Ripensando al Global Junior Challenge 2012
Al Global Junior Challenge (Roma, 17-19 ottobre) ero presente “a latere” del progetto “Pinocchio 2.0”, a conoscere i ragazzi del comprensivo don Milani di Latina, che comandavano i loro robot con i telefonini.
Intorno, in mostra altri robot, video di animazione, progetti stranieri di alfabetizzazione e salute pubblica dall’Africa, dal Perù, dal Nepal o tra le ragazze del Pakistan. E ancora, diverse esperienze in cui la tecnologia documentava e comunicava l’incontro con la natura, come in quella scuola del Trentino dove tutti i bambini erano vestiti da api, o nel progetto Organic Garden Dream, che coinvolge gruppi da 35 paesi del mondo. Bello!
Però, in un momento di crisi generale (economica, politica e sociale, ideale e di pensiero) con le nuove generazioni che, caso raro nella storia e preoccupante, non sognano di cambiare il mondo, credo non sia male cogliere occasioni anche positive per ragionare su quelle poche note non perfettamente intonate, se servono a sbloccare certi luoghi comuni che incidono in modo negativo sulla nostra capacità di affrontare la realtà.
Cominciamo dalla parola “challenge”, “sfida”.
Si tratta di un concetto chiave dell’etica che ha fatto grande il capitalismo, che su individualismo, libero mercato, selezione, competizione, ha costruito uno sviluppo senza precedenti nella storia dell’umanità, con la promessa, la speranza che chiunque, entrando in gara, avrebbe potuto vincere.
Oggi, quella spinta progressiva appare esaurita, tra crisi ricorrenti profonde e globali, disastri ambientali, conflitti crescenti tra i gruppi e le nazioni. Anche il controllo dall’alto dell’informazione e la trasmissione gerarchica del sapere mostrano, tecnicamente e socialmente, forti segni di obsolescenza, mentre è da forme nuove di comunicazione e di informazione diffuse e condivise – cioè l’esatto contrario della gara, della sfida in cui uno solo vince e tutti gli altri perdono – che sono arrivate alcune tra le innovazioni più grandi, potenzialmente rivoluzionarie di questi ultimi decenni, come il personal computer e internet, che hanno costretto a più riprese la stessa grande industria a stravolgere i propri piani.
Salvo poi recuperare a livello di massa, anche culturale, grazie a un pensiero televisivo tuttora dominante che globalizza, universalizza, tendenzialmente omologa il mondo intero a modelli unici convergenti di comportamento conformistici e passivi (non me ne vogliano i guru della rete, ma i reality show fanno molta più opinione del “cloud”!), per la gioia dei poteri finanziari, informativi, industriali, alimentari.
Motivo mediatico ricorrente – a distrarre l’attenzione dalla vita reale e dalle possibilità enormi di democrazia partecipata e di controllo dal basso che oggi sarebbero possibili grazie alla potenza di mezzi di uso quotidiano e alla rete – è proprio la “sfida” spettacolo, non vissuta ma per lo più “guardata in TV”: case del grande fratello, isole dell’avventura, cantanti, cuochi, ragazzi e ragazze con cui uscire o andare in vacanza, come ci si veste, come si viaggia, fino a improbabili selezioni di manager in diretta, sotto l’occhio delle telecamere.
Chi lavora davvero con i bambini e i ragazzi sa benissimo che la competizione e il premio non sono affatto necessari a motivare l’impegno in un progetto e che, anzi, quando l’accento è posto su risultati visibili da ottenere insieme, senza stare lì ad aizzare gli uni contro gli altri, i bambini naturalmente si aiutano l’un l’altro e sanno dividersi da soli compiti e responsabilità, mostrando notevoli capacità di auto-organizzazione.
Per questo, nelle manifestazioni educative e culturali in cui si confrontano esperienze, probabilmente sarebbe più giusto e adeguato ai tempi spostare l’accento dalla competizione alla condivisione, dove la soddisfazione di comunicare e magari trovare spunti per progettare insieme cose nuove, può essere molto maggiore dell’arrivare primi in una gara che finisce lì. Che è poi la ragione per cui, complessivamente, al di là del nome, ci siamo trovati bene partecipando all’evento finale del Global Junior Challenge.
Il discorso rimanda a una seconda questione: quel fatto curioso per cui, mentre il mondo intero sembra andare a rotoli, tutte le incertezze e problematicità che pure applichiamo anche oltre il dovuto a ogni tema politico, economico e sociale, magicamente appaiono dissolversi di fronte al “digitale”, la cui invasione nella nostra esistenza viene data per ineluttabile, lineare, guidata dalle infallibili leggi del mercato!
Nella difficoltà di scegliere davvero – gli aggeggi cambiano in pochi mesi ed è quasi impossibile anche solo conoscere quello che avremmo a disposizione – i consumatori sono orientati da un bombardamento mediatico in cui trionfano i luoghi comuni. Tra questi, l’inossidabile discorso che i mezzi digitali, la Rete, i social network siano cose “da giovani” e che la prossima generazione supererà “automaticamente” le difficoltà che molti adulti oggi incontrano.
Discorso inossidabile, perché in realtà lo si ripete da 30 anni! Nel frattempo, i bambini di allora sono cresciuti e non sono affatto più bravi dei loro nonni… Ma sicuramente succederà con i prossimi, quelli del touch screen, che arriveranno dove non hanno potuto quelli del mouse e della programmazione in BASIC!
L’idea invece che con le macchine si possa “fare” la società dell’informazione, e che forse potremmo farla anche noi, usandole in modo attivo, se è ancora istintiva nei bambini della scuola dell’infanzia – anche questo lo verifico da 30 anni, facendo cose vere con loro, sollecitando l’osservazione e l’immaginazione – non si sviluppa e tende piuttosto ad estinguersi con l’uso di “apps” preconfezionate che svolgono ognuna una funzione limitata e non richiedono che di scaricarle e usarle. Così, per pochi che emergono in modo innovativo e geniale, la gran massa degli adolescenti e dei giovani di oggi appare sostanzialmente inconsapevole della potenza dei mezzi che pure maneggiano in modo gregario e conformista tutti i giorni. Quella magica finestra per cui il pc anni fa aveva avvicinato almeno potenzialmente produttori e consumatori (le macchine sono essenzialmente le stesse, il software può essere molto simile, ognuno se vuole ci può provare!), appare nel tempo presente essersi richiusa. Mentre nella scuola il problema di un’effettiva alfabetizzazione alla società dell’informazione non riesce ad affrancarsi da una sostanziale subalternità al mercato, con “innovazioni” che passano e se ne vanno per lo più senza lasciare memoria: oggi i tablet e le LIM come ieri gli audiovisivi e i computer?
Contesti come il Global Junior Challenge, dove si scambiano esperienze vere a livello internazionale attraverso l’incontro bello e intenso tra persone, suggeriscono che la partita non è chiusa. Non siamo per forza condannati a crescere solo beoti cuccioli di consumatori, ma possibilmente anche cittadini attivi e consapevoli, per il mondo produttivo e la democrazia di oggi e di domani.
CORRELAZIONI:
– Global Junior Challenge, un premio per Pinocchio 2.0
/community/global-junior-challenge-premio-pinocchio-20-4053393138.shtml
– Ciak si gira! Bambini dietro la cinepresa
/community/ciak-si-gira-bambini-dietro-cinepresa-4034504517.shtml
– Cooperativa vecchia, storia nuova
/community/cooperativa-vecchia-storia-nuova-4027434923.shtml
– Dall’uscita in giardino al museo virtuale
/community/dall-uscita-giardino-museo-virtuale-3055921687.shtml
– Giocare e apprendere con le tecnologie
/community/giocare-apprendere-le-tecnologie-4037175394.shtml.
Paolo Beneventi