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Valutazione o formazione dei docenti? Quale priorità?

Pubblicato il: 10/05/2011 11:35:00 -


Quanto detto dal prof. Daniele Checchi sembra fotografare assai bene il punto di vista variegato e controverso dei docenti a proposito della differenziazione stipendiale sulla base del riconoscimento del merito. E gli altri commenti non fanno che suffragare le affermazioni dell'intervista.
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Secondo me il problema del riconoscimento del merito dei docenti non può essere risolto né sulla base della valutazione degli apprendimenti degli alunni né sulla base dei materiali didattici prodotti e messi a disposizione a scuola, come qualcuno ha affermato. Spesso infatti è proprio all’interno della scuola che non si socializza alcuna attività né individuale né di team. I docenti sono guardinghi e restii sia a divulgare il propria prassi didattica sia a recepire positivamente quella dei colleghi. Spesso purtroppo si lavora in completa solitudine e poche sono le eccezioni felici. Credo che il problema sia molto più complesso e di non facile risoluzione perché investe non le competenze didattiche individuali né la preparazione culturale complessiva del docente, ma piuttosto la mancanza di formazione continua per tutto l’arco della vita professionale dei docenti stessi. In genere il docente difficilmente ha reali occasioni di formarsi nelle tecniche didattiche e nelle problematiche pedagogiche che il cambiamento continuo delle generazioni di studenti richiede, ciascuna con esigenze molto diverse che dipendono da vari aspetti, ma che sono fisiologiche in quanto rispecchiano i mutamenti sociali sempre più complessi. Sono infatti questi stessi mutamenti a richiedere da parte del docente un continuo adeguamento della propria prassi didattica. Ma ciò non può darsi nella solitudine alla quale siamo abituati e dalla quale difficilmente riusciamo a uscire con un atto di volontà.

Allora mi sembra evidente come sia nell’interesse del MIUR, che deve avere a cuore il miglioramento complessivo della scuola tutta e non di singole aree felici, adoperarsi perché la formazione dei docenti avvenga in modo obbligatorio. Istituire l’obbligatorietà della formazione in servizio dei docenti mi sembra sia una strada efficace per il miglioramento effettivo degli apprendimenti degli alunni. Finora, viceversa, tale aspetto nel sistema dell’istruzione è stato affidato all’ambiguità dell’espressione che descrive la formazione come “diritto-dovere”, il quale però, non obbligando i docenti, deresponsabilizza il ministero, che fa ricadere sulla responsabilità individuale la mancanza di competenza didattica. Per concludere, io direi che non sarebbe proprio necessario ricorrere all’incentivazione del merito se la carriera dei docenti fosse collegata a un sistema di formazione seria, negoziata e condivisa con i docenti stessi (e naturalmente monitorata e valutata) attraverso un serio sistema strutturato di corsi all’interno delle stesse scuole, con vere risorse finanziarie adeguate, attraverso l’organizzazione di temporanee sospensioni dal lavoro in una turnazione periodica. In modo che il docente viva la formazione in servizio come occasione di miglioramento della propria professionalità, modificando atteggiamenti e convinzioni che rendono attualmente tanto difficile il suo mestiere, potendosi confrontare in tutta serenità con gruppi di pari.

A fronte di tutto il discorso sulla formazione ci sarebbe anche quello, non meno importante e complesso, dei formatori, altra “vexata quaestio” che al momento rimane irrisolta, anzi oserei dire ignorata dal Ministero. Il quale, da una parte organizza corsi di formazione a carattere nazionale e regionale, dall’altra non riconosce le competenze dei formatori. Ma questo è un discorso da affrontare prossimamente in un altro filo di discussione, se se ne manifesterà l’interesse.

Maria Rosa Giannalia

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