A proposito dei nuovi programmi di Italiano e Storia
Il 26 maggio, su piattaforma Indire, sono state pubblicate le Indicazioni nazionali definitive per i Licei, contenenti gli OSA e i programmi riformati. Non intendo qui addentrarmi nella selva delle critiche o delle benemerenze, ma solo fare una riflessione concreta e avanzare una proposta, credo, di buon senso, che i singoli collegi docenti potrebbero far propria sfruttando l’autonomia.
Per quel che riguarda le mie discipline, italiano e storia al biennio, i cambiamenti non sono né pochi né di poco conto: al biennio si anticiperà lo studio della letteratura italiana, in modo da iniziare il triennio dallo Stilnovismo; per quanto riguarda la Storia, mentre oggi il triennio copre un arco temporale che va dal 1300 ai giorni nostri, ora il limite in basso viene spostato all’anno Mille.
In Storia – com’è noto – l’era Berlinguer aveva modificato la scansione temporale dei precedenti programmi prefiggendosi uno studio più attento dell’epoca moderna e contemporanea, mentre in questo modo si riconcentra l’attenzione sul mondo antico e medievale.
Ora, però, se la riforma Gelmini tiene conto delle modifiche nel frattempo intervenute nell’assetto dei programmi di storia fra scuola elementare e scuola media e può avere un’indubbia utilità per un liceo classico, dato che al triennio i ragazzi studieranno Letteratura latina e greca e, dunque, avere un’ottima preparazione storica relativa al mondo antico faciliterà la comprensione dei fenomeni letterari studiati, in un liceo come quello in cui insegno (scientifico, con opzione tecnologica e linguistica) non è detto che sortirà gli stessi effetti.
Per i ragazzi dello scientifico sarà naturalmente più motivante (e più formativo) approfondire le guerre puniche o la rivoluzione industriale?
Da questo punto di vista occorrerebbe un sano federalismo scolastico e, in indirizzi come lo scientifico, il linguistico o il tecnologico, potrebbe risultare utile legare lo svolgimento del programma di Letteratura italiana al biennio con quello di Storia.
In questo modo, ipotizzando realisticamente che in Italiano si studi fino alla Scuola poetica siciliana, si può immaginare di arrivare con la Storia a Federico II (segnatamente alla sua morte, dunque al 1250 d.C.).
Ciò avrebbe due significativi vantaggi, uno strettamente didattico e uno culturale in senso lato.
Il vantaggio didattico consiste nella maggiore semplicità con cui credo i ragazzi acquisiranno la conoscenza di un determinato periodo storico, di cui conosceranno, contemporaneamente, il retroterra socio-politico-economico oltreché le manifestazioni culturali e la produzione letteraria, con tutti i vantaggi legati a uno studio necessariamente interdisciplinare considerato che, solitamente, ai docenti di materie letterarie viene affidato, contemporaneamente, l’insegnamento sia dell’Italiano che della Storia.
Al contrario, non si vede la congruità didattica di un programma di Storia che si arresti all’Alto Medioevo e di uno di Letteratura che si spinga di ben duecento anni al di là di quel limite.
L’altro vantaggio è legato al fatto che i docenti di materie letterarie, con 7 ore di insegnamento nella stessa classe (4 di Italiano e 3 di Storia e Geografia), possono gestire più comodamente il monte orario, mentre i colleghi del triennio già al tecnologico e al linguistico si sono visti decurtati un’ora di Filosofia – con tutto quello che ne conseguirà in termini di bignamizzazione del loro insegnamento – e, per la Storia, avranno a disposizione due ore di insegnamento settimanali e solo quelle.
Modificare la scansione temporale dei programmi e prevedere come limite in alto per il biennio il 1250 d. C. anziché il Mille, permetterebbe dunque ai colleghi del triennio di gestire più serenamente il tempo in classe, poter curare meglio la conoscenza dei fenomeni studiati, evitare di sacrificare lo studio di fenomeni più vicini alla sensibilità dei ragazzi e alla comprensione del mondo in cui essi vivono, nonché dedicarsi con più sobrietà allo sviluppo di abilità e competenze.
Salvo Piccinini