L’insegnamento della matematica: un problema?
I risultati che la scuola italiana ha ottenuto in questi anni in ambito matematico sono contraddittori: quelli di alcuni studenti sono di assoluta eccellenza e ottengono buoni riconoscimenti sia nel campo della ricerca che delle professioni, mentre molti studenti non riescono a raggiungere il diploma di Stato o lo raggiungono con grande fatica. La cosa più grave è che anche molti diplomati con ottimo punteggio non sono “ben preparati” e, pur possedendo notevoli conoscenze e abilità matematiche, non riescono a utilizzarle nella vita quotidiana o professionale.
Ma quali sono le ragioni per cui il nostro modo di insegnare non funziona più? Ne enuncerò solo due.
1. È cambiata la percezione sociale della scuola: il nostro modello scolastico è costruito per studenti motivati, con un loro obiettivo e ben disposti allo studio. Ora la scuola ha perso immagine sociale: il diploma non garantisce più il posto di lavoro, paradossalmente sono più stabili e meglio retribuiti i lavori manuali e a basso livello di scolarizzazione rispetto a quelli di tipo intellettuale. La conseguenza: studenti con scarse aspettative e poco motivati allo studio.
2. Si sono moltiplicate le agenzie formative degli studenti: mass media, strumenti digitali, enti formativi.
Alcuni pedagogisti definiscono i ragazzi di oggi nativi digitali. I loro stili di apprendimento e di pensiero sono molto diversi da quelli di chi, come noi “immigrati digitali”, si è formato prima attraverso esperienze di natura psicomotoria nel gioco “fisico” con i propri compagni e poi sui libri. Gli immigrati digitali seguono un pensiero “sequenziale” (apprendimento teorico poi applicazione) i nativi invece pensano in modo parallelo (apprendimento da esperienze multiple, simultanee e di breve durata). Ciò porta a maggiori difficoltà nell’apprendimento tradizionale, ma ha anche grandi potenzialità tutte da scoprire. Manifestazione evidente di queste potenzialità è il fatto che, per la prima volta nella storia dell’umanità, i figli insegnano ai genitori, ad esempio l’uso delle nuove tecnologie (quanti genitori si affidano ai figli per la gestione di un videoregistratore, piuttosto che di un telefonino o di un computer?). Un altro esempio sono le famiglie immigrate, in cui spesso i figli assumono il ruolo di mediatori culturali nei confronti dei genitori.
Credo sia inutile dare giudizi o porsi domande sulla bontà o meno di questo cambiamento: questa è la realtà che ci si presenta e la società civile ci chiede di affrontarla modificando l’offerta formativa per rispondere alle nuove esigenze che i cambiamenti sociali pongono.
Le indagini internazionali non valutano tanto i saperi matematici quanto le competenze di uso della matematica. Questa scelta è una immediata conseguenza delle tesi di Lisbona, che tutti i paesi europei hanno condiviso, e risponde ai bisogni di una società in continuo cambiamento, in cui l’evoluzione tecnologica richiede a tutta la popolazione alte competenze. La matematica sta diventando uno strumento necessario per vivere consapevolmente la vita quotidiana.
Sergio Pea