Delle competenze, tra definizioni, tassonomie e cosmesi
Il dibattito sulle competenze minaccia di essere tanto più puntiglioso (definizioni e tassonomie) quanto meno operativo e promotore di sensate esperienze. La minaccia di “cosmesi” (mutar battesimo a categorie e strumenti già in uso) è proporzionale alla sottovalutazione del cambio di paradigma che l’introduzione di tale riferimento costituisce (costituirebbe) nel lavoro didattico concreto e nelle sue fasi cruciali (dall’insegnamento alla valutazione).
Propongo due definizioni consolidate di “competenza”. La prima recita che le competenze costituiscono “la capacità dimostrata di utilizzare le conoscenze, le abilità, le attitudini personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio nello sviluppo professionale e/o personale. Tali competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”.
È la definizione desunta dal quadro europeo delle qualifiche.
La seconda recita: “La competenza è una caratteristica intrinseca di una persona legata ad una prestazione eccellente in una mansione definita. Si esprime in termini di conoscenze, esperienze, capacità, abilità, attitudini esercitate con autonomia e responsabilità”.
È una definizione utilizzata in modo consolidato in sede aziendale, o meglio tra chi si occupa professionalmente, in quel contesto, della selezione del personale.
Lascio al lettore attento l’analisi delle assonanze e delle differenze tra le due definizioni: ma mi pare di poter dire che vi siano significative convergenze.
Sul complesso rapporto tra “accertamento e descrizione” delle competenze e processi e strumenti di valutazione (rapporto tutt’altro che scontato…) mi permetto un’autocitazione bibliografica di un volume nel quale tale questione viene trattata. (Franco De Anna, “Valutare i dirigenti della scuola”, Spaggiari editore, Parma, 2006).
Qui, a partire dalle definizioni citate, parzialmente convergenti, mi limito ad alcune considerazioni.
Franco De Anna