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L’esperienza del sapere in un percorso di Liceo Quadriennale – di Carmen De Stasio

Pubblicato il: 07/03/2018 10:41:34 -


Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo che presenta suggestioni sui temi della comunicazione al tempo dei social ed anche sulla necessità di adeguare i percorsi di studio della secondaria.
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Carmen De Stasio ripercorre per Education2.0 alcune delle considerazioni già espresse nel saggio La cultura ai tempi dei social networks

Il liceo quadriennale si rappresenta come veicolo non già per spostare in vicinanza numerica una formazione univoca e inclusiva territoriale, quanto declinato a implementare un ambiente che sia propulsivo a un sapere coniugato in impegno – luogo di convergenza per un sapere esperienziale moltiplicativo.

Il liceo in svolgimento quadriennale promuove l’operatività all’interno di una concentrazione di (bi)sogni che sedimentano realtà effettuali. Qui, nel luogo di fertilizzazione del sapere trasversale poliforme, si realizza un modello in cui l’esistere diviene altresì valore e occasione continua per nuovi stimoli; accelerazione prospettica dai movimenti variabili, sostanziali e, soprattutto, componente integrativo della realtà vasta, piuttosto che condizionata da complementarietà.

Nell’episodica informazione su interessi privati si fonda il sistema just in time che vede la luce nel settore dell’economia alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando, a fronte di un’ampia e versatile richiesta concreta, insiste una cultura che ripensa se stessa in bilico tra essenzialità e ricerca, tra prevedibilità e imprevedibilità. L’urgenza di un’interlocuzione più attenta e meno ondivaga stravolge lo scenario esistenziale e smonta le barriere architettoniche tra privilegi ed inatteso/inattendibile. Per estensione, la cultura attuale allarga i luoghi e la loro incline percettibilità, escludendo la clonazione di un tempo regolamentato e con una diramazione modale della valorialità non apparente e nemmeno acritica di luoghi in continuo transito, laddove il transito comporti l’esaltazione e la disponibilità al nuovo senza macchinazioni. Si tratta di un’abilità volta a far emergere le potenzialità del pensiero liberato e liberabile, in grado di svoltare rispetto a se stesso, ad implementare piuttosto che a complementare, a non rendere nulla nella sussidiarietà. Nello scenario culturale tutte le potenzialità sono al servizio dell’individuo; inventiva e immaginazione investono tutti i settori dell’esistere. Tutti i materiali rientrano nel concetto di transumanza da luogo a territorio, sebbene investiti dall’ombra di quelli che Deleuze chiamava «fantasmi» che pesano come convenzioni da estirpare, ma comunque presenti e ossessivi (sovente) pur in aleatorietà. Muove per tale verso lo sguardo, inteso come porta d’accesso dentro-fuori evolutivo del pensiero, che, non già caricato semplicemente di dati da immagazzinare, rende intransigente e rigorosa la creatività elaborativo-integrativa modale dei dati con una disponibilità tutt’altro che estemporanea, quanto modulare ed espressiva in un processo che accade e pronto a defalcare lentezze inappropriate con un’attività pensativa decentralizzata, «in compatibilità» con un’intelligenza propulsiva che ritempra tanto il concetto di «occasione», tanto l’autonoma divergenza pensativa che esclude la stanzialità, comportando l’interlocuzione costante e avveniristica di saperi valoriali indissolubili.

In tal senso, la diffusione di «studio» quale vera e propria attività di ricerca e nell’etimo dell’adoperarsi all’agire continuato, in un tempo abbreviato rispetto ai cinque anni consueti non si auto-costringe ad alcun assopimento. Al contrario,

integrazione e moltiplicabilità [esplicitano] una volontarietà (volontà mobile) individuale capace di un’espansione «intraprendente» e plurima; in propensione verso un’alterità distinta per egotismo all’interno di quelle che negli anni ’60 del XX secolo erano chiamate «certezze inquietanti». Ad esse sembra destinato il segno, la non-parola trascritta con estremistica semplicità e che, non permettendo propulsiva meditazione, si poggia sull’estemporaneità del messaggio.

E di propulsiva meditazione ritengo poter parlare in questo contesto. È, infatti, un dato acquisito negli anni di esperienza del liceo quadriennale realizzato presso l’IISS Majorana di Brindisi quell’inclinazione complessa che ha creato occasione di auto misurazione continuata, oltre che di controllo evolutivo delle proprie qualità e che investe la territorialità promossa dalle traiettorie discente-docente-discente in un’attività che propende inevitabilmente verso un’inclusiva e incessante ricerca-azione.

Da considerare che

anche il segno [sia] territorio dibattimentale alla stregua di come l’uomo sia linguaggio: una definizione la cui paternità spetta a MacLuhan e che  ripropongo per via del carattere di solenne modernità riferibile a quella che, società a motore internettiano, è luogo di necessarie correlazioni e corrispondenze continuate di apprendimento-intraprendimento.

È  implicito che la questione si assesti su una realtà condivisibile, che «contiene una linea di lunghezza infinita» (cit. Titolo di un’opera realizzata da Piero Manzoni, 1960). Sicché, in un’epoca in cui le distanze non più si sommano, ma si intrecciano fino a concepire un tipo di delocalizzazione intrinseca,

anche le distanze tra il proprio sapere e quello in acquisizione raggiungono un’estensione logica di incastro, di tessitura culturale e non dottrinale, in grado di ponderare le proposizioni di una nuova Gestalt, che sia

 sensibile e cultural-tecnologicamente avanzata, sofferta, appassionata, imprescindibile da una comprensività a stanze capovolte, (flipped rooms) nel ritmo di un (auto)apprendimento cooperativo e permanente

 

 

 

Per approfondire

De Stasio C. (2017), saggio La trasversalità dei sistemi individuali. La Cultura al tempo dei Social Networks, Antologia Euterpe n. 24 (Jesi – An), agosto 2017

Carmen De Stasio

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