L’università italiana tra passato e futuro

Ragionare dell’università italiana tra passato e futuro, sulla base della tradizione degli Atenei, di quanto definito dalla Carta Costituzionale, delle esperienze della Repubblica e del contesto internazionale, significa guardare alla storia e alle prospettive del nostro Paese. 

La conversazione tra Berlinguer e Matarazzo è in questo senso densa di stimoli, di approfondimenti, di conoscenze raccontate e condivise, di idee e proposte. D’altra parte i protagonisti di questo vivo dialogo conoscono l’università italiana come pochi, hanno visto tutta la propria vita svolgersi a stretto contatto con gli ambienti universitari, con la vita di docenti, ricercatori e studenti, con i cambiamenti via via realizzati in termini di modelli didattici, di organizzazione, di apertura. Tutto con la consapevolezza sempre presente di quello che possiamo definire il valore politico dell’università, la sua funzione rispetto alle classi dirigenti, agli ideali che le ispirano, alle conoscenze e competenze che permettono di disegnare obiettivi collettivi e seguire percorsi per realizzarli. E tutto in un’idea aperta, democratica e inclusiva, mai elitaria dell’università, ma anche delle stesse classi dirigenti, della comunità di cittadine e cittadini, del futuro dell’Italia.

Scorrere i capitoli in cui si suddivide la conversazione tra gli autori permette così di andare a rintracciare tutti i nodi principali dell’evoluzione storica e sociale dell’università, con ogni riflessione accompagnata anche dai materiali di riferimento, per permettere, oltre alla condivisione della lettura proposta, approfondimento e documentazione diretta. 

D’altra parte questo insieme di competenza e relazione, di merito accademico e politica, di insegnamento e ispirazione è una caratteristica che chiunque abbia avuto l’occasione di frequentare Luigi Berlinguer ha potuto verificare e sperimentare in prima persona e che dà ancora più valore al testo, nella sua parte storica e ancor più nelle conclusioni che guardano al futuro, che è l’aspetto su cui voglio soffermarmi. 

Anche l’Università italiana deve cambiare, Matarazzo e Berlinguer lo dicono chiaramente, sottolineando la necessità di uno “strappo con la tradizione” che permetta agli Atenei di rinnovare la propria funzione, continuando a svolgere un ruolo importante per la formazione di singoli cittadini come di una società aperta, democratica, giusta, sostenibile, mirata al benessere collettivo.

Viviamo in un periodo storico che si caratterizza per la velocità dei cambiamenti in corso, determinati da dinamiche globali, tecnologiche, di innovazione dei modelli di produzione, di formazione, di condivisione. Internet, digitale, robotica, intelligenza artificiale: il nostro mondo sta cambiando sotto i nostri occhi, un cambiamento che procede con una continua riformulazione del paesaggio tecnologico, industriale, economico, sociale e culturale, e con ripetute e inedite accelerazioni, come certamente sono state la pandemia o la guerra in Ucraina. 

In questo scenario l’Università e l’insieme del sistema della formazione terziaria e della ricerca devono certamente sapersi aggiornare e adeguare, potendo così sostenere l’impegno di tutto il Paese verso un cambiamento positivo e necessario,  in linea con gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, a partire dall’obiettivo 4, che individua nell’educazione di qualità, equa ed inclusiva un fattore trasversale di cambiamento dei modelli di crescita. 

In società sempre più globalizzate e sempre meno intermediate il sistema di istruzione e formazione deve fornire alle giovani e ai giovani strumenti di comprensione, di conoscenza e consapevolezza, affinché non siano prede di manipolazione, né passivi fruitori di un mondo che non capiscono, né tantomeno si trovino spauriti e spaventati di fronte ai cambiamenti. Questo vuol dire educare ragazze e ragazzi aperti e curiosi, che vedono nella diversità fonte di arricchimento, rispettosi dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, fermi oppositori di qualsiasi forma di discriminazione o di emarginazione. Protagonisti del proprio presente e caparbi costruttori di un futuro in linea con le proprie ambizioni e con i propri sogni. Cittadine e cittadini di società che vivono concretamente i valori di cui è intrisa la nostra Costituzione.   

L’Università, allora, deve servire innanzitutto alla formazione culturale, scientifica, alla crescita della conoscenza e dei saperi, oltre che del senso di responsabilità (coltivare, in senso generale, gli studi che educano le coscienze) e, solo dopo, all’utile. E l’utile è costituito dalle necessità di sviluppo economico e sociale dell’Italia nel contesto e di fronte alle sfide della competizione globale, per la quale dobbiamo irrobustire il nostro sistema di imprese, puntando su conoscenza e competenze, come accaduto con Industria 4.0.

L’università, in questo senso, è parte fondamentale di quella filiera della conoscenza che può permettere all’Italia (e all’Europa) di attivare un circuito virtuoso fatto di investimenti sulla scuola e su tutto il sistema di istruzione, formazione e ricerca, intesi come fattori di crescita collettiva sostenibile e strumenti per i percorsi individuali, per poter trovare un lavoro di qualità, realizzare i propri progetti, essere cittadine e cittadini soddisfatti, consapevoli, partecipi della comunità e della sfida di un cambiamento dei modelli produttivi e di consumo che sia più rispettoso dell’ambiente e delle persone.

Concludendo, ancora una volta l’elaborazione e le riflessioni di Luigi Berlinguer sono utili al dibattito culturale e politico del paese. 

 

Nota della Redazione 

L’università italiana tra passato e futuro (Conoscenza-Roma 2022) è il testo di cui l’articolo offre una utile e stimolante sintesi. Sono sette  i densi capitoli che lo compongono e tematizzano gli argomenti della conversazione: 

  1. La Costituzione. 
  2. L’università negli anni sessanta. 
  3. La riforma Ruberti e la nascita del ministero. 
  4. Il processo di Bologna e la cooperazione europea. 
  5. Gli ordinamenti didattici nelle università. 
  6. Reclutamento e concorsi. 
  7. La valutazione nelle università. 

Il libro si presenta come agile strumento di riflessioni e approfondimenti attraverso le 5 appendici che offrono una puntuale documentazione delle questioni affrontate e delle sintesi  cui negli anni si è pervenuti a livello politico istituzionale. 

  • L’università nella Costituzione ( appendice cap.1 ). 
  • La magna charta delle università, la dichiarazione di Sorbona 1997, la dichiarazione di Bologna 1999, la conclusione del quaderno della CRUI (appendice cap.4 ). 
  • Legge 34 1990, legge 127 1997; linee guida per la progettazione in qualità dei corsi di studio di nuova istituzione per l’anno accademico 2021-2022-ANVUR 2020; modello di aggiornamento e razionalizzazione della classificazione dei saperi accademici e del sistema delle classi dei corsi in funzione della flessibilità e internazionalizzazione dell’offerta formativa, parere del CUN 2018 e parere del CUN sulla proposta della Ministra Messa di riforma degli ordinamenti didattici-2022 ( appendice cap 5 ). 
  • L’appendice al cap 6 ricostruisce il lungo percorso storico/giuridico  del reclutamento universitario dall’unità d’Italia, agli anni ottanta, alla  proposta Berlinguer, alle riforme Moratti, Mussi, Gelmini fino ai lavori della commissione Istruzione del senato del 2022. 
  • L’ultima appendice, quella al capitolo 7, riporta “stralci” di discussioni parlamentari in relazione alla legge 240 del 2010, al regolamento dell’ANVUR del 2010 e ancora all’art.15 ( incentivo per i risultati conseguiti ) del DLGS n.19 del 2012, concludendo col testo  definitivo dell’art.15.

Valeria Fedeli già senatrice del Partito Democratico è stata Ministro della Pubblica Istruzione, dell’Università e della ricerca nel Governo Gentiloni.