Insegnare è il mio mestiere!

Sono in tanti gli insegnanti a scendere in campo ogni giorno per dare il meglio di se stessi, concependo i propri alunni, essenzialmente, esseri irripetibili nel loro esserci e unici nel loro modo di essere e di sentire. Si tratta di docenti che intendono l’insegnamento come “un incontro” teso alla costruzione di un rapporto interpersonale significativo il cui fine ultimo è rappresentato dal successo educativo e formativo di ogni alunno/persona.

Nel contatto socio-affettivo e culturale con gli alunni questi insegnanti sperimentano le modalità con cui si risponde ai bisogni di vicinanza, di appartenenza e di supporto.

Non sarò io a ricordare quanto sia fondamentale educare i discenti ai valori di umanità e cittadinanza, senza i quali le competenze tecniche e culturali, da sole, perderebbero di significato e di efficacia.

L’esperienza pluriennale, umana e culturale, la grande sensibilità, l’autoaggiornamento implicito ed esplicito di tanti docenti-educatori (non si può “stare in cattedra” senza autoaggiornamento!) hanno garantito, e garantiscono tutt’oggi, a tanti ragazzi, successo formativo, spirito umanitario e potenzialità professionali.

Riconoscere questa “professionalità alta” dei docenti è, e sarà, molto difficile, se non impossibile, ai fini della valorizzazione del merito, in una ipotesi di scuola meritocratica.

Non si potrà certificare con un pezzo di carta, a firma di chicchessia, “la qualità” di un insegnante! Corre voce insistente nelle scuole autonome, che la professionalità docente non si misura attraverso i lunghi anni di insegnamento “vissuti” a scuola e per la scuola. Nelle scelte che le scuole effettuano per ampliare l’offerta formativa (es. i PON, Piani Operativi Nazionali), per individuare “i docenti esperti”, sempre più spesso si sottovaluta “l’esperienza umana e didattica” fatta nella scuola pubblica dagli insegnanti più “anziani”.

Infatti, in tutte le scuole del mio territorio, nella individuazione di insegnanti esperti e tutor, gli anni d’insegnamento non sono valutati adeguatamente, mentre altre esperienze, quali l’ insegnamento nei Pon, i dottorati di ricerca, le pubblicazioni, i titoli generici, assumono più valore.

Sembra che un docente, più si discosta come esperienza professionale dalla scuola pubblica, più è ritenuto in grado di insegnare e di atteggiarsi a esperto!

L’esperienza dei docenti nel curriculare non è per niente considerata, né tanto meno valorizzata. La caccia ai titoli è aperta, titoli ed esperienze esterne che, per la verità, a mio modesto parere, hanno poco a che fare con quella “professionalità alta” che risulta necessaria per riscoprire una scuola di senso e di valore.

Finisce così che, senza alcun limite, molti docenti svolgono, in orario extrascolastico, attività plurime e contemporanee di tutoraggio, di esperto in vari ambiti del sapere, in più scuole, con il consenso dei dirigenti scolastici, con gravi ripercussioni sulle attività scolastiche curriculari, sugli impegni degli organi collegiali e sulle attività di aggiornamento.

Si va profilando una scuola della meritocrazia che privilegia “gli insegnanti-tecnologi” in possesso di titoli ed esperienze poco rilevanti e significativi, accumulati in questi ultimi tempi sul “mercato dell’improvvisazione”, rispetto alle competenze di cittadinanza e professionali richieste per costruire una scuola pubblica che assicuri successo educativo e formativo all’altezza dei Paesi più avanzati in materia di educazione e istruzione.

Se non si porrà rimedio, quegli insegnanti dotati di quella professionalità alta di cui si diceva poc’anzi che, ogni giorno, nonostante tutto, conferiscono senso allo sviluppo e alla crescita dei propri alunni/persone, rimarranno fuori e non potranno competere, sul piano dei titoli e delle esperienze fittizie, con “gli esperti” nati per effetto dei PON.

I “migliori” avranno il ruolo di docenti ordinari, gli “insegnanti-tecnologi” potranno divenire esperti e senior, con un livello di retribuzione e di valore più alto (vedi p.d.l. Aprea).

La scuola pubblica, specie quella dell’obbligo, rischierà così, ancor di più, di impantanarsi e svilirsi nel tecnicismo e nel tecnologismo.

La conseguenza sarà che ai ragazzi non sarà riconosciuta in pieno la possibilità e la capacità di divenire cittadini-persone degni di valore e di stima.

Saverio Fanigliulo