Istituti tecnici e professionali come scuole dell’innovazione (prima parte)
Una nuova organizzazione dei saperi – Il modello curricolare della scuola secondaria italiana – di impianto gentiliano – è notoriamente costruito su una gerarchia dei saperi che prevede implicitamente la superiorità delle discipline umanistiche su quelle scientifiche. La visione gerarchica delle scienze poneva più in alto l’episteme, le scienze teoretiche, a un livello intermedio la praxis, le scienze pratiche e, ancora più in basso, la poiesis, il sapere produttivo, le conoscenze operative proprie delle professioni e dei mestieri. Questa concezione ha egemonizzato per quasi un secolo il sistema scolastico del nostro Paese e di conseguenza ha accentuato il dualismo tra cultura umanistica e cultura scientifica, tra formazione e lavoro, e ha relegato a un ruolo subalterno gli istituti tecnici e professionali. In realtà le scienze della natura, le scienze della vita e le scienze socio-economiche sono interconnesse in una logica di emergenza dal basso, per cui dove termina la comprensione di una disciplina inizia la comprensione di un’altra. Nel nuovo paradigma della complessità le diverse discipline non sono posizionate secondo una piramide gerarchica, ma si presentano come un sistema a rete. Le più recenti ricerche sulle modalità di funzionamento dei nostri processi cerebrali individuano la natura costruttivistica e sociale del conoscere. La percezione umana appare immersa nella dinamica dell’azione, per cui esiste un nesso assai stretto tra percezione, azione e progetto. L’azione, infatti, non costituisce esclusivamente un tentativo di risposta al bisogno immediato, ma contiene e sviluppa anche la domanda di senso della realtà e dell’essere. Infine l’acquisizione dell’idea di Howard Gardner delle intelligenze multiple, non gerarchizzate fra di loro, ha contribuito a superare la subordinazione di una forma di intelligenza rispetto alle altre. Così l’allievo dotato di un’intelligenza maggiormente “naturalistica” o “spaziale” non è né superiore né inferiore ad un altro dotato di un’intelligenza prevalentemente “linguistica” o “logico-matematica”, e la maggior propensione all’attività pratica o la “passione” per i congegni tecnici non costituiscono una condizione di inferiorità, ma una risorsa per l’individuo e per la società.
Le scuole dell’innovazione: un laboratorio dove nasce il futuro – La Commissionre doveva trovare una caratterizzazione forte per Gli Istituti Tecnice e Professionali. E allora abbiamo pensato di attribuire agli istituti tecnici e professionali la denominazione di “scuole dell’innovazione”. Se i licei sono le scuole classiche, ovvero scuole che privilegiano studi teorici e fortemente orientati alla tradizione e al sapere consolidato, allora gli istituti tecnici e professionali sono le scuole dell’innovazione, ovvero scuole che privilegiano studi tecnici e applicativi fortemente orientati al futuro. Formare le “persone dell’innovazione” significa formare – per dirla alla Snow – “uomini che hanno il futuro nel sangue”. Tutti i nostri sforzi per rilanciare l’istruzione tecnica e l’istruzione professionale non avranno esito se nelle scuole mancherà un’anima, una comune ispirazione, una prospettiva, una passione, un grande disegno che accomuni allievi e docenti. Se noi non riusciremo a innescare dentro le scuole, insieme a studenti e professori, questa visione delle scuole dell’innovazione, che indica la possibilità di farne un laboratorio di costruzione del futuro, un laboratorio dove si possa dire: “vieni a vedere dove nasce il futuro”, noi non ce la faremo. Ma solo con i piani di riforma degli indirizzi e con i regolamenti non ce la faremo. Occorre immaginazione.Come diceva Einstein “La logica ti porta da A a B, ma l’immaginazione ti porta ovunque”.
Dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento – Nel conseguire gli obiettivi assegnati dal Ministero, la Commissione ha colto una opportunità unica, quella di assumere come schema di riferimento per la ridefinizione dei contenuti dei curricula il recentissimo European Qualification Framework (EQF), approvato in sede europea il 23 Aprile 2008. Il cambiamento rispetto all’impianto attuale gentiliano è notevole, oserei dire una vera e propria rivoluzione copernicana. Si passa dalla scuola delle discipline alla scuola delle competenze, dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento. Se mi si consente la semplificazione: conoscenze + abilità = competenze, la definizione dei programmi delle discipline avviene a partire dalle competenze attese in uscita, passando attraverso l’individuazione delle abilità, per arrivare alle conoscenze che rappresentano lo snodo verso le discipline. Il grande cambiamento sta nel fatto che si supera la tradizionale separazione delle discipline, essendo le competenze per natura basate su conoscenze interdisciplinari. Si tratta di una grande sfida destinata a cambiare anche la didattica.
Ma se i tecnici e i professionali migreranno verso l’EQF con le forti implicazioni appena descritte, cosa sarà dei licei? C’è il rischio, molto concreto, di due impianti diversi.
Alberto F. De Toni