La scuola riapre le sue porte

Le molte criticità emerse nelle fasi di attuazione della mobilità nazionale dei docenti hanno catalizzato, in modo sicuramente comprensibile ma forse troppo incline al catastrofismo, l’attenzione degli organi di stampa, lasciando in secondo piano informazioni e processi di primaria importanza di cui l’opinione pubblica dovrebbe prendere atto.

Durante lo scorso anno scolastico e ancor di più nella piena fase estiva, sono accadute cose straordinarie nella scuola italiana: appare sorprendente che di queste novità moltissimi italiani siano ancora all’oscuro. La scuola che si appresta a riaprire i portoni per accogliere milioni di studenti italiani, è una scuola diversa: più moderna, più autonoma e tecnologica; è una scuola più ricca di risorse economiche e soprattutto professionali; è una scuola aperta e flessibile, capace di essere maggiormente inclusiva e attenta ai bisogni degli alunni e delle famiglie; è una scuola allargata che si estende al territorio attraverso reti di scopo e contatti che la lasciano entrare nel mondo delle professioni, dell’economia e del Paese reale.

La Riforma della Buona Scuola ha un impianto solido e ricco di potenzialità: mai come adesso le scuole hanno avuto l’opportunità di organizzare in modo realmente autonomo l’offerta formativa, curricolare ed extracurricolare, e questo è stato resto possibile dall’attribuzione di nuove unità di personale docente (il cosiddetto organico del potenziamento). Non vi è dubbio che limitazioni oggettive – derivanti dall’esigenza di riassorbire le vecchie Graduatorie ad Esaurimento – abbiano in questa fase di avvio impedito una piena realizzazione dei principi guida della Legge 107: i docenti del potenziamento appartengono in molti casi a classi di concorso che non sono presenti nei quadri orari delle scuole ove sono stati assegnati, per cui può risultare difficile impiegarli pienamente dando loro l’opportunità di avere “classi proprie”. Tuttavia, e questo è un fattore di estrema positività, si tratta spesso di persone che hanno maturato esperienze professionali esterne alla scuola e che sono in grado di portare nella dimensione educativa competenze e capacità fortemente agganciate al mondo reale (mi riferisco alla sfera della comunicazione, dell’organizzazione e della progettualità, del management e tanto altro ancora). In questa stessa prospettiva si è svolta – durante il mese di agosto – l’inedita procedura della chiamata per competenze: i Dirigenti Scolastici hanno potuto scegliere, sulla base di criteri pubblicati in piena trasparenza, i docenti da assumere per gli incarichi triennali, valutando titoli ed esperienze professionali che fino ad oggi era inimmaginabile considerare nel reclutamento del personale della scuola.

Sono, queste, delle novità straordinarie, novità che proiettano la scuola italiana verso una nuova era in cui l’autonomia diviene uno spazio concreto di progettazione dei percorsi educativi, capace di andare incontro alle esigenze specifiche dei contesti di riferimento e dei singoli individui. C’è molto da migliorare, non vi sono dubbi, e c’è tanta strada da percorrere: prima condizione essenziale è l’attuazione di quel Piano di Formazione Nazionale del personale docente che la Legge ha previsto (in forma obbligatoria!) ma ancora non ha messo in campo; seconda conquista necessaria è il conseguimento di una diversa mentalità che consenta ai docenti di maturare più fiducia nel sistema di cui sono parte, ma anche di costruire percorsi di apprendimento più elastici, aperti al futuro e alla complessità. Ai docenti cui si chiede uno sforzo di sperimentazione didattica e metodologica vanno offerti strumenti adeguati (enorme è l’impegno degli istituti scolastici per l’adeguamento tecnologico), ma anche assistenti tecnici di laboratorio competenti e aggiornati (indispensabile è un piano di formazione del personale tecnico).

La scuola di questo nuovo anno è vibrante e carica di energie positive che necessitano di una guida responsabile e ferma. Nonostante le difficoltà e le infinite incombenze dell’ultimo anno (gravosissimo è stato l’impegno dei Dirigenti Scolastici, delle segreterie e di tanti docenti con incarichi organizzativi), nelle scuole si percepiscono un nuovo entusiasmo e un ottimismo nascente. La coraggiosa introduzione di un sistema di valorizzazione del merito – che ha consentito ai Dirigenti Scolastici di attribuire un bonus premiale agli insegnanti che si sono distinti per la qualità del proprio impegno – ha generato un processo di autoriflessione sulla professionalità docente e sul principio di merito. E’ stato, anche questo, un fattore di crescita e di comprensione dei processi educativi che mai la scuola aveva vissuto in modo così esteso e profondo. L’individuazione di indicatori utili al riconoscimento del merito, condotta in ciascuna scuola e con la partecipazione di tutte le componenti, ha consentito di destrutturare – in modo analitico ed al contempo focalizzato sulla specifica realtà dell’Istituto di riferimento – il lavoro articolatissimo dell’insegnante e la sua relazione con il “sistema” scuola, la capacità di rapportarsi con i colleghi e di orientare il proprio lavoro sulla base degli obiettivi d’Istituto. Soprattutto, ci si è confrontati – per la prima volta – sul concetto di merito e di valore aggiunto, riflettendo insieme (sottolineerei questo aspetto di condivisione) sui bisogni delle comunità scolastiche, sui loro principi identitari e fattori qualificanti.

Il sogno della scuola autonoma – avviato nel 1999 – sembra compiuto. Sta agli attori di questo cambiamento (dirigenti scolastici e docenti) orientare le nuove risorse verso una svolta definitiva. Le difficoltà determinate da un approccio dirompente, che ci ha travolto ma anche stupito per la sua sostanziale coerenza, vanno affrontate con tempestività e determinazione scongiurando il rischio di incrinare un processo positivo e ormai inarrestabile.

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Irene Baldriga