In ricordo di Pietro Greco
Nel 1964 come sempre a settembre si aprivano le iscrizioni all’università. Allora ero una matricola alla ricerca del suo futuro, gli esami di maturità erano terminati in agosto e poco il tempo per decidere definitivamente quale strada imboccare. Ero fortunata però, appartenendo alla generazione nata alla fine della guerra, vivevo in pieno nell’epoca della big science e già dai tempi del liceo avevo deciso di iscrivermi a Biologia, la scienza della vita. Nel dopoguerra si sono utilizzano tante invenzioni e scoperte del tempo bellico e prebellico, mentre la ricerca nel campo delle scienze sperimentali, sia di base che applicate, continuava rapidamente ad avanzare. Ora infatti erano i governi a finanziarla e spesso in modo cospicuo[1]: Le circostanze politiche inoltre fanno da motore allo sviluppo scientifico: sono gli anni della guerra fredda ma anche della ricostruzione ed in tutti i Paesi, sia dell’Occidente che del blocco comunista, si segue più o meno questa strategia, tranne l’Italia. Scrive così Pietro Greco: “ «Una parziale eccezione riguarda l’Italia, che intorno agli anni ’60 sceglie, unica tra i grandi paesi industrializzati, di perseguire un modello di “sviluppo senza ricerca”». (op.cit.p.21)
Nelle nazioni a regime democratico però, a questi elementi se ne aggiunge uno nuovo e fondamentale: il passaggio da un mondo chiuso (una vera e propria torre d’avorio) qual è stato più o meno fino agli anni ’60 quello scientifico, a un altro in cui gli scienziati devono imparare a farsi capire dalla società. Se la ricerca e la tecnologia di punta hanno bisogno del denaro pubblico e del consenso collettivo per svilupparsi – e guadagnare – è giusto che la cittadinanza: giovani e vecchi, esperti di ogni tipo, informati o no, sappia cosa stia realizzando il Dottor Faust.
La diffidenza verso la ‘torre d’avorio’ e i suoi castellani è infatti elevata e può diventare paura se non un rifiuto vero e proprio. Il perché è chiaro: quanti sono gli elementi che impediscono un’accettazione serena e tranquilla delle attività razionali quali sono, per antonomasia, quelle scientifiche? Non ne mancano certo e tra questi emerge il permanere del pensiero magico anche negli adulti[2], c’è inoltre l’inevitabilità dell’errore umano, l’interesse partigiano o personale che può guidare le scelte, senza infine dimenticare gli orrori che la scienza ha effettivamente prodotto: dalla teoria sulle razze umane alla bomba nucleare, alle armi batteriologiche e chimiche. Ecco perché per tutto il Novecento scienziati e scrittori si sono impegnati nella divulgazione scientifica cioè nell’arte di far conoscere e di spiegare al vasto pubblico (al ‘volgo’) le conoscenze scientifiche : da Einstein a Edelman, a Gamow, a Gould, a Asimov.
Secondo alcuni autori tuttavia, alla fine del XX secolo, l’epoca della divulgazione sarebbe tramontata, sostituita dall’emergente epoca della conoscenza e della comunicazione scientifica, per la rapidità con cui si succedono le scoperte scientifiche e le immediate trasformazioni prodotte nella vita umana.
Tra i comunicatori scientifici italiani, uno dei maggiori è Pietro Greco (Ischia 1955 – Ischia 2020). Fautore convinto dell’epoca della conoscenza e della cittadinanza scientifica, e quindi della necessità di diffondere quanto più sapere scientifico possibile, è scomparso alla fine dell’anno scorso, improvvisamente e inaspettatamente, lasciando affranti tutti: familiari, amici, estimatori, lettori.
Pietro era una persona di poche parole ma di caratura straordinaria. Dotato di una cultura sterminata, proveniva da studi scientifici. Si era infatti laureato in chimica ma, dopo una esperienza lavorativa nell’industria, aveva optato per la carriera di scrittore e giornalista scientifico.
Poco prima della sua scomparsa avevo tra le mani uno dei suoi ultimi libri, Mezzogiorno di Scienza che, nella prefazione, Pietro, il curatore, presenta così: «Vogliamo raccontarvi le storie di 14 donne e uomini nati nel Mezzogiorno tra Settecento e Novecento e che hanno svolto attività scientifica in maniera particolarmente brillante. A raccontarla, salvo una sola eccezione, sono comunicatori di scienza a loro volta meridionali».” [3]
Pietro vi firma la biografia del palermitano Stanislao Cannizzaro (1826-1910), ‘chimico rivoluzionario’, come lo chiama l’Autore, che rimane tra i maggiori studiosi dell’atomo e del concetto di peso atomico. Mi piace pensare che abbia scelto Cannizzaro, tra i mille validi motivi, per questo in particolare «eccolo quindi esule a Marsiglia [Cannizzaro ebbe una vita travagliata anche per le sue scelte politiche antiborboniche n.d.r] e subito dopo a Parigi, dove impara l’arte da punti di vista diversi”». Ecco, quell’imparare l’arte da punti di vista diversi è stata anche una delle caratteristiche di Pietro, sia come giornalista-scrittore sia come persona: era di sinistra e aveva idee ben precise conservando sempre tuttavia uno stile equilibrato, senza partigianerie, da vero ricercatore induttivo.
Ma il ricordo più vivo che mi lega a Pietro Greco è forse l’esperienza di OrvietoScienza. Si tratta del convegno tenutosi a Orvieto ogni febbraio per diversi anni, dal 2013 al 2019 e sospeso nel 2020 per la pandemia. Cosa si propone Orvieto Scienza? Nei propositi dei promotori : «OrvietoScienza è un appuntamento annuale, un momento in cui parlare di scienza e di promozione della scienza nella scuola. Due giornate dedicate ai rapporti tra scienza, scuola e società». [QUI LINK A http://orvietoscienza.majoranaorvieto.org/].
Sull’onda dei festeggiamenti per ‘l’anno di Darwin’ (12 febbraio 2009, duecento anni dalla nascita),un gruppo di cinque colleghi[4] cominciò a progettare un appuntamento periodico su e per la scienza da tenersi ad Orvieto, la città di due di noi, che fu appunto battezzato OrvietoScienza. Pietro diventa subito il ‘fratello maggiore’ del gruppo, quello che sa organizzare, capace di suggerire i temi scientifici di punta, che conosce le persone giuste da invitare.
Il primo OrvietoScienza si tiene nel febbraio 2013 sul tema La scienza ancora negata. Si parla di scienza e pseudoscienza in due sessioni: la prima s’intitola 2013…ma non doveva finire il mondo? ( i catastrofisti avevano predetto che alla fine del 2012 sarebbe scomparso il mondo); la seconda La
scienza negata.
Pietro presentò una relazione tranchant «Perché sui media anche gli asini volano?” e spiega “Vorrei parlare di questo tema affrontando due aspetti: perché i media spesso ci raccontano che gli asini volano, anche se sappiamo che non è così, e perché i media ci danno la possibilità di raccontare come gli asini volano e, quindi, di raccontare una realtà che non esiste».
Il convegno incontrò l’interesse del pubblico e fu ripetuto negli anni successivi. Tra gli argomenti trattati: il ruolo della legge nelle scienze della vita, le ultime scoperte della fisica delle particelle, i cambiamenti climatici, intelligenza artificiale vs intelligenza naturale, i tanti rischi della nostra fragile Italia (sismico, vulcanico, idrogeologico…) e come trasformarli in risorse e ancora, ancora.Pietro collaborò sempre al massimo e in prima fila, tanto che per qualcuno Orvietoscienza era il convegno di Pietro Greco.
Mi sento di concludere questo ricordo per il caro amico con le parole di un grandissimo scrittore astrale che sembra quasi averlo conosciuto :
«In genere, si ha bisogno di essere ricordati a se stessi. Non sempre si è in possesso di sé, la nostra autocoscienza è debole in quanto le cose nostre non sempre ci sono presenti. Soltanto in momenti di rara chiarezza, di raccoglimento e perspicuità sappiamo veramente chi siamo, e può darsi che questa sia in buona parte l’origine della sorprendente modestia dei grandi uomini: per lo più essi sanno poco di sé, non sono presenti a se stessi e si sentono uomini comuni» ( dal Discorso di Thomas Mann agli studenti di Princeton nel 1939. Trad. Ervino Pocar).
[1] Scrive a questo proposito Pietro Greco: «Il governo federale degli Stati Uniti inizia a finanziare la ricerca scientifica con quantità di denaro imponenti, pari addirittura a qualche punto percentuale della ricchezza nazionale.»( P. Greco “Il modello Venezia” in La Comunicazione della scienza, Atti del I e II Convegno Nazionale”,ICS-Sissa,2004, p. 21)
[2] In moltissimi esseri umani permane la profonda convinzione che non tutte le cose possono essere spiegate con il pensiero razionale basato sul principio di causa-effetto; molte invece vengono interpretate con l’uso del pensiero magico. Quando un bambino si sente in colpa o s’infuria perché, per esempio, piove e non può uscire, sta utilizzando il suo pensiero magico. I piccoli infatti credono di essere onnipotenti, che tutto dipenda da loro, anche la pioggia. Crescendo il fenomeno si attenua, ma non scompare mai del tutto né in tutti; basta pensare a quanto sia diffusa la superstizione. Si sono occupati dell’interessante questione molti psicologi e antropologi, tra questi W. Bion, D. Winnicott, R. Benedict, E. De Martino.
[3] Mezzogiorno di Scienza. Ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud” a cura di Pietro Greco, Edizioni Dedalo, Bari 2020
[4] ‘fondatori’ di OrvietoScienza sono stati; B. Bertolini, P. Greco, A. Magistrelli, G. DeNinno, A.Riccetti
Alessandra Magistrelli