Lettera per email a una professoressa
Il filosofo Guido Calogero e la Scuola di Barbiana con il credo pedagogico di don Milani sono da molto tempo miei punti di riferimento, aiutano a “ripensare la didattica”. Anche nel mio libro c’è un immediato rimando, si intitola per l’appunto “Lettera ????mail a una professoressa”, con un aggiornamento, e l’adeguamento ai tempi, da qui l’introduzione e l’apertura alle nuove tecnologie; ma a maggior ragione l’enfasi sulla tradizione culturale, la nostra, con la letteratura greca in primis.
Il libro del 1967, Lettera a una professoressa, viene spesso speso come manifesto contro la selezione scolastica. Io ho intenzione di mostrare che più propriamente è un’analisi dettagliata di “quell’istituzione che chiamate scuola”. “Ora lo stesso ragazzino di Barbiana chiederebbe per favore di fare la versione del Monti”. C’è chi ha messo una pulce nell’ orecchio: “E se coloro che non arrivano a laurearsi, non si laureassero proprio perché il livello di istruzione a cui noi li abbiamo obbligati è bassissimo, e quindi la passione che abbiamo loro passata è scarsissima? Come faccio infatti, io insegnante” scrive Paola Mastrocola nel suo “La scuola raccontata al mio cane”, “a passare una passione, se devo continuamente abolire le difficoltà, adottare libri infantili, e… badare alle pecore?”.
Effettivamente studiando l’Indagine OCSE Pisa si scopre che qui giace il punto più critico della nostra performance. Attestati su livelli di mediocrità per le prestazioni medie e basse i nostri studenti lasciano desolantemente semivuota la fascia alta. I livelli socio-culturali superiori che in tutti i Paesi esprimono le capacità più alte qui rimangono a livello della mediocrità. Abbiamo dunque realizzato un egualitarismo al ribasso.
E i ragazzi di Don Milani scandiscono bene dove la scuola li delude: “Perché per contentare lei basta sapere vendere la merce. Ripetere i giudizi del Sapegno con la faccia d’uno che i testi se li è letti sull’originale. (Sapegno: libro di storia della letteratura. Il suo autore ha letto molti libri. Li confronta tra loro e li giudica. I professori si contentano che si ripeta quello che dice lui)”.
Quanto constatiamo nel fare quotidiano che a prenderci il più delle volte è quella frase a metà, le sue possibili aperture ad interpretazioni, la ricerca dei segnali, l’inseguire i rimandi, il ricordare occasioni non colte e ravvisate quando non più? Si pensi alla seduzione dell’ ermeneutica. O invece a quanto sia alienante il non doversi sforzare perché c’ è già chi vi ha ragionato al tuo posto, congetturato, confutato tutte le ipotesi valutabili tanto che non vale la pena che tu studente ci ritorni su, le idee giuste sono già state avallate, a te non resta che leggerle e saperle ridire, dai se non ci riesci proprio “dillo a parole tue”. Il “manuale” raffredda il pathos nel migliore dei casi e mortifica le connessioni, i link per dirla col linguaggio tecnologico che ha il merito di non vedere tradita la scientificità lì dove non governa la linearità. Diceva Berengson: “quale è il metodo pratico ed essenziale per giudicare la bellezza di un libro?” è l’aumento di vitalità che dà.
L’ebook di Benedetta Cosmi a disposizione: “Lettera ????mail a una professoressa”
(23 MB)
Benedetta Cosmi