L’insostenibile rigidità dell’orario scolastico (2 parte)
Si può sostenere che le dotazioni organiche aggiuntive previste dalla legge 107 rappresentino un primo elemento di rottura della camicia di forza entro cui il lavoro scolastico è strettamente avviluppato? Se così fosse non si può continuare a dire, come dice il Ministro dell’istruzione: “aspettate, entro tre anni andrà tutto a posto”, o “sulla buona scuola c’è stata una comunicazione non efficace”, come pare dica il Presidente del Consiglio. Quest’anno dovrebbe segnare l’avvio di una sperimentazione molto partecipata, che eviti inutili e dannose fughe in avanti, volta a studiare con grande attenzione cosa sta succedendo nella realtà, ora che le varie caselle sono state riempite con personale stabile.
Il Ministero invece non pare sia interessato a rendere conto “come e se” saranno osservati i progetti di utilizzo dei nuovi organici nelle scuole, e “come e se” saranno monitorati i processi, forse nell’illusione che, messa in moto una macchina, nel giro di tre anni, tutto andrà miracolosamente a posto. Me se non si hanno idee chiare di cosa si vuole ottenere e non si propongono né si guidano cambiamenti, il risultato sarà quello di avere qualche docente utile per fare supplenze o, al massimo, per contribuire a colmare le più vistose lacune individuali e di gruppo degli studenti.
Ma come? Togliendo gli alunni dalle singole classi? sostituendo qualche docente in affanno? Facendo qualche visita in più? La preoccupazione, volta a svuotare le graduatorie dei precari, ha provocato la corsa alle nomine, l’espediente di collocare gli assunti per fasce, senza dare strumenti o indicazioni adeguate a guidare nelle situazioni nuove, che si vanno creando, una lettura delle competenze professionali che servono oggi alla scuola, a comparare queste con le risorse disponibili, che sono risultato della forza di inerzia che ha guidato per anni il lavoro della scuola, rischiando di parcheggiare i docenti in sala dei professori, senza cambiare nulla.
Non si può affidare tutto alla buona volontà delle scuole, perché si inventino soluzioni innovative ed utili, ma è necessario coinvolgerle tutte in una fase di progettazione in cui le proposte più convincenti servano da traino e quelle più deboli vengano studiate per evidenziarne eventuali potenzialità. Per fare solo un esempio: se una scuola scardina l’orario annuale, lo definisce per periodi in cui coerentemente diverse aree disciplinari vengano accorpate per garantire tempi distesi e non frammentati per svolgere attività di studio, ricerche ed esercitazioni specifiche riunificate intorno a obiettivi di apprendimento ben definiti e riconoscibili, come viene aiutata a ragionare sulla strada avviata ed a confrontarsi con altre esperienze diverse, che sicuramente da qualche parte si stanno avviando?
Molte sono le strade percorribili, ma come si accompagna questo processo, come si sostiene, come si aiutano gli attori a valutarlo, a fare bilanci, a modificare e aggiustare il tiro? Criteri di osservazione di quanto accade dovranno essere formulati al più presto, in modo da consentire a tutti di misurarsi con i tanti problemi che si stanno evidenziando, per individuare con chiarezza le questioni che attengono più specificamente al supporto all’innovazione didattica e quelle che richiedono un impegno di revisione di normative vecchie, a partire da quelle sul reclutamento e sull’individuazione delle aree disciplinari, da necessari adeguamenti contrattuali e di definizione di nuove modalità di gestione del personale nel suo complesso. Questo è sicuramente compito di un Ministero che volesse credere nelle promesse fatte durante il dibattito sulla buona scuola. Noi, da parte nostra, intendiamo continuare a parlarne e documentare, qui su Education 2.0, le esperienze delle scuole e le loro progettualità.
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