La lingua italiana e le nuove generazioni
Nei mesi scorsi, anche con frequenti richiami da parte dei quotidiani , la questione dell’apprendimento della lingua italiana da parte dei nostri giovani, ha trovato un significativo riscontro. Tesi e opinioni diverse si sono fronteggiate, condividendo tutte un assunto di fondo: da tempo i nostri ragazzi evidenziano una crescente difficoltà a padroneggiare, con buona sicurezza e competenza, il linguaggio scritto e orale.
Il fenomeno è oramai così evidente anche nelle giovani leve delle università che non poche Facoltà organizzano veri e propri “corsi di recupero” per l’uso della lingua italiana. Questo è il dato di fatto che un gruppo di docenti delle scuole superiori di Firenze ha denunciato, promuovendo una raccolta di firme che ha riscosso anche il consenso di alcuni autorevoli rappresentanti del mondo dell’università, della cultura, della politica. In quel documento, dopo la denuncia del fenomeno, si individuavano le scuole elementari e le “indicazioni sulla lingua italiana” , come responsabili dei fatti, auspicando una revisione delle indicazioni e un sistema di controlli e valutazioni su maestre e maestri, da parte dei docenti di scuola media e superiore.
Nel giro di pochi giorni le tesi del documento sono state contestate duramente da altre autorevoli firme, con motivazioni di ben altro segno. In sostanza ha preso il via una sorta di disputa linguistica tra i fautori di un insegnamento che vorrebbe rimettere al centro regole e grammatiche e, dall’altra, una scuola elementare orgogliosa del proprio attivismo volontaristico e popolare. In realtà, dietro l’attacco alla scuola elementare, non è difficile leggere ben altro: una sorta di acido attacco alla scuola “ di massa”, rea di aver annullato in un turbinio di democraticismo dannoso, quella bella scuola selettiva ed elitaria che assicurava (a pochi) anche un eccellente apprendimento della lingua italiana. Non si tratta di posizioni nuove, si dirà, ed è vero. Ma in questo caso i toni si sono fatti più duri di altre volte; non solo l’insegnamento della lingua ma tutta la scuola italiana è stata messa sotto attacco, aprendo un fuoco ad alzo zero contro la scuola per tutti , contro il ’68 nella scuola e nell’università, contro don Milani, contro tutte le culture e le politiche che hanno cercato in questi cinquanta anni di affermare nel nostro Paese ciò che la nostra Costituzione prescrive e che la Repubblica nata dalla Resistenza ancora deve compiutamente realizzare.
In un crescendo di parossismo neoconservatore, si è distinto Ernesto Galli della Loggia che si è scagliato violentemente e rozzamente contro Tullio De Mauro, recentemente scomparso e reo di essere stato tra i demolitori della scuola di qualità. In questo caso alla grettezza politica si è aggiunta una buona dose di mancanza di gusto e caduta di stile. Non sempre questa offensiva ha trovato una corale e forte risposta, sia nel mondo accademico che scolastico / culturale, a parte singoli e significativi interventi.Un segno anche questo allarmante dei nostri tempi, dove disillusione e caduta dell’impegno politico sembrano tracciare solchi profondi nel tessuto della nostra società. A tutto questo bisognava reagire e trovo straordinario che a farlo sia la più grande organizzazione dei lavoratori del nostro Paese.
La firma della segretaria generale Susanna Camusso al documento di seguito pubblicato e l’impegno delle organizzazioni più rilevanti nell’ambito culturale e formativo della CGIL, stanno a dimostrare che il valore della parola, della capacità della persona di pensare e comunicare, di saper rappresentare i propri diritti e le proprie aspirazioni, rappresentano per la CGIL e il mondo del lavoro una conquista irrinunciabile.
IL DOCUMENTO Appello lingua italiana
Si cerchino e si trovino tutte le risposte necessarie per qualificare l’insegnamento della lingua ( che non è solo l’ora di italiano), per qualificare le competenze didattiche dei docenti di ogni ordine e grado di scuola, per ricollocare al centro della questione educativa la capacità di relazione e di interpretazione che devono conquistare i nostri ragazzi e non solo. Un linguaggio povero, una difficoltà a rappresentare ciò che si vive, apre le porte a un impoverimento della vita e dei sentimenti.
Apre le porte al rischio di essere vittime di pregiudizi e di chiusure. Si cerchino dunque tutte le strade utili per rilanciare questi obiettivi avendo ben chiaro che non è nel ritorno alla scuola di classe, alla scuola per pochi, che sta la soluzione del problema. La crisi della capacità espressiva dei nostri giovani è fenomeno molto più complesso di una pur nobile disputa linguistica; è un processo che affonda le radici nelle contraddizioni sociali del nostro tempo, nella crisi delle proposte educative, nei mutamenti vorticosi delle forme di comunicazione e dei linguaggi, nella perdurante debolezza acuta delle generazioni adulte con un basso tasso di alfabetizzazione; nella ritrosia delle imprese a fare dell’istruzione e della formazione il cuore delle politiche per il lavoro. Mi pare che il documento della CGIL esplori con chiarezza l’ampiezza e la complessità delle ragioni che motivano l’impegno confederale.
La presenza così forte della CGIL , sta a dimostrare che esiste una profonda ragione sociale e democratica sottesa al problema che è emerso. E’ l’incompiutezza della scuola della Repubblica, il tema vero che abbiamo di fronte. Una nuova sfida democratica che può essere vinta con la partecipazione e l’impegno in prima persona di quanti credono e non recedono dalle conquiste che abbiamo ottenuto in cinquanta anni di storia.
Dario Missaglia