Amarcord le fiabe
La ricerca mi ha condotto per tre anni tra piazze, negozi, strade, spiagge, ristoranti, supermercati, coiffeur pour dames … sia nella città in cui dimoro, sia in altre città, meta dei miei frequenti viaggi (dal nord al sud d’Italia). Con fare da inviata speciale – che non vuole farsi riconoscere – mi cimentavo ad acchiappare l’attenzione e la curiosità di persone di ogni età (maggiorenni però) anche lasciando supporre e inferire che si sarebbero riviste in chissà quale rete televisiva. Avevo con me centinaia di foglietti, decorosamente elaborati al computer, con un ridottissimo questionario (in allegato): due semplici domande a risposta aperta ma prevedendo anche “non so” o “non ricordo”; ne consegnavo uno a ciascun/a intervistato/a e, mentre rassicuravo sul fatto che non fosse obbligatorio rispondere e che non ci fossero risposte giuste o sbagliate, sollecitavo risposte immediate. Su richiesta dell’intervistato/a talvolta io stessa ho letto le domande e ho trascritto le risposte evitando di condizionare – con atteggiamenti e/o tono della voce – le eventuali risposte; il più delle volte, tuttavia, le persone hanno compilato autonomamente il questionario senza il mio aiuto e senza ulteriori chiarimenti rispetto alle indicazioni date.
Ma oltre l’indagine diretta (faccia a faccia), il questionario ha trovato un insospettato riscontro attraverso e-mail o fax (con lettera di accompagnamento in cui, fra l’altro, si chiedeva di ri-inoltrare il questionario ad altre persone del loro personale indirizzario di posta elettronica) raggiungendo in tal modo – e in tempi brevi – anche persone di diverse città.
Mi attendevo dalle risposte del questionario un piccolo input per sviluppare un personale studio sulla valenza formativa delle fiabe; ovviamente non potevano bastarmi quelle che (sebbene in numero consistente) avevo letto o che mi avevano letto. Sentivo la necessità di muovermi su un ampio ventaglio di fiabe per raccogliere idee o seguire tracce per una ricerca a diversi livelli.
Le domande poste mettono l’attenzione sulla fiaba e sugli autori/tra-scrittori di questo genere narrativo e “indagano” sui ricordi o sulla conoscenza di coordinate della fiaba secondo fasce per sesso, età, titolo di studio.
L’indicazione di tre titoli di fiabe e nomi degli autori con domande a risposta aperta (che sebbene complesse da registrare/tabulare evitano, ovviamente, condizionamenti con impliciti suggerimenti) rispondono all’esigenza sia di ampliare il patrimonio di dati informativi, rispetto specificatamente alla “quantità” di fiabe e di autori, sia di rilevare la pertinenza di quanto indicato come fiaba rispetto alle caratteristiche della stessa (distinguendola da altri generi letterari), sia di rilevare un’eventuale congruenza/corrispondenza tra numero e genere letterario con il numero/nome degli autori.
Non avevo alcuna pretesa di scientificità; pensavo di coinvolgere tremila persone, poi cinquemila … ma alla fine – quasi insaziabile – ho raccolto 8.153 questionari.
E ciò nonostante, tale campionamento è ridotto, casuale, non rappresentativo e (suppongo) con un alto grado di inattendibilità. Pur tuttavia, senza banalmente generalizzare, assumo il questionario semplicemente come un piccolo indizio o un piccolo angolo di specchio di quello intero e molto ampio in cui, per l’appunto, si riflette l’intera società dai 18 anni in poi.
Intanto occorre dire che fiabe da me “previste” ai primi posti si collocano, invece, in una posizione non dominante, ma soprattutto ho scoperto titoli di fiabe (ma anche di altri generi letterari) che non conoscevo: ho incontrato autori per me “nuovi” o sconosciuti, di volta in volta registrati per eventuali e ulteriori ricerche; tra questi alcuni stranieri in ragione del fatto che il questionario – a fronte dei flussi migratori o degli insediamenti – ha incrociato cittadini di diverse nazionalità.
E così mi sono ritrovata a cercare e poi a leggere alcune fiabe “suggerite” inconsapevolmente dagli intervistati.
Entriamo ora nel merito delle risposte, fermando la nostra attenzione ai dati più significativi.
Si rileva un notevole scarto tra maschi e femmine: 41% uomini, 59% donne. D’altra parte per strada, nei negozi, sulla spiaggia e a scuola “ho incontrato” più donne, oltre al fatto che le mie amicizie (quasi ovvio) siano prevalentemente al femminile.
Anche i dati sui laureati (26,2%) e diplomati (37,4%), discordanti da indagini accreditate, trovano ragione sul fatto che un buon numero di persone intervistate – o come amiche o come colleghi di lavoro – gravitano nel mondo della scuola e quindi in buona parte sono laureate e diplomate.
Occorre dire che per 24 censiti non è stato possibile decifrare/decodificare né, di conseguenza, accertare i titoli delle narrazioni, né i nomi degli autori (alcuni dei quali scritti in lingua straniera e/o con scrittura non leggibile). Pertanto i “punteggi” e/o le percentuali – di fatto, da qui in poi – si riferiscono a 8.129 questionari. Le complessive risposte tra fiabe e altre narrazioni sono 19.111; 5.276 sono le risposte ”non so” o non date. 15.338, poco più dell’80% delle risposte date, sono pertinenti alle fiabe (pur non rigidamente classificate in ragione degli indicatori/descrittori a parere degli esperti); quelle non pertinenti alle fiabe sono poco meno del 20%; 87 sono le fiabe, 71 le altre narrazioni, riconducibili a favole (soprattutto), romanzi, film d’animazione, miti, leggende…
Tra le 87 fiabe, le 10 più “gettonate” sono: Biancaneve e i sette nani con ca. il 9% di preferenze, seguono Cenerentola con ca. il 7,5%, Cappuccetto rosso con quasi 7,4%, La sirenetta con ca. il 7,2%, La bella addormentata nel bosco con ca. 6,6%, Pinocchio con ca. 5,7%, Pollicino con il 5%, Il gatto con gli stivali con ca. il 4% praticamente quanto Hansel e Gretel, seguiti con immediatezza da Raperonzolo con ca. il 3,9 delle preferenze.
Solo le risposte inerenti queste suddette 10 fiabe rappresentano il 60% delle complessive risposte pertinenti le fiabe.
Il restante 40% delle risposte si distribuisce tra altri 77 titoli di fiabe, più o meno conosciute.
C’è da chiedersi se i “ricordi” siano rinforzati o, addirittura, suggeriti dai film d’animazione di Disney visto che – tra altre narrazioni e, soprattutto, tra gli autori – Disney occupa un notevole posizione.
Se è vero che rispetto agli autori/tra-scrittori di fiabe, i ricordi appaiono più sbiaditi, va detto che molti dei censiti hanno citato due-tre fiabe di uno stesso autore (es. Grimm, Andersen, Perrault); anche per questo, dunque, le citazioni degli autori non sono direttamente proporzionali alle risposte sulle fiabe.
Sono stati menzionati 57 autori (riconducibili a diversi generi letterari); tra gli autori di fiabe hanno la preminenza i fratelli Grimm (ca. 48,2%), seguono Perrault (ca. 16,5%), Andersen (ca. 13,2%) e C. Collodi (ca. 9,2 %), quest’ultimo menzionato per altre fiabe (1) e non “riduttivamente” soltanto per Pinocchio. Se in qualche modo davo per scontato il ”successo“ dei Grimm, di Perrault e di Andersen, devo sottolineare che Calvino come “autore” ha una dignitosa “collocazione” (109 preferenze) anche se è citato più come romanziere che autore/traduttore di fiabe (2) .
Gozzano come autore è a “pari merito” con Calvino, ma le sue fiabe I tre talismani, Il re porcaro, Non so “prendono” complessivamente 378 preferenze.
Con mio stupore ho rilevato che Basile, Capuana, Gozzi, Gramsci, Imbriani, Landolfi, Pitrè, Straparola, sono stati citati sia per le fiabe (complessivamente 478 preferenze) sia come autori (con 210 complessive menzioni).
Indubbiamente alcune variabili di contesto hanno determinato questo “risultato”; intendo dire che probabilmente alcuni intervistati appartengono a quella fascia di docenti che hanno fatto il concorso per l’accesso alla professione prima degli anni Settanta del secolo scorso (3) ; d’altra parte quelli più giovani hanno fatto un percorso universitario il cui piano di studi prevede uno specifico approfondimento nel settore della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza (4).
Le narrazioni di Rodari prendono 104 preferenze: suppongo siano insegnanti di scuole primaria – che ripropongono ai bambini i giochi suggeriti dall’autore stesso (5) – ma (ne sono convinta) anche intervistati che da bambini sono rimasti affascinati dalle storie (racconti, favole, romanzi, filastrocche…) di Rodari: una girandola di situazioni esilaranti, paradossali, comuni e/o imprevedibili, di straordinarie trasformazioni, di finali a sorpresa (6). Come anticipato quasi il 10% (con 517 menzioni) annovera W. Disney fra gli autori di fiabe: il dato va ricondotto (credo) all’ampia produzione/diffusione di cartoni o film d’animazione attraverso cui Disney ha edulcorato, riveduto e corretto le fiabe originali “ trasformandole” in un immediato prodotto per bambini, di grande impatto visivo.
Alla luce dell’80% delle risposte specificatamente sui titoli delle fiabe – siano esse classiche e popolari, d’arte o d’autore, moderne e/o contemporanee – possiamo inferire che ancor oggi esse non sembrano accantonate o consegnate all’oblio.
Forse perché cariche di un lungo passato umano: elaborazioni delle radici, del senso, delle attese, dei sentimenti, delle passioni della specie umana … ma anche trasfigurazioni fantastiche della realtà odierna?
È evidente la sintesi tra quotidiano e straordinario, l’avvicendarsi di personaggi e situazioni in una struttura narrativa semplice, lineare, essenziale che – tra incanto e stupore – consente la proiezione su un piano fantastico e magico dei desideri più intimi e delle ansie più segrete.
Le fiabe, si sa, raccontano – pur con variazioni e nuove combinazioni – di esperienze umane, di storie (anche paurose) ma, al dunque, avvincenti e divertenti. Chi le legge o ascolta ritrova se stesso: scorrono conflitti vissuti nel proprio intimo, difficoltà da superare, avventure e prove di crescita, occasioni di elaborazione … G. Petter (psicologo dell’età evolutiva e psicopedagogista) sostiene la necessità di raccontare fiabe ai bambini; gli fa eco J. Bruner (psicologo statunitense che si è occupato di psicologia cognitiva e di psicologia dell’educazione) secondo il quale le fiabe sviluppano il “pensiero narrativo” e cioè la capacità cognitiva attraverso cui le persone strutturano la propria esistenza e le danno significato. Se nel secondo dopoguerra la fiaba – allorché “si scopre” diseducativa, irrazionale e sadica, tale da spaventare i bambini e di alimentare le loro ansie – è in un certo senso messa al bando e sembra destinata a scomparire, nella seconda metà degli anni settanta B. Bettelheim, professore di psicologia e psichiatria all’università di Chicago, rilancia le fiabe come “pedagogia della riuscita”: l’eroe, per quanto piccolo e indifeso, alla fine vince sempre. Le fiabe parlano al bambino delle sue gravi pressioni interiori e offrono esempi di soluzioni sia permanenti sia temporanee a pressanti difficoltà (…) Il significato più profondo della fiaba è diverso per ciascuna persona, e diverso per la stessa persona in momenti differenti (7). Più recentemente P. Santagostino (8) , psicologa e psicoterapeuta specializzata in medicina psicosomatica, ha elaborato una tecnica di utilizzo terapeutico della fiaba.
Di segno contrario è la tesi di D. Torelli e A. Coppola de Vanna (l’uno neuropsichiatria e l’altra psicopedagogista); essi sostengono che sicuramente le fiabe per i loro contenuti non fanno bene (…) un certo uso costante e smodato di esse sicuramente danneggia (9).
Al di là di questo complesso dibattito, credo che raccontare/leggere fiabe ad un bambino sia un atto delicato: bisogna saper accogliere e interpretare le emozioni che il bambino, di volta in volta, manifesta e modulare/adattare le fiabe anche attraverso un’opportuna prossemica, tagli, omissioni, ri-aggiustamenti… magari giocando in uno dei tanti modi che ci ha suggerito Rodari.
Dati di un’indagine sulla Fiaba
Note
(1) Carlo Lorenzini (alias Carlo Collodi) nel 1875, per conto dell’editore Paggi, traduce dal francese le fiabe di Charles Perrault e a queste ne aggiunge alcune di Madame d’Aulnoy e Madame Le Prince de Beaumont. La sua traduzione risente del linguaggio toscano, ironico, fatto di arguzia e spontaneità popolaresca.
(2) Il cosiddetto “Grimm italiano” con le sue Fiabe italiane (duecento), intese rappresentare tutti i tipi di fiaba di cui è documentata l’esistenza nei dialetti italiani e rappresentare tutte le regioni italiane.
(3) Come è noto, fino a quegli anni, la domanda di studi e di ricerche nel settore della letteratura per l’infanzia e la gioventù, e dunque la richiesta di una produzione editoriale specializzata, nascevano prevalentemente dalla normativa vigente in materia di formazione e di reclutamento dei maestri elementari.
(4) A livello universitario, viceversa, la letteratura per l’infanzia ha trovato solo ultimamente una piena cittadinanza, come disciplina autonoma nei curricula dei corsi di laurea in Scienze dell’Educazione e in quelli destinati alla formazione dei docenti di scuola primaria.
(5) Quale insegnante della scuola primaria non conosce oltre al gioco del “binomio fantastico” quegli altri giochi che Rodari suggerisce? Sono oltre 40 i giochi che Rodari propone, attraverso immagini, non sense, indovinelli, favole… passando dalla modernizzazione di vecchie fiabe – come Cenerentola o il Pifferaio Magico – a narrazioni con prospettive e punti di vista diversi, con personaggi anticonformisti (ma anche donne e uomini comuni: operai, ragionieri, autisti, pompieri, vigili urbani, dottori, commessi viaggiatori …) ed eventi imprevisti, dal gioco delle “carte di Propp” all’uso delle marionette, dall’uso di un prefisso arbitrario a quello dell’errore creativo (accenti, lettere e fonemi che scompaiono e si perdono, segni d’interpunzione irrequieti e maldestri, verbi – al modo condizionale – insoddisfatti e sospirosi, connettivi logici in rivolta).
(6) D’altra parte Rodari – mentre coniuga intenti pedagogici e felici invenzioni fantastiche e umoristiche – gioca con le vecchie narrazioni, impasta, contamina, fa come egli stesso dice una “insalata di fiabe.
(7) B. Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe, Feltrinelli 1980.
(8) P. Santagostino, Guarire con una fiaba. Usare l’immaginario per curarsi, Universale Economica Feltrinelli 2006.
(9) D.Torelli, A. Coppola De Vanna, Dalla parte del lupo: menzogne e mistificazioni nelle fiabe maggiori, Bari Adriatica, 1980.
Approfondimenti
. B. Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe, Feltrinelli 1980.
. P. Santagostino, Guarire con una fiaba. Usare l’immaginario per curarsi, Universale Economica Feltrinelli 2006.
. D.Torelli, A. Coppola De Vanna, Dalla parte del lupo: menzogne e mistificazioni nelle fiabe maggiori, Bari Adriatica, 1980.
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Immagine in testata di Pianeta Donna
Patrizia Costanzo