Sulla Storia e sulla Didattica della Storia
Crisi della Storia e della Didattica della Storia? Se è vero che con la Riforma degli ordinamenti universitari la nostra stessa università si sarebbe licealizzata, perdendo i suoi tratti distintivi ed elitari di fucina del pensiero riflessivo, mi pare che i problemi che attanagliano la Scuola ormai non siano più estranei alla Grande Accademia Nazionale. Ci si chiede come mai adolescenti e giovani non siano più affascinati dalle vicende del passato, rinchiudendosi nel “presentismo” dell’attualità contemporanea dove sembrano vigere temi, problemi e codici che non avrebbero nulla a che fare con la Storia e la didattica della Storia.
Il fatto è che la Storia insegnata ai nostri allievi è una Storia e una Didattica della Storia centrata sul “passatismo”. La Storia e la sua Didattica proposte ai nostri allievi affrontano i problemi della “disciplina” (termine ristretto, limitato perchè i problemi della Storia sono trasversali, interdisciplinari, contaminazionistici e ibridanti e non monotematici e isolazionistici), dal punto di vista del passato, sostenendo categorie esplicative e interpretative concettualmente obsolete, morte. I problemi reali e vitali del mondo degli allievi non esistono e, in verità, non solo quelli, se vi aggiungiamo anche quelli dei codici e delle metodologie d’apprendimento che vanno di pari passo con i reali bisogni cognitivi e formativi degli allievi dalla scuola all’università.
La Rivoluzione culturale della Globalizzazione, l’accelerazione della modernità, esplosa nell’ultimo trentennio e intensificatasi con il processo di decolonizzazione e con l’emergere dell’Elefante Indiano e del Dragone Cinese, non rientra non solo nelle coordinate temporali dei programmi scolastici e universitari, ma ancor meno nelle categorie concettuali e metodologiche dei docenti della scuola e dell’università. La Storia e la sua Didattica si fermano non solo curricolarmente di fronte al secondo conflitto mondiale, ma anche ideologicamente e metodologicamente.
I problemi delle interdipendenze globali, la rottura delle periodizzazioni canoniche ed eurocentriche del tempo e dello spazio e l’irruzione sulla scena del mondo di nuovi Antagonisti Globali vengono tenuti fuori non solo dalla Didattica della Storia contemporanea, ma anche da quella moderna, medievale e antica. La realtà non eurocentrica e non occidentale della Storia contemporanea e il suo rifiuto di una narrazione monotematica a vantaggio di una storia narrata e problematizzata da intrecci, interdipendenze e pluripolarità che si manifestano anche attraverso un apparato tecnologico e comunicativo non più unilineare, ma multilineare e ibrido che privilegia l’espressione franta e iperdinamica del mondo elettronico e globalizzato, non vengono minimamente considerate e valorizzate . Una storia del mondo contemporaneo che produce nuovi problemi e soggetti storici oltre che tecnologie, codici e linguaggi alternativi e rivoluzionari come gli immaginari adolescenziali e giovanili che ne derivano, non è nell’agenda dei nostri docenti e quando, raramente, lo sono, trovano l’immediata ostilità dei colleghi dell’Accademia della Conservazione scolastica e universitaria, sostenuta da stampa e opinione pubblica abbarbicate agli stereotipi dei veteromodelli liceali.
Il fatto è che questi iscritti al Club del Purismo si ammantano del manto illusionistico della necessità epistemologica dell’empirismo specialistico, settoriale ed erudito che, nel tentativo di cogliere il particolare, cancella la dimensione dell’interconnessione planetaria, globale e comparativa e sopprime l’approccio interpretativo e critico oltre a non considerare gli aspetti più innovativi di una didattica non lineare, intrinsecamente connaturata ai contenuti storici e fortemente focalizzata sulla multilinearità interattiva e protagonistica degli allievi. Adolescenti e giovani che nel Laboratorio cooperativo e collaborativo, antigerarchico e “antifeudale”, interattivo, elettronico, multimediale e telematico ritrovano il loro immaginario, ripotenziandolo, e i loro propri modelli cognitivi e formativi, rivitalizzandoli e trasformandoli in apprendimento creativo protagonistico al contrario dei loro docenti soprattutto universitari che vi vedono il caos della disperazione. Due mondi e due approcci inconciliabili.
La centralità dello specialismo in Storia non è dovuto solo a “esigenze” erudite o a richieste specifiche dell’Accademia, ma anche e soprattutto a una incapacità di aprirsi al mondo per le sue più che eventuali conseguenze epistemologiche, professionali oltre che metodologiche.
La ripetitività della obsoleta lezione frontale, la microparcellizzazione del proprio ristretto settore disciplinare consentono di difendersi meglio dall’assalto delle problematiche dirompenti del mondo globalizzato e degli apprendimenti elettronici e multilineari. Ma ciò che dietro questi paraventi museali si nasconde è soprattutto il tentativo ideologico di recintare una “riserva indiana”, una “riserva italocentrica ed eurocentrica”, che sia il punto di contrattacco identitario per un ritorno alle fonti e alle radici della nostra storia in evidente contrasto con un mondo sempre più multiforme, caleidoscopico e cosmopolitico. Multiformità e cosmopolitismo che sono ormai l’abito mentale e la pratica quotidiana delle nostre ultime generazioni.
E l’aumento delle bocciature non è altro che il sintomo di un malessere profondo di una Scuola e di una Società che per risolvere i propri problemi non solo educativi, si rinchiudono in se stesse, castigando e annichilendo proprio quegli adolescenti e giovani che con la loro solo presenza e protesta si rivelano i soli capaci di chiedere e di non ottenere una trasformazione rapida e radicale dello stato presente delle cose.
Gennaro Tedesco