“Ottimo paretiano” e paradosso di Sen: applichiamoli all’istruzione!
La crisi economica e finanziaria globale impone necessariamente una rivisitazione strutturale non solo delle procedure di spesa pubblica e privata, ma anche della mentalità collettiva. L’obbligatorietà di metodi di controllo e bilancio, tecnicamente stabili e solidi, riporta, in un certo senso, all’idea di un’ottimalità nella gestione delle risorse che ha origine da un’astrazione matematica di Vilfredo Pareto.
La definizione classica di “ottimo paretiano” ci presenta un punto su un ipotetico asse cartesiano in cui non è possibile realizzare un miglioramento ulteriore senza peggiorare la situazione di qualcun’altro. Sebbene fosse diretta alla produzione e allo scambio di beni, la regola dell’allocazione efficiente in senso paretiano è stata accettata negli ultimi decenni come base di partenza anche nell’analisi dell’economia dei servizi.
Non vi è alcun dubbio che tale assunto abbia dato vita a una serie di prospettive estremamente interessanti nella teoria dei giochi e nella statistica sociale, ma restano evidenti alcuni punti d’ombra. Già negli anni Cinquanta, infatti, il premio Nobel K. Arrow dipingeva con una serie di proposizioni logiche il suo teorema sull’impossibilità di una scelta perfettamente paretiana che rispettasse i criteri di universalità, sovranità, associazione positiva tra valori sociali e individuali, indipendenza da alternative irrilevanti o, addirittura, impossibili in una data circostanza.
A questa cornice analitica si aggiunge il peso, non affatto minore, dell’asimmetria informativa che dimostra quanto, in qualsiasi situazione, la conoscenza e la partecipazione alle informazioni non è, per infinite ragioni, condivisa nello stesso modo da individui differenti. Non si deve, inoltre, dimenticare l’eventuale presenza di esternalità positive e negative o di beni pubblici puri, i quali nel corso degli anni hanno subito interpretazioni diverse e contrastanti.
Nell’ambito dell’istruzione, per di più, ci troviamo di fronte a un capitale dai difficili o complessi strumenti e metodi di misurazione. Il “capitale umano”, come brillantemente esposto negli anni Sessanta da T. Schultz, J. Mincer e G. Becker, senza dubbio definisce in modo originale o rinnova i concetti di conoscenza, capacità (“capabilities”) e competenze individuali ma è indissolubilmente legato a fattori storici e antropologici. Non vorremmo scomodare il filosofo spagnolo J. Ortega y Gasset per ribadire che tale capitale è in stretta correlazione con le circostanze ambientali. Il tema è tanto delicato quanto ricco di variabili e sfaccettature.
Nel contesto internazionale anche l’universo scolastico pubblico sta facendo fronte alle sfide globali con politiche di risparmio e contenimento delle spese, sebbene, da un’altra prospettiva, si sia obbligati ad accelerare l’introduzione delle nuove metodologie didattiche e/o informatiche richieste da una società “liquida” in continuo cambiamento. Questo aspetto bifocale, non di rado, genera disorientamento, inquietudine e frustrazione.
Riprendendo il cammino nella storia delle dottrine economiche, A. Sen, insignito del premio Nobel nel 1998, sviluppando l’idea originaria di Arrow, dimostra matematicamente quanto sia improbabile che nel caso di una scelta sociale, frutto di decisioni individuali, si possa analogamente rispettare l’ottimo paretiano e un principio di libertà minima (paradosso di Sen). Il compromesso sembra irrealizzabile.
Trasferendo tale concetto alla cosiddetta economia del benessere, in un orizzonte etico, si potrebbe verificare un paradosso laddove una società (o una scuola), pur rispettando tutti i criteri di ottimalità, si trasformi in qualcosa di non desiderabile o, usando la terminologia anglosassone, “perfectly disgusting” (Sen), ignorando le innumerevoli situazioni di disagio e non intervenendo in maniera esaustiva con politiche atte a ridurre gli eventuali svantaggi.
Alcune recenti pubblicazioni tornano a parlare di approccio olistico – di aristotelica memoria -rinnovando la centralità delle persone in un contesto che, pur ponendo la giusta attenzione alle buone pratiche gestionali, sappia valorizzare pienamente la funzione docente e amministrativa, le peculiarità di ciascuno (docenti e discenti), i talenti individuali, le sperimentazioni didattiche e la centralità dell’istruzione per uno sviluppo integrale della società.
Giovanni Patriarca