La sconfitta del come

In una canzone di qualche anno fa, Niccolò Fabi cantava: “nel mezzo c’è tutto il resto e tutto il resto è giorno dopo giorno e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire e costruire è potere e sapere rinunciare alla perfezione”. Con la canzone “Costruire” il cantante ci voleva ricordare che tra ogni partenza e ogni traguardo c’è il percorso, che tra il desiderio e la sua soddisfazione c’è l’attesa, che tra un obiettivo e il suo raggiungimento c’è il come tale obiettivo viene raggiunto.

Purtroppo, però, il “come” è stato sconfitto, il modo in cui raggiungiamo un obiettivo ha perso tutto il suo valore, non solo in quanto percorso ma soprattutto in quanto apprendimento.

Senza entrare nel merito, ci sono due situazioni politiche che confermano la mia tesi.

Da una parte ciò che siamo venuti a sapere dalle intercettazioni fatte rispetto alle cene di Arcore, dove giovani ragazze, molto carine, hanno ricevuto aiuti economici e sponsorizzazioni varie grazie, proprio, alla loro avvenenza; dall’altra il percorso del testo sul federalismo municipale, bocciato dalla commissione bicamerale (cioè ritenuto, da entrambe le camere, non idoneo a diventare legge) ma votato, invece, dal governo, in barba alla sovranità parlamentare.

Due esempi concreti di quanto il come sia perdente e il metodo non abbia più senso.

Si potrebbero fare altri esempi, non solo legati alla politica.

Però, che proprio la politica, per prima e in modo, a mio avviso, consapevole, scelga di non dare più valore al come si perseguono obiettivi, siano essi la promulgazione di una legge o la realizzazione di un proprio sogno, è un fatto grave.

È una scelta educativa, in fondo.

Lo hanno detto tante voci, di diverso livello sociale o parte politica, uomini e donne preoccupate di quale società stiamo costruendo.

L’esempio che è sotto i nostri occhi quotidianamente ci forma e ci fa crescere, ci plasma e costruisce in noi, a livello sociale, un modo di ragionare e, quindi, di costruire il nostro futuro, personale e collettivo, senza però tenere conto del come, perché il come, ormai, non ha più dignità e l’attesa è tempo perso.

Per chi vive ancora legato ai frutti della terra, è chiaro che il tempo che passa da quando pianti un seme a quando raccogli il frutto non è tempo perso: è il tempo della natura, della speranza, dell’apprendimento, della preparazione, della maturazione.

Il tempo che investe una persona a studiare per superare un esame non è tempo perso: è il tempo della conoscenza, della meritocrazia, della soddisfazione, della responsabilità, della maturazione.

Questo tempo, però, perde il suo valore nel momento in cui offriamo e potenziamo esempi nei quali l’obiettivo prevale su tutto.

Allora diventa normale che per superare un concorso pubblico non sia più importante come ti prepari, ma quanto paghi o chi conosci; diventa normale che per divertirti non valuti il come, ma ciò che prima ti fa uscire di testa: alcol, droga o fumo che sia; diventa normale che per guadagnare di più vada bene anche rubare, fare truffe o condoni; diventa normale che per vincere una gara sportiva non sia rilevante come e quanto ti alleni ma che sostanze usi; diventa normale che chi sbaglia non paghi perché il come si fanno le cose non interessa più a nessuno.

Ecco allora in che modo si consuma la sconfitta del come.

Almeno in apparenza.

Concludo, infatti, con un pensiero positivo, con la consapevole speranza che dietro i primi piani ce ne siano di secondi nei quali ci sono persone che investono nella costruzione, consapevoli del fatto che “costruire è potere e sapere rinunciare alla perfezione” cioè scegliere di dare maggiore valore al percorso piuttosto che alla meta, di rendersi conto che l’obiettivo del superamento di un esame non è il superamento stesso quanto la conoscenza, che una sfida affrontata è già superata, che una gara, magari vinta, è solo l’ultimo allenamento di una serie.

Ecco allora che la vita non si trasforma in un “come” superfluo racchiuso tra l’inizio e la fine, bensì, può essere affrontata per ciò che è, quel “tutto il resto” che in fondo, lo sappiamo, fa la differenza.

Siamo disposti a insegnare questo ai ragazzi?

Se volete mi trovate qui: roberto.parmeggiani@accaparlante.it.

Roberto Parmeggiani