Oggi l’ateneo più antico del mondo si dà un nuovo statuto
È prevista per oggi mercoledì 27 l’approvazione del nuovo statuto dell’Università di Bologna. È probabilmente il caso più complesso d’Italia: Bologna ha attualmente il massimo numero di facoltà (ben 23), ed è articolata su molte sedi (oltre a Bologna, Forlì, Cesena, Ravenna, Rimini). Un test interessante, dunque, per valutare l’applicabilità della riforma “Gelmini”.
Il processo attraverso il quale si è pervenuti al testo definitivo, e le varie versioni finora rese note, sono stati fortemente contestati da molte componenti della comunità accademica, a cominciare dai “Docenti Preoccupati” (cfr. http://www.docenti-preoccupati.it/), dal CoNPAss (Coordinamento Nazionale Professori Associati, cfr. http://www.professoriassociati.it/), e da tutte le organizzazioni sindacali, fino a giungere alla messa in atto di un referendum autogestito, cui hanno aderito 2300 lavoratori, indetto su quesiti specifici volti a mutare le scelte portanti del nuovo statuto (cfr. http://www.intersindacale-unibo.it/).
Che cosa cambia rispetto al passato? Nella nuova visione efficientistico-aziendalistica della 240/10, il Consiglio di Amministrazione, aperto anche a esterni, diventa la massima espressione della governance. A differenza che altrove, vedi per esempio il Politecnico di Torino, il CdA di Bologna sarà designato e non eletto, come viceversa era assai radicata, e da molti apprezzata, tradizione. Di più, esso non sarà in alcun modo revocabile da chi lo ha designato, cioè il Senato Accademico. Questa è la vera grande novità, e al contempo il vero nodo politico della questione, al di là di tutte le numerose questioni di dettaglio.
Altro aspetto non marginale sarà la riduzione drastica delle strutture scientifico/didattiche, per cui le tradizionali 23 facoltà si ridurranno a 11, e i 68 dipartimenti a poco più di una trentina. Il tutto attraverso aggregazioni spesso forzose e a volte persino contrastate; rispondenti, in ogni caso, a criteri di supposta riduzione di spesa e non di specificità scientifica. La legge fissa a priori il numero massimo delle facoltà, al più 12. Ora, questo aspetto riveste carattere di marginalità per i piccoli atenei (molti già in partenza non arrivavano a 12 facoltà), mentre diventa assai problematico quando si parte da 23, molte delle quali con tradizioni antichissime, e per niente disposte a perdere la loro storica denominazione, o a contaminarla con altre. Per i dipartimenti, che dovrebbero esprimere una forte caratterizzazione scientifico disciplinare, il discorso è ancora peggiore; con l’aggiunta che il dettato della legge (40 i docenti necessari per ogni dipartimento), per scelta locale è stato con zelo aggravato: 50 il numero minino richiesto.
Che dire? Negli intenti dei suoi fautori, la 240/10 dovrebbe portare a razionalizzazione dei costi, meritocrazia e maggiore efficienza. Per adesso, per questa via, si è avuta una spesa enorme in burocrazia fine a se stessa, tagli indiscriminati ed eliminazione di corsi di laurea e di saperi, riduzione nel numero degli studenti, enormi quantità di ore sottratte alla ricerca, blocco di qualsiasi avanzamento di carriera, a prescindere dal merito. Gli ottimisti ritengono che in futuro la situazione migliorerà; certo, sarà molto arduo riuscire a peggiorarla.
English abstract: The final version of the new regulation of the University of Bologna is going to be approved today. Since tomorrow people will face strong changes and problems.
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Nell’immagine: l’ingresso di alcuni studenti nella Natio Germanica Bononiae, il collegio di studenti tedeschi a Bologna; miniatura del 1497.
Maurizio Matteuzzi