Il ri(s)catto delle lauree scientifiche
170.000 studenti, 3.000 scuole e 4.000 docenti della scuola secondaria, 1.800 docenti universitari.
Questi sono i numeri del Piano Lauree Scientifiche degli ultimi anni, che testimoniano uno sforzo costante nel raccordare sempre di più scuola, università e mondo del lavoro.
Si parte da lontano:
– nel 2003 con la prima programmazione del Progetto Lauree Scientifiche;
– nel 2005 con la prima realizzazione del Progetto;
– nel 2009 con la trasformazione del Progetto Lauree Scientifiche in Piano nazionale per le Lauree Scientifiche.
Per inquadrare la portata del progetto – promosso dalla Conferenza Nazionale dei Presidi di Scienze, dal MIUR e da Confindustria – va ricordato che nel 2001 l’Italia era appena partita con l’implementazione del “Processo di Bologna” – avviato con lungimiranza da quattro ministri dell’istruzione (Claude Allegre per la Francia; Luigi Berlinguer per l’Italia; Tessa Blackstone per il Regno Unito; Jürgen Rüttgers per la Germania) nel 1998 in occasione dell’800esimo anniversario della fondazione della Sorbonne – il quale aveva come obiettivo la creazione del cosiddetto “Spazio Europeo dell’Alta Formazione” e che attualmente coinvolge 47 Stati.
L’avvio del percorso universitario comunemente chiamato il 3+2 non è stato accompagnato da un’adeguata campagna d’informazione, creando problemi alla scuola che, da una parte non era informata della trasformazione in atto nell’università, e dall’altra era ignara degli sbocchi occupazionali che il nuovo assetto della formazione superiore avrebbe arrecato.
Questo percorso ha complicato fortemente l’azione di orientamento universitario.
Al tempo stesso, le università si sono mosse per attuare una politica di orientamento più mirata ad avere “clienti” che a promuovere scelte consapevoli da parte dei giovani; quest’ultimo fattore è stato molto controproducente. Infatti, è proprio una scelta consapevole che riduce il problema degli abbandoni, di cui ancor oggi l’università italiana soffre.
Le lauree scientifiche di base, o come forse ingiustamente vengono chiamate le lauree delle scienze dure, sono state particolarmente segnate dalla crisi delle vocazioni scientifiche che all’inizio degli anni 2000 aveva di fatto decimato le immatricolazioni ai corsi di laurea in Matematica, Fisica, Chimica e Scienze dei materiali.
Il progetto del Piano Lauree Scientifiche si è posto fin dall’inizio l’obiettivo di riequilibrare le immatricolazioni ai corsi di laurea delle scienze di base; obiettivo sollecitato nel 2003 dal Consiglio (per l’Istruzione) dell’Unione Europea, che chiedeva agli Stati membri di incrementare del 15% – entro i primi dieci anni del nuovo millennio – i laureati in Matematica, Scienze e Tecnologie.
Apparve immediatamente chiaro che quest’obiettivo poteva essere perseguito solamente:
– migliorando l’insegnamento della Matematica e delle Scienze sperimentali nelle scuole secondarie di II grado;
– intervenendo sugli aspetti metodologici e, quindi, promuovendo l’uso dei laboratori per abituare gli studenti all’utilizzo del metodo scientifico per verificare le proprie inclinazioni e le proprie attitudini;
– realizzando un vero orientamento formativo che, estendendosi durante tutti e tre gli ultimi anni delle scuole superiori, portasse ad acquisire una cittadinanza scientifica e a fare scelte consapevoli per la carriera universitaria.
Questi sforzi sarebbero stati, però, inutili se non si fossero coinvolti profondamente e totalmente gli insegnanti, gli unici a essere i depositari dell’attività di orientamento dei loro studenti.
Proprio per cogliere questi aspetti, si è ritenuto opportuno promuovere e incentivare le attività di laboratorio coprogettate in maniera paritaria tra scuola e università, al fine di poter realizzare contemporaneamente sia l’orientamento formativo degli studenti che la crescita professionale degli insegnanti, già in servizio nella scuola.
Questi obiettivi sono stati raggiunti?
Direi di sì.
Le immatricolazioni ai corsi di laurea in Chimica, Fisica e Matematica, nel corso di questi anni, sono cresciute pur con delle fluttuazioni, riportando il numero degli immatricolati quasi al livello dei primi anni Novanta del secolo scorso.
Ovviamente non è stato solo merito del Piano Lauree Scientifiche, ma di una crescente consapevolezza stimolata anche dalle riflessioni europee, su come scienza e tecnologia possano e debbano essere viste sempre di più al servizio dei cittadini, assicurando una crescita economia e sociale equa e sostenibile.
Che cosa pensano gli insegnanti?
Un’indagine a cura dall’Istituto IARD offre un panorama molto incoraggiante, particolarmente ricco di spunti positivi e di stimoli al miglioramento.
Il Piano Lauree Scientifiche ha avuto il merito di sperimentare e accreditare una metodologia per l’insegnamento delle materie scientifiche. È su questa metodologia che dobbiamo puntare per una messa a sistema delle migliori pratiche del Piano.
È sull’insegnamento delle materie scientifiche a scuola e all’università che si potrà basare la competitività del nostro Paese e dell’Europa nei prossimi anni.
Nicola Vittorio