Insegnare lettere nel biennio dei licei: qualche indicazione per operare
A prescindere dal giudizio critico sull’intero riordino del secondo ciclo di istruzione, che ho già espresso in altri scritti, resta sempre il fatto che per un insegnante si presenta l’antico dilemma: hic Rhodus, hic salta! E, siccome io sono un insegnante di lettere, non posso sottrarmi al dovere di dire la mia sul come fare o… sul come farei, operando in un biennio liceale!
I referenti normativi sono nello specifico i seguenti:
a) l’identità dei licei (dpr 89/10, art. 2, cc. 1 e 2;
b) il profilo culturale educativo e professionale (allegato A al dpr 89/10);
c) i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi, relativi alle cinque aree, metodologica, logico-argomentativa, linguistica e comunicativa, storico-umanistica, scientifica, matematica e tecnologica (allegato A al dpr 89/10);
d) i risultati di apprendimento relativi allo specifico percorso di insegnamento (allegato A al dpr 89/10);
e) il piano degli studi dello specifico percorso e relativo indirizzo (uno degli allegati da B a G al dpr 89/10);
f) l’allegato A al decreto interministeriale Miur-Mef del 26 maggio 2010, relativo alle Indicazioni nazionali; g) l’insegnamento di lingua e letteratura italiana, di storia e geografia in ordine alle “linee generali e competenze” e agli “obiettivi specifici di apprendimento” del relativo corso di studio, di cui agli allegati da B a G del citato decreto.
Si tratta dei referenti normativi che riguardano l’intero quinquennio, per cui è doveroso considerare il progress dei contenuti di studio (le conoscenze richieste agli alunni) e non attardarsi a ricercare le competenze terminali che, pur se richiamate nell’epigrafe – in quanto l’intero riordino del secondo ciclo dovrebbe essere centrato soprattutto sulle competenze – di fatto non vengono né definite quanto meno descritte. È necessario, però, porre la dovuta attenzione:
A) alle competenze conclusive dell’obbligo di istruzione che, com’è noto, è stato recentemente innalzato di due anni e che sono definite e descritte negli allegati al dm 139/07;
B) al modello della relativa certificazione, di cui al dm 9/10, modello che i consigli delle classi seconde dovranno utilizzare fin dal prossimo mese di giugno.
Pertanto, le discipline devono essere considerate sotto un duplice aspetto, sia nella prospettiva quinquennale che in quella biennale. Nel biennio, infatti, le competenze richieste sono eguali per ciascun percorso (dai licei agli istituti tecnici e professionali, ai corsi di Istruzione e Formazione Professionale, IeFP, ai percorsi della formazione professionale regionale e allo stesso apprendistato in cui, con la recente approvazione in via definitiva del ddl Collegato sul Lavoro, è possibile concludere l’obbligo). Non a caso, il comma 2 dell’articolo 2 del citato dm 139/07 recita testualmente: “I saperi e le competenze… assicurano l’equivalenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità dell’offerta formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio”. E a tal fine “le istituzioni scolastiche possono avvalersi degli strumenti di cui al dpr 275/99, con particolare riferimento all’articolo 4, c. 2, nonché dell’utilizzazione della quota di flessibilità oraria del 20%”. È quindi opportuno che i consigli di classe progettino i percorsi con approcci pluridisciplinari, possibilmente modulari, lungo ciascuno dei quattro assi culturali previsti dal dm 139/07.
Va anche considerato che nel modello di certificazione le sei competenze relative all’asse dei linguaggi sono state così disaggregate:
• le tre relative alla padronanza della lingua italiana;
• quella relativa alla lingua straniera;
• le altre due relative alla fruizione del patrimonio artistico e letterario e all’uso e alla produzione di testi multimediali.
Il che può consentire un’articolazione più dettagliata della progettazione curricolare. E occorre anche considerare che l’asse storico-sociale riconduce a tre categorie distinte di competenze:
• quella propriamente storico/geografica;
• quella che riconduce direttamente alla nuova disciplina Cittadinanza e Costituzione;
• quella relativa all’hic et nunc, o meglio alla conoscenza delle caratteristiche essenziali del territorio per quanto concerne il suo tessuto produttivo.
Ne consegue che gli insegnanti di lettere sono tenuti a progettare percorsi che attengano sia ai suggerimenti delle Indicazioni nazionali che a quelli indotti dall’innalzamento dell’obbligo di istruzione. Infatti, è da uno studio attento dei due documenti normativi e, soprattutto, dei relativi allegati che è possibile avviare e realizzare percorsi che siano in grado di coniugare il “vecchio” con il “nuovo” in una dimensione in cui diacronia e sincronia costituiscano l’unicum, pur articolato, della ricerca che si conduce quotidianamente con gli alunni.
Si considerino i seguenti aspetti, che sembrano avere poco a che fare con discipline di insegnamento come generalmente sono intese, ma che, invece, ne costituiscono i nuclei vitali e motivanti. La lingua non è solo un oggetto culturale (il testo “importante”, i Promessi Sposi o la Commedia o un saggio sul pensiero debole di Gianni Vattimo), ma è anche e soprattutto “strumento del pensiero”, un “mezzo per stabilire un rapporto sociale”, il “veicolo con cui si esprime in modo più articolato un’esperienza, l’espressione di sentimenti, stati d’animo”. In tali termini si esprimono quei programmi dell’Ottantacinque che hanno consentito un balzo in avanti della nostra scuola elementare! Si tratta di un invito a una graduale scoperta della potenza della lingua e dei suoi innumerevoli usi che un insegnante deve saper veicolare nei propri alunni. Basti pensare, per esempio, all’efficacia della drammatizzazione, dell’autobiografia, della peer education, della pratica laboratoriale, della ricerca di gruppo, tutti strumenti che mettono in gioco la persona, o meglio più soggetti, provocando quel “bagno linguistico” interattivo di cui non possiamo assolutamente fare a meno.
Di qui consegue che l’insegnante parli il meno possibile e invece faccia fare il più possibile con precise e mirate istruzioni di lavoro. La sollecitazione al discutere su “oggetti” ed “eventi” mirati e debitamente selezionati (com’è fatta una matita o un bicchiere o un edificio, come e perché piove, o si stampa un giornale) conduce a utilizzare la “lingua come scoperta”, come attivo strumento intrapersonale e interpersonale di analisi, di comprensione e di conoscenza. In tal modo l’attenzione alla “regola” grammaticale non è imposta, ma è scoperta perché un corretto ricercare propone e impone un corretto pensare e parlare. In un’ottica di questo tipo non sarà difficile in una seconda classe nel secondo quadrimestre del prossimo anno scolastico affrontare l’origine della lingua italiana, anche perché nel loro percorso di studio gli alunni hanno anche imparato come e perché l’uomo abbia avuto la necessità di produrre linguaggio come concausa del suo stesso sviluppo: e una lingua non è tale se non muta e si arricchisce con il tempo.
Se nell’adolescente la progressiva costruzione di un linguaggio sempre più ricco sia sotto il profilo semantico che sotto quello sintattico concorre anche all’individuazione e alla definizione del Sé, una corretta costruzione dello spazio/tempo favorisce i processi di socializzazione con gli Altri da Sé e di interazione con il Reale. Non è un caso che l’epigrafe che introduce l’allegato relativo alle competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria (si veda il dm 139/07) così reciti: “L’elevamento dell’obbligo di istruzione intende favorire il pieno sviluppo della persona nella costruzione del sé, di corrette e significative relazioni con gli altri e di una positiva interazione con la realtà naturale e sociale”. Si sottolinea che un Soggetto è tale soprattutto nella misura in cui è in grado di costruire positivi rapporti con gli Altri (la dimensione affettiva, cooperativa) e con il Reale (la dimensione della conoscenza finalizzata all’intervento sulle cose e sugli eventi, l’accesso al lavoro).
Va anche considerato che il Soggetto si trova nell’immaginario incrocio di una retta verticale (le successioni temporali, il passato, il presente e il futuro) e di una retta orizzontale (lo spazio, il vicino e il lontano, l’insieme degli eventi e degli oggetti). Il Soggetto, partendo fin dalla nascita dal centro delle due rette, conosce, apprende e costruisce il suo spazio/tempo dando vita a un’altrettanto immaginaria spirale. E in questa progressione passa da un primitivo hic et nunc a un sempre più consistente tum et illic. Così Spazio e Tempo, Diacronia e Sincronia, costituiscono un unicum dialettico che, però, da un lontano passato ci è stato offerto come due distinte discipline, Storia e Geografia. La scelta che è stata effettuata per il biennio, pur riproducendo le due discipline per puri motivi ordinamentali e di cattedra, è singolare e innovativa e tende a restituire unità a due istanze del nostro vivere, anche quello quotidiano, istanze che sono inseparabili nella concretezza del reale. Nelle Indicazioni si dice esplicitamente che “la storia comporta una dimensione geografica; e la geografia umana, a sua volta, necessita di coordinate temporali”. È sufficiente leggere i contenuti della storia del primo biennio per rilevare come e perché il presente non sia affatto una dimensione estranea. Un solo esempio: il vicino Oriente, la civiltà giudaica, la nascita e la diffusione dell’Islam sono occasioni preziose e indispensabili per scoprire il Presente e le ragioni profonde di alcune delle attuali nostre difficoltà. Un secondo esempio: l’urbanizzazione, la globalizzazione, lo sviluppo sostenibile, l’Unione europea, sono forse oggetti di studio della sola Geografia? Assolutamente no! È chiaro che spetta all’intelligenza dei docenti del Consiglio di classe progettare un percorso che nel giro del biennio consenta agli alunni di acquisire sia le conoscenze necessarie per accedere al triennio sia le competenze culturali richieste per la conclusione del biennio obbligatorio.
Occorre sottolineare la continuità che corre tra l’asse storico-sociale e le otto competenze chiave di cittadinanza che riguardano propriamente il vivere oggi in una società complessa: imparare ad imparare; progettare (riguardano precipuamente la persona, la costruzione del Sé); comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile (riguardano la dimensione interpersonale, il Sé con gli Altri); risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire e interpretare l’informazione (riguardano il Sé nei rapporti con la realtà naturale e sociale, proiettato nella dimensione operativa e lavorativa). Si tratta dell’ampia tematica che possiamo desumere anche dalla nuova disciplina trasversale Cittadinanza e Costituzione.
Nella cm 86 dello scorso 27 ottobre leggiamo come e perché la nuova disciplina, più che oggetto di studio, debba costituire una serie di occasioni di pratica di vita comunitaria. Nella detta cm leggiamo infatti che “le competenze sociali e civiche di cittadinanza” si declinano, solo per fare qualche esempio “nella problematizzazione e nella valutazione critica di fatti e comportamenti; nella mediazione e gestione pacifica dei conflitti; nel fair play nelle attività sportive; nel rispetto di se stessi e degli altri, delle regole sociali così come nella cura per le cose proprie e altrui e dei beni pubblici; nella pratica della gentilezza; nell’assunzione di atteggiamenti responsabili verso la comunità scolastica e sociale; nel far valere i propri diritti e riconoscere quelli altrui così come nell’assolvere i propri doveri; nel partecipare alle iniziative di democrazia scolastica; nella valutazione critica di comportamenti lesivi della dignità della persona, nella comprensione e nell’aiuto dei compagni variamente in difficoltà, nella accoglienza dei diversi da sé, nella messa in discussione di pregiudizi e stereotipi anche in riferimento alle differenze di genere; in condotte attente al risparmio energetico, alla tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale”.
In conclusione, ho tentato di disegnare una pista unitaria e organica lungo la quale le quattro discipline che afferiscono agli insegnamenti storico-letterari possano dispiegarsi senza particolari distinzioni (fatte salve le valutazioni periodiche) in forza della costante ricerca – e della conseguente pratica didattica – di tutte le intersezioni che le legano e sulle quali gli insegnanti possono progettare il relativo curricolo. Ovviamente, le tracce che ho disegnate meritano tutti gli approfondimenti del caso se vogliono diventare una concreta pratica didattica non tradizionale. Tutto ciò anche se il contesto ordinamentale (quadri orari, classi di età, classi di concorso ecc.) sembra più guardare al passato che al futuro! Ma questo lo dobbiamo costruire noi!
Maurizio Tiriticco