Raccontare storie, per conoscere se stessi e gli altri
Lo “Storytelling” è una metodologia che, usando i principi della retorica e della narratologia, crea racconti in cui l’ascoltatore può riconoscersi. Tale metodo è, oggi, usato dal mondo dell’impresa, da quello politico ed economico per promuovere meglio valori, idee, iniziative. Raccontare storie, narrare è oggi una delle modalità più rilevanti ed efficaci per conoscere se stessi e gli altri, anche nel mondo scolastico.
Lo “Storytelling” si dimostra particolarmente utile per costruire il clima di gruppo, avviare la riflessione su varie tematiche e potenziare le competenze acquisite, promuovendo l’apprendimento. Le storie narrate hanno il compito di motivare e stimolare l’immaginazione dell’ascoltatore, perché fanno riflettere sulla propria vita. Infatti, il nostro subconscio, quando ascoltiamo una storia, è libero di assimilare il messaggio contenuto in essa. Educare l’emotività, quindi, può essere considerato un obiettivo trasversale fondamentale della comunità scolastica, soprattutto per quei ragazzi con particolari problemi comportamentali.
Ma oltre alla narrazione di storie in terza persona, esiste il racconto di sé o per meglio dire il “racconto autobiografico”. Operare una ricostruzione autobiografica, far scoprire la propria appartenenza a un gruppo sociale ben definito, sensibilizzare al problema dell’identità, recuperando emozioni, affetti e sentimenti vissuti, non è semplice, ma è molto importante, sia dal punto di vista emozionale sia da quello cognitivo.
La pratica autobiografica implica quattro momenti: il “rievocare”, il “ricordare”, il “rimembrare”, il “rammentare”. Facilita il recupero di passaggi fondamentali del nostro vissuto e, con essa, l’individuo può re-incontrarsi con la sua storia, con la narrazione di se stesso.
Il percorso formativo che si intende proporre ha come finalità l’educazione al progetto di sé, cioè la costruzione della propria identità; può essere attivato mediante incontri settimanali di circa due ore per tre mensilità. Un primo momento è la creazione del “gruppo narrativo”, che si caratterizza “per una dimensione peculiare di interazione in cui le esperienze, i vissuti, le azioni sono sostanziati dal racconto e dall’attività narrativa” (Freda, M.F. “Metodi narrativi e formazione professionale: connettere e contestualizzare”. In B. Ligorio (a cura di), “Psicologie e culture. Contesti, Identità ed Interventi”, 2004, Roma, Edizioni Carlo Amore); un gruppo che risulti eterogeneo sia dal punto di vista cognitivo sia da quello relazionale, dunque capace di consentire l’attivazione del setting.
Anche la scelta dello spazio condiziona la sua attivazione. È opportuno scegliere luoghi poco frequentati o conosciuti dagli alunni, per creare una sorta di cerchio magico. Quest’ultimo infatti ha una funzione simbolica; il cerchio non ha né inizio né fine, così come la conoscenza di noi stessi e degli altri.
Successivamente si passa alla scelta della tecnica narrativa da utilizzare. Si può pensare a un approccio individualistico alla narrazione, che implichi un uso colmativo o corretivo volto a ridurre le mancanze, i deficit di ordine emotivo, cognitivo e relazionale, o a un approccio contestuale, dove il focus della narrazione sia ciò che il narratore comunica ai destinatari del racconto, alla rappresentazione che offre di sé, delle sue relazioni e del contesto in cui la narrazione si dispiega.
Il percorso prevede inizialmente la lettura di brani letterari e poetici che abbiano per oggetto la narrazione di situazioni e l’espressione di sentimenti, vissuti ed emozioni tipici del mondo adolescenziale; poi, la costruzione di mappe semantiche sui sentimenti e sulle emozioni; infine, la scrittura di pagine di diario o di una lettera. Anche la ricerca e l’analisi di disegni, foto, dipinti, cosi come l’ascolto di musiche che veicolino emozioni particolari, può aiutare il ragazzo nella scoperta della propria identità.
Le modalità di verifica potrebbero essere molteplici: ad esempio, la realizzazione di un copione teatrale da drammatizzare che racconti le vite dei partecipanti, la stesura e l’illustrazione di un libro o la produzione di un ipertesto con PowerPoint, comprensivo di testi, documenti, foto significative che testimonino le fasi salienti della vita del ragazzo, immagini, disegni, grafici o diagrammi. Successivamente, il lavoro sarà presentato alla classe. A questo punto la narrazione di sé presuppone l’ascolto di sé come modalità per mettersi in relazione con sé stesso e con gli altri.
L’ultima fase del percorso sarà quella del commento/condivisione dell’esperienza vissuta che potrà essere divisa, a sua volta, in tre macro-fasi: riflessione sistematica e analisi (autoriflessione sull’esperienza da parte dei partecipanti); intensificazione e personalizzazione (descrizione dell’esperienza e esplicitazione delle emozioni e dei significati soggettivi attribuitigli dai partecipanti); generalizzazione e applicazione (riflessione sulla trasferibilità dell’esperienza e delle sue implicazioni in contesti più ampi – Dell’Anna e Mannarini, 2005).
Il discente, alla fine del percorso, avrà elaborato una documentazione rappresentativa di se stesso, argomentando le proprie scelte all’interno del gruppo narrativo precostituito e valutando, infine, il proprio lavoro, anche tenendo conto delle osservazioni dei compagni.
Maria Ausilia Castagna