Facebook e Platone
DAI CONTRIBUTI SELEZIONATI PER IL CONVEGNO DEL 23 APRILE.
Chi si occupa di didattica della filosofia prende sul serio Platone e le sue ragioni a vantaggio della scrittura e, nello stesso tempo, la sua attenzione all’oralità della tradizione. Per Platone il punto di intersezione tra ricerca filosofica e ricerca didattica passa per le modalità di comunicazione a lui contemporanee. Come nella “paideia” di Platone, anche oggi un percorso filosofico basato su aspetti strutturati e altri meno, ma vissuti come “comunicazione in atto”, può avvalersi di momenti di discussione guidata o spontanea, all’interno del nuovo ordine rappresentato dalle tecnologie della comunicazione digitale, sfondo socio-culturale dei nostri tempi.
Dal punto di vista teoretico non c’è barriera tra comunicazione informale e formale, liquida o strutturata, quando ci si rivolga al soggetto di educazione inteso quale “persona” integrale coi suoi bisogni relazionali complessi che vanno ben al di là del semplice transfert di informazioni, e, oggi più che mai, la categorizzazione degli stili di apprendimento non può essere rigida.
È prassi utile, nella didattica in classe condotta con le nuove modalità tecnologiche, avvalersi di modelli proposti per via imitativa “naturale” o rappresentare le forme di “pensiero per differenza”, utilizzando per esempio il videoproiettore insieme al computer lungo un dibattito ideale condotto dagli stessi studenti con l’ausilio di presentazioni tramite Power Point. Ma l’insegnamento-apprendimento si arricchisce se la relazione culturale informale circola, in modo liquido e diffuso, fuori dalle mura della classe, se veicola ideazione, fruizione e riutilizzo delle risorse apprese. In tal senso, l’utilizzo didattico di Facebook, nel tempo libero, è funzionale alle dinamiche che gli studenti vivono quotidianamente nella comunicazione globale, interattiva, orizzontale, multicanale, dei nuovi media.
Gli studenti possono creare la propria pagina, interagire con quelle altrui, con quella dell’insegnante col quale possono cogestire gruppi didattici, tenersi informati circa l’andamento delle discussioni a tema e delle attività didattiche, ma soprattutto possono incuriosirsi informalmente su aforismi, metafore, approfondimenti, citazioni, rinvii, appassionandosi nel gioco di costruzione di processi interattivi-comunicativi ispirati da idee, narrazioni, ricerche, integrati da sentimenti, ragionamenti, emozioni, immagini. La comunicazione tramite Facebook, se si riesce a evitare l’insabbiamento nelle secche dei suoi limiti e difetti, funziona come laboratorio pluridimensionale delle esperienze comunicative degli studenti, collega formale e informale, fa interagire cultura, sfera del simbolico e corrispondenza di valore tra interazioni relazionali e saperi.
Nella didattica della meditazione, in classe e fuori della classe, lungo il percorso di questa implementazione dei processi meta cognitivi del pensiero filosofico, all’interno di uno spazio in parte sganciato da processi di apprendimento di tipo vincolante e strutturato, hanno un grande peso le pause e le immagini, le contaminazioni di un sapere che si trasforma continuamente nella forma e nella sostanza, il legame comunicativo dialettico e disseminativo che si rafforza nel tempo dello svago, del gioco e dell’ironia, della fluidità delle impressioni e delle riflessioni.
La storia della metafisica è d’altronde la storia di una dialettica irrisolvibile di immagini e concetti. L’uomo è soggetto metafisico perché dotato di immaginazione, perché capace di produrre immagini, vere e proprie “icone della conoscenza”, perché coglie dal continuum magmatico dell’esperienza le verità del senso comune e, attraverso un linguaggio intriso di immagini “sommerse” fa un uso costante di analogie, comparazioni, allegorie, miti e metafore. Il ricorso all’immagine è inserito in profondità nel seno stesso dell’elaborazione filosofica, anche nel pensiero di quei filosofi che ne prendono le distanze.
La mia ipotesi di lavoro è che l’immaginazione sia una facoltà che oggi più che mai ha bisogno di essere alimentata. Più la telecamera “stringe” e più soffoca i giovani, nella loro capacità di scegliere, di decidere, di cercare. La “droga” televisiva per lo più anestetizza i sentimenti; permettendo di scrutare troppo da vicino le emozioni altrui, inibisce la capacità di provarne di proprie. Tener conto di questa realtà odierna significa rivalutare il vero e proprio rovesciamento che avviene con la rete, utilizzata dai giovani protagonisti come fonte di conoscenza integrativa e come fonte di comunicazione interattiva liquida, facilitatrice di ogni relazione.
Noi insegnanti possiamo aiutare i nostri allievi in questo sforzo, anche se è una via faticosa poiché non sono consentite scorciatoie di sorta, né si può demandare ad alcuno la fatica che ci aspetta, ma ciascuno la deve assumere in proprio.
Scarica la presentazione in Power Point relativa a questo contributo.
Daniela Silvestri