La scuola non si ferma! Ma dove sta andando?

La scuola non si ferma! È questo lo slogan scelto dalla giovane neoministra dell’istruzione Lucia Azzolina per incoraggiare la popolazione scolastica a resistere al comprensibile sbandamento provocato dall’epidemia di COVID19. 

In prospettiva, è probabile che, come in molti altri settori della società italiana, la terribile esperienza che tutti noi stiamo vivendo, sortisca novità interessanti per innovazione e creatività, ma bisogna pur riconoscere che la pessima abitudine italiana di agire solo in piena emergenza non garantisce serenità, né tanto meno uniformità di risultati. Stiamo assistendo, quindi, al catapultamento nel mondo delle TIC di migliaia di docenti e studenti, fino a ieri abituati alle lavagne di ardesia, sì quelle del libro Cuore, con i gessetti polverosi e il cancellino di straccio, presenti ancora nella maggior parte dei nostri istituti, magari affiancate da qualche LIM.

L’attuale emergenza ha dunque reso più evidenti una serie di ritardi decennali e di criticità di sistema, sia nella copertura di rete del territorio che nella formazione effettiva degli insegnanti e, soprattutto, nella disponibilità di apparecchiature adeguate. Basti pensare che il tanto discusso bonus cultura di 500 euro, di cui peraltro hanno usufruito solo i docenti a tempo indeterminato, non è utilizzabile per potenziamenti della connessione domestica, né per l’acquisto di stampanti, cartucce o altro materiale di consumo. Ma la vera difficoltà è, ovviamente, emersa dal lato studenti: se, infatti, la maggioranza dei professori si è attrezzata a proprie spese nel corso di questi ultimi anni per rispondere alle nuove esigenze della professione, non così è stato per le famiglie italiane. Anche in licei della capitale infatti, le difficoltà, talvolta insormontabili in corso d’opera, non mancano: abbiamo scoperto che molte famiglie agiate acquistano telefonini di valore ai propri figli, ma non un tablet, e che il personal computer, se presente in casa, è ‘occupato’ da genitori in smart working o condiviso tra fratelli; per non parlare della connessione internet, con la tanto reclamizzata fibra potentissima a livello strada, ma  che arriva indebolita ai piani alti dei palazzi perché veicolata dai vecchi  cavi preesistenti all’interno dei muri. 

E così buona parte dei docenti si confronta quotidianamente con video lezioni sincrone a singhiozzo, correzione di compiti scritti su foto del cellulare, da stampare ovviamente e scannerizzare, a correzione avvenuta, per permetterne la restituzione. Senza contare gli studenti che dichiarano, più o meno in buona fede, di essere «a corto di “giga» e di non poter dunque partecipare alle attività a distanza.

Era prevedibile che, in un contesto così variegato, l’invito della ministra a valutare attraverso tali modalità a distanza, provocasse non poche perplessità e, in molti casi, una levata di scudi! Un conto è, infatti, prevedere attività didattiche, ricerche, letture e tutto ciò che può servire a non tagliare il cordone fra gli studenti e la scuola, ben altro è deliberare, rigorosamente a distanza, le ammissioni alle classi successive sulla base di verifiche caratterizzate da tanta disomogeneità. E come sempre, per strafare, si è caduti nel ridicolo, dall’invito, a dir poco incongruo, a riformulare le programmazioni disciplinari senza alcuna certezza temporale, allo zelo di ingenui docenti che interrogano in videoconferenza studenti bendati!  È apparsa dunque dettata dal buon senso la decisione di ammettere tutti e comunque all’anno successivo, sbandierata in modo improvvido, e un po’ ingenuo, già da qualche settimana.

Strettamente legato al problema della valutazione, ma con ben altra portata, è la modalità di svolgimento dell’Esame di Stato, che angoscia i più responsabili dei nostri studenti e i loro insegnanti: è auspicabile che, data l’esistenza di diplomi bi-nazionali come il diffusissimo EsaBac, i Ministri dell’educazione europei si accordino su linee comuni e che, soprattutto, non si ceda anche in questo caso a un ottimismo ad oltranza prevedendo novità ‘smart’ irrealizzabili.

Il Ministère de l’éducation nationale francese ha già comunicato dall’inizio dell’emergenza l’eliminazione delle prove sur table per i candidati, che saranno valutati sulla base del contrôle continu cioè sulle prove effettuate fino alla sospensione delle lezioni. Noi, invece, navighiamo ancora nel buio, nonostante la frequenza degli interventi della ministra sui media, a triste dimostrazione della distanza fra il Ministero e la realtà della scuola: proviamo ad evidenziare le perplessità più eclatanti, che permangono anche dopo la pubblicazione del DM del 17 aprile: si parla:

  • di commissari ‘interni’ senza specificare se le discipline debbano essere quelle già indicate a gennaio dal Ministero, ma non si è evidentemente consapevoli del fatto che molti docenti insegnano in più classi quinte, talvolta di più istituti, con complicazione conseguente dei calendari delle prove;
  • di presidente  ‘esterno’, su due classi, ricalcando il modello usuale,  senza tener conto dell’oggettiva difficoltà di reperimento che gli USR incontreranno: bisogna, infatti, considerare che la maggior parte dei docenti sarà ‘interna’ nella propria classe e che i pensionati recenti, a cui annualmente si fa ricorso, appartengono alla fascia di età ‘a rischio COVID’, e quindi, probabilmente, saranno poco disponibili a esporsi al contagio.  Sarebbe stato certamente più saggio prevedere, come in passato, la nomina di un solo presidente ad istituto scolastico;
  • e, soprattutto, si continua ad insistere sull’espressione ON LINE, indubbiamente carica di fascino ma assolutamente inadeguata alla situazione attuale delle forniture in dotazione di docenti e studenti e della rete internet. 

 

Per concludere, faccio mie le sagge considerazioni contenute nella nota che la Dott.ssa Giovanna Boda, capo dipartimento impegnata nel coordinamento task force Emergenze Educative ha inoltrato alle scuole il 13 marzo: Ma dobbiamo riuscire, con grande umiltà, a fare tesoro di questa complessa e nuova esperienza, a trasformare l’emergenza in opportunità per innovare e migliorare ulteriormente la didattica, rendere il nostro sistema scolastico capace di affrontare le sfide della modernità, perché dalla buona formazione ed educazione delle nuove generazioni dipende la crescita economica, sociale e culturale del Paese. Giova allora rammentare sempre che uno degli aspetti più importanti in questa delicata fase d’emergenza è mantenere la socializzazione. Potrebbe sembrare un paradosso, ma le richieste che le famiglie rivolgono alle scuole vanno oltre ai compiti e alle lezioni a distanza, cercano infatti un rapporto più intenso e ravvicinato, seppur nella virtualità dettata dal momento. Chiedono di poter ascoltare le vostre voci e le vostre rassicurazioni, di poter incrociare anche gli sguardi rassicuranti di ognuno di voi, per poter confidare paure e preoccupazioni senza vergognarsi di chiedere aiuto’.

Maria Grazia Ceccobelli *Docente di francese nei licei e responsabile del progetto ESABAC del liceo linguistico Aristofane di Roma.