sancire un valore costituzionale (libertà dell’iniziativa economica) ne costituisce, allo stesso momento, i limiti (rispetto della sicurezza, libertà e dignità umana).
Allora se l’obiettivo è quello di favorire il liberalismo economico, le spinte modificatrici non saranno rivolte verso il primo comma ma ai successivi.
Infatti il disegno di legge di modifica costituzionale approvato dal Consiglio dei Ministri n. 125 del giorno 8 febbraio prevederebbe un nuovo art. 41 in cui è “permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”.
Il rischio reale è la perdita di tutte le sollecitazioni normative di carattere proattivo, di miglioramento e di sviluppo del benessere lavorativo. Non è questo quello che chiede il mondo del lavoro. Non è questo quello che chiedono le imprese, soprattutto le più piccole, che cercano di difendersi dalla concorrenza sleale presente nella globalizzazione, dall’eccesso di burocrazia e dal peso dei costi delle grandi corporazioni. Per converso l’attuale situazione di crisi è largamente determinata da una penuria di regole che hanno consentito alla grande finanza, alla speculazione internazionale e al potere delle multinazionali di manovrare il gioco economico.
A che serve allora modificare l’art. 41 quando si può tentare di uscire dalla crisi attraverso l’azionamento delle leve della legge ordinaria, se ritenuto necessario, ma soprattutto sviluppando quei temi già ampiamente condivisi tra Confindustria, sindacati e parti sociali, temi come innovazione e incentivi alla ricerca che non trovano adeguato riscontro in sede politica.
Se il rischio è quello di risultare “conservatori” perché si difendono i valori di una norma di civiltà e di progresso come l’art. 41, ben vengano le critiche, sperando che sorgano presto, a fianco dei comitati di difesa dell’art. 21, analoghi comitati non solo per la difesa dell’art. 41 ma della Costituzione tutta.
* Art. 11 comma 1 lettera c) del D.Lgs. 81/2008
finanziamento delle attività degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale finalizzata all’inserimento in ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche.
** Art. 41 della Costituzione
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Tonino Proietti